A 76 anni è morto Alfredo Castelli, un gigante del fumetto, noto soprattutto come creatore di Martin Mystère e di decine di altri personaggi e testate del fumetto. Sceneggiatore, storico del fumetto, animatore e fondatore di riviste, è stato uno dei protagonisti del fumetto italiano dal dopoguerra a oggi. Estroso, ironico ed eclettico, nella sua carriera ha realizzato fumetti di ogni tipo, arrivando a esperimenti tra lo scherzo e l’opera d’arte come quello fatto con le fotocopie di una banconota da mille lire.
Alfredo Castelli e le sue creazioni
Nato a Milano il 26 giugno 1947, passò l’infanzia a divorare una vasta quantità di film di genere, romanzi e soprattutto “giornaletti”, malvisti in famiglia fino alla fine degli anni Cinquanta, quando una provvidenziale quarantena – per una scarlattina, come ha raccontato in più occasioni – mosse a pietà la madre e gli permise di abbuffarsi di letture fino ad allora vietate. Castelli esordì a soli 18 anni sulle pagine di Diabolik, non sceneggiando però una storia del Re del Terrore (avrebbe fatto anche quello, in seguito) bensì con una serie umoristica da lui scritta e disegnata: “Scheletrino”, che vide la luce in appendice agli albi del personaggio ideato dalle Sorelle Giussani.
Sebbene molto semplice nelle trame e nello humour grottesco, nella striscia erano già presenti molti temi che sarebbero ritornati nella carriera del fumettista, come la rilettura ironica di classici della cultura popolare e la metanarrazione. Scrisse poi diverse storie per la Casa Editrice Universo (Rocky Rider disegnato da Mario Uggeri, Piccola Eva e Pedrito El Drito su tavole di Antonio Terenghi) e per le Edizioni Alpe (Cucciolo e Tiramolla), lavorando anche come autore televisivo per la Rai e per diversi spot per Carosello.
La prima fanzine
Nel 1966, fondò Comics Club 104, considerata la prima fanzine italiana dedicata al fumetto, in cui lui e il socio Paolo Sala cercavano di ricostruire profili e bibliografie di importanti autori del passato. Fu in quell’occasione, per colmare un buco nella cronologia di Topolino, che Castelli inventò il fantomatico fumettista Al Levin, generando così una sorta di deliberata, sarcastica fake news che fece discutere gli appassionati per anni. Nel 1968 diede vita a un’altra rivista, l’effimera Tilt, durata solo due numeri e nata come tentativo di portare in Italia l’umorismo di Mad. Quando, nel 1972, il Corriere dei Piccoli divenne Corriere dei Ragazzi, Castelli fu assunto come redattore e diventò una delle figure di riferimento per la testata. A lui si deve, per esempio, il titolo Lupo Alberto per dare un nome alla serie proposta alla rivista da Silver.
Sulle pagine del Corriere dei Ragazzi creò, tra le altre cose, una delle sue serie più famose, Gli Aristocratici, disegnata da Ferdinando Tacconi e con protagonista un gruppo di ladri gentiluomini. Infine, per colmare un buco nell’impaginato, inventò L’Omino Buffo capostipite dei fumetti dall’estetica grezza, schizzati o “disegnati male”, e dall’umorismo volutamente demenziale. Scritta e disegnata da Castelli stesso, la serie sopravvisse alla chiusura della testata e proseguì per mano del suo creatore prima e di Francesco Artibani poi.
Alferdo Castelli e Allan Quatermain
Negli anni Settanta Castelli collaborò con Il Giornalino, creando ad esempio Gli Astrostoppisti, serie che anticipò parzialmente nei temi la celebre Guida Galattica di Douglas Adams, ma anche con la rivista Supergulp pubblicata da Mondadori, su cui creò Allan Quatermain, detective che diventerà la base, pochi anni dopo, della sua creatura più celebre, Martin Mystère.
Martin Mystère
Nel 1982, insieme al disegnatore Giancarlo Alessandrini, creò la serie Martin Mystère, con protagonista l’omonimo “detective dell’impossibile” che gira per il mondo incappando in misteri legati al passato dell’umanità, tra civiltà perdute e presenze extraterrestri. I risultati delle sue esplorazioni diventano libri, articoli e puntate della trasmissione I misteri di Mystère – oltre a una serie a fumetti che esiste anche nel mondo dei personaggi. Nel corso degli anni, Castelli ha plasmato la testata a propria immagine e gusto, aggiungendo sempre più elementi metanarrativi, piani di lettura e un’ironia ricca di paradossi. Continuando a supervisionare Martin Mystère fino alla sua morte, Castelli è riuscito a renderla una serie personale e quindi unica nel panorama Bonelli, oltre che molto apprezzata da pubblico e critica.
Alfredo Castelli storico del fumetto
Castelli è stato anche uno dei più importanti storici del fumetto, firmando libri come Eccoci ancora qui (2006), un lavoro di catalogazione del fumetto americano tra fine Ottocento e primi del Novecento, e Fumettisti d’invenzione! (2010), una rassegna su come le opere di finzione (dal cinema al fumetto stesso) abbiano rappresentato il mestiere del fumettista. La sua opera di divulgazione passava anche attraverso la riscoperta di materiali d’epoca, come la serie di ristampe storiche da lui curate per il festival COMICON. Anche la sua creatura più famosa era spesso coinvolta in questo, ad esempio con il curioso albo speciale Il mystero delle nuvole parlanti, in cui Castelli utilizzò Martin Mystére per ripercorrere un secolo di sviluppo del medium.
«Né i miei primi diciassette anni di vita personale, né i cinquanta successivi possiedono caratteristiche degne di essere tramandate ai posteri» scriveva nell’introduzione a Castelli 50 – Il prequel!. Un’affermazione decisamente modesta, per un uomo che ha segnato la Storia del fumetto italiano.
Proprio su Martin Mystère abbiamo sentito Paolo Ongaro, uno dei disegnatori storici della Bonelli che ha anche regalato con Castelli una storia a Venezia.
Ongaro è tanto difficile disegnare Martin Mystère e lavorare con Alfredo Castelli?
«Difficile non è la parola più significativa, la difficoltà consisteva nel rispettare il format bonelliano che, per quanto mi riguarda, limitava molto le scelte delle inquadrature e prospettive che mi sarebbero piaciute. Al di là di questo, problema che ho sempre superato, ho disegnato con passione ogni tavola e il personaggio mi ha appassionato e mi è rimasto “appiccicato”. Parlo al passato perché ora ho fatto altre scelte con altri editori che continuano ad arricchire la mia professione».
Ongaro, come è nata la storia ambientata a Venezia?
«La storia è nata da uno spunto di Toso Fei, dal successivo soggetto di Artusi e Zilio che hanno anche sceneggiato, dopo di che Alfredo Castelli mi ha proposto di realizzare i disegni. Penso sia la storia della serie dei miei albi di MM più impegnativa, ma che ho amato più di tutte, che mi ha dato grande soddisfazione per ogni giorno di lavoro, soprattutto per la scelta della colorazione».
Noi di www.enordest.it abbiamo raccolto una delle sue ultime interviste in merito ai 75 anni di un altro mito della Bonelli, Tex Willer.
Alfredo Castelli, memoria storica della Bonelli: qual è il segreto di Tex?
«Gli eroi del giorno d’oggi (cinema, fumetto, telefilm) sono sempre più complessi, combattuti, nevrotici, quasi sociopatici. Tex è un personaggio tutto d’un pezzo, sicuro – beato lui – di ciò che è giusto e ciò che è ingiusto e pronto ad agire di conseguenza. È un personaggio in controtendenza, e teoricamente non dovrebbe piacere a nessuno. Invece…Mi è sfuggito qualcosa di simile a un lapsus freudiano: un “beato lui” perché Tex riesce a discernere ciò che va e ciò che non va fatto, caratteristica che di questi tempi sarebbe molto utile. È questa straordinaria capacità ad affascinare i lettori».
Ci mancherai Al Castle (come si faceva chiamare quando appariva in qualche episodio di Martin Mystère).