La Giornata Mondiale degli ADHD (disturbi dell’attenzione), celebrata il 16 giugno, vuole sensibilizzare l’opinione pubblica su un disturbo che colpisce bambini e adulti, e favorire la comprensione e l’inclusione delle soggetti che ne soffrono. È anche un’opportunità per parlare della neurodiversità e per sostenere le persone con ADHD e le loro famiglie.
Cos’era prima l’ADHD

Si pensava che l’ADHD fosse un disturbo superabile con la crescita, studi recenti hanno dimostrato che i sintomi possono persistere anche nell’età adulta, e che ci sono molte persone che convivono con l’ADHD anche nella terza età. L’ADHD, o Disturbo da Deficit di Attenzione ed Iperattività, è caratterizzato da difficoltà di attenzione, iperattività ed impulsività. Molte persone vivono con l’ADHD senza saperlo, e la giornata mondiale mira a fornire informazioni, risorse e sostegno per chi è interessato.
Diversi sintomi

I sintomi possono variare da persona a persona e possono includere queste caratteristiche. Come disattenzione: difficoltà a concentrarsi, facile distraibilità, problemi nel seguire le istruzioni, dimenticanza di compiti e oggetti. Iperattività: intesa come irrequietezza, difficoltà a stare fermi, parlare troppo, interrompere gli altri. Impulsività: come difficoltà a controllare gli impulsi, agire senza pensare alle conseguenze, difficoltà ad aspettare il proprio turno.
L’ADHD può avere un impatto significativo sulla vita accademica, lavorativa e relazionale. Le persone possono avere difficoltà a scuola, come anche mantenere un lavoro e a sviluppare relazioni sane.
Cause e fattori di rischio

Le cause dell’ADHD non sono ancora del tutto chiare, si ritiene che una combinazione di fattori genetici e ambientali possa contribuire allo sviluppo del disturbo. Alcuni studi hanno evidenziato un ruolo importante dei fattori genetici, quindi una vera e propria predisposizione ereditaria. Ci sono però anche influenze esterne come fattori ambientali: l’esposizione a tossine o sostanze chimiche durante la gravidanza, basso peso alla nascita, parto prematuro o fattori neurobiologici: ossia alterazioni nello sviluppo del sistema nervoso centrale.
Trattamento dell’ADHD

Il trattamento dell’ADHD può includere una combinazione di interventi terapeutici e farmacologici. Le opzioni di trattamento più comuni includono sicuramente una terapia comportamentale: aiuta i pazienti a sviluppare strategie per gestire i sintomi e migliorare le proprie abilità di coping. Terapia farmacologica: farmaci stimolanti e non stimolanti possono aiutare a migliorare la concentrazione, ridurre l’iperattività e controllare l’impulsività. A livello sociale, importante il supporto educativo: programmi educativi speciali possono aiutare gli studenti con ADHD ad avere successo a scuola. Necessario il supporto genitoriale: genitori e familiari possono ricevere supporto e istruzioni su come gestire i comportamenti legati all’ADHD, in tal caso è importante consultare un professionista della salute mentale per una valutazione e un piano di trattamento personalizzato.
Altri disturbi dell’attenzione

Oltre all’ADHD, esistono altri disturbi dell’attenzione che possono influenzare la concentrazione e le prestazioni cognitive. Alcuni di questi includono i Disturbi specifici dell’apprendimento (DSA): ad esempio, dislessia, discalculia, disgrafia. Deficit di attenzione secondari: che possono essere associati ad altre condizioni mediche o psicologiche, come depressione, ansia, disturbi del sonno, o disturbi neurologici.
Gli studi sull’ADHD

Il Disturbo da Deficit di Attenzione e Iperattività (ADHD, dall’inglese Attention-Deficit/Hyperactivity Disorder) è un disturbo del neurosviluppo che colpisce all’incirca il 5-7% dei bambini maggiormente il sesso maschile (rapporto 3:1), ma le femmine sono spesso sottodiagnosticate (più sintomi inattentivi che iperattivi) e il 2-4% degli adulti a livello globale; come si è detto è una condizione complessa che comporta difficoltà di attenzione, impulsività e iperattività, con profonde implicazioni psicologiche e sociali nel corso della vita.
L’ADHD ha una forte componente genetica e neurobiologica. Studi di neuroimaging indicano disfunzioni nelle aree fronto-striatali e prefrontali del cervello, responsabili del controllo esecutivo, dell’inibizione comportamentale e della regolazione dell’attenzione. I livelli di dopamina e noradrenalina, fondamentali per l’autoregolazione cognitiva, risultano alterati.
Il profilo psicologico dell’individuo con ADHD è complesso:

Creare un profilo preciso è difficile perché è presente una componente ansiogena e depressiva fino al 30-40% dei casi. Frequenti ed evidenti sono i disturbi oppositivo-provocatori e della condotta soprattutto nei bambini, come disturbi del sonno e bassa autostima e frustrazione cronica, dovute a insuccessi scolastici o lavorativi. Molti soggetti ADHD hanno difficoltà nella regolazione delle emozioni, possono avere esplosioni di rabbia, scarsa tolleranza alla frustrazione e sensibilità al rifiuto (fenomeno noto come rejection sensitive dysphoria). Queste caratteristiche compromettono la stabilità affettiva e relazionale. Quindi i risvolti sociali sono talvolta difficili da gestire anche se vengono riconosciuti dapprima nell’ambiente scolastico
Manifestazioni in età evolutiva (3-12 anni)

I bambini con ADHD hanno un rendimento scolastico inferiore alla media, anche in assenza di deficit intellettivo. La difficoltà nel mantenere l’attenzione, nel seguire le regole e nel gestire il comportamento in classe porta a continui richiami, sospensioni e a volte all’esclusione sociale. Le relazioni con i coetanei i “pari” spesso sono percepite come “fastidiose”, si presentano non collaborativi verso i coetanei, con conseguente isolamento sociale.
I sintomi dell’ADHD

Hanno tendenzialmente difficoltà a concentrarsi su attività scolastiche o giochi, fanno errori di distrazione frequenti, accompagnati da apparente mancanza di ascolto, con di conseguenza difficoltà a organizzare compiti e materiali, tendenza a perdere oggetti necessari (penne, libri). I bambini sono in movimento incessante, agitazione, tipica è l’Incapacità di stare seduti e parlare eccessivamente, proponendo giochi rumorosi anche quando inappropriati, con la difficoltà a rispettare il proprio turno, interrompendo gli altri frequentemente con risposte affrettate senza pensare.
La famiglia una volta che apprende questa problematica nella dei figli e nella gestione del comportamento può comportare stress cronico, talvolta sfociando in dinamiche familiari conflittuali o iper controllanti.
Nell’età adulta

Si è sempre pensato che il disturbo non coinvolgesse l’adulto e che si sarebbe risolto, invece chi soffre di disturbi di ADHD può avere difficoltà nel gestire scadenze, mantenere la concentrazione nei compiti a lungo termine e gestire i rapporti professionali. Il tasso di disoccupazione o di lavori discontinui è più alto rispetto alla media. Nelle relazioni affettive scatta l’impulsività, dimenticanze, distrazione emotiva compromettendo la qualità delle relazioni sentimentali. Il tasso di divorzi è significativamente elevato. Per questi soggetti c’è una maggior propensione a comportamenti a rischio, abuso di sostanze, incidenti stradali per disattenzione e in alcuni casi, reati minori, in particolare se l’ADHD non viene riconosciuto o trattato.
La diagnosi dell’ADHD

La diagnosi è clinica, basata sui criteri del DSM-5-TR (Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali). Sono richiesti alcuni elementi: presenza di sintomi per almeno 6 mesi, manifestazioni in più contesti (casa, scuola, lavoro), esordio prima dei 12 anni impatto significativo sul funzionamento sociale, scolastico o lavorativo.
Strumenti diagnostici: gli strumenti utilizzati sono la Scala di Conners, CBCL (Child Behavior Checklist), ADHD Rating Scale-IV, Interviste cliniche strutturate (K-SADS, DIVA per adulti) e osservazione diretta e colloqui con genitori ed insegnanti.
Trattamenti e Interventi:

I trattamenti possono essere farmacologici come il Metilfenidato (Ritalin, Medikinet) – stimolante più usato, l’Atomoxetina – non stimolante, utile anche in presenza di comorbidità ansioso-depressiva e Guanfacina, Lisdexamfetamina – alternative emergenti. Oppure attraverso l’approccio psicologico, in base infatti alle tipologie e alla gravità dei disturbi si scelgono le due strade o possono essere collegate ed intrecciarsi tra loro . La psicologia propone una terapia cognitivo-comportamentale (CBT) il Parent training (formazione genitoriale), Interventi scolastici personalizzati (PDP o PEI) ed Mindfulness e training sulle funzioni esecutive