Il 10 ottobre 1979 andava in onda in Giappone sulla NTV la prima puntata di uno di quegli anime destinati a entrare nella storia. Ottenendo una popolarità mondiale che si è tramandata immutata fino a oggi. Ma la trasposizione di Versailles no Bara, meglio nota come Lady Oscar, non era semplicemente una serie di cartoni animati giapponesi come tante: è tratta dall’omonimo manga di Riyoko Ikeda, un’opera della letteratura popolare diventata un bagaglio culturale per milioni di ragazze giapponesi che continua a trasmettersi alle generazioni successive con frequenti ristampe, ora economiche, ora deluxe, entrando nei libri scolastici e nell’immaginario collettivo. Eppure per arrivare a quell’ottobre di più di quaranta anni fa, le case di produzione hanno dovuto faticare parecchio.
Come è nato Lady Oscar
Il manga della Ikeda si snoda in 82 puntate sul settimanale Margaret della Shueisha tra il 1972 e il 1973 e successivamente raccolto in 10 volumi. Il successo è enorme, tanto che si pensa di produrne – come accade sempre con quei titoli che vendono parecchio – un adattamento animato. Ma la Ikeda non vuole, non è interessata al progetto e non dà il suo consenso. Nel corso di quegli anni Versailles no Bara comincia a essere uno degli spettacoli di punta del teatro Takarazuka, in cui recitano solo donne, anche nei ruoli maschili. L’amore dell’autrice per il teatro e per quel tipo di teatro in particolare, può averla spinta a vedere andare in scena la sua opera dal 1974 piuttosto che “ridotta” a un cartone animato.
La fama
Per sfruttarne la fama, la casa di produzione Sunrise realizza nel 1975 La Seine no Hoishi (La Stella della Senna, nota da noi come Il Tulipano Nero), approfittando della stessa ambientazione – la corte di Versailles e la Francia rivoluzionaria – e della figura della regina Maria Antonietta. Ma a parte questi elementi in comune, lo spirito delle due opere è completamente diverso.
Se Versailles no Bara è un melodramma a tinte forti dove, per quanto romanzata, la Storia ha un ruolo fondamentale e in cui l’attenzione alla psicologia dei personaggi è determinante, La Seine no Hoishi è una storia d’avventura, un cappa e spada per bambini in cui l’eroina mascherata difende i deboli come una sorta di Zorro e in cui la precisione storica si perde non tanto rivelando che la protagonista è la sorella di Maria Antonietta, quanto facendole salvare i figli di quest’ultima dalla prigione. Con tanto di errore storico nella sigla, poi corretto nella versione duets della solita Cristina D’avena.
Gli anni ’70
Sul finire degli anni ’70, comunque, la Ikeda cambia idea e finalmente si comincia a lavorare alla versione animata della sua opera più nota. Nel 1978 il Giappone coproduce con la Francia un film live, uno dei pochi girati all’interno della corte di Versailles, con attori occidentali. Il lungometraggio esce nelle sale nel 1979 e ha per protagonista Catriona MacColl nei panni di Oscar. La storia non è completamente fedele al manga. Eliminate molte parti importanti come la vicenda del Cavaliere Nero, appiattita l’indole dei personaggi, la storia si conclude con la folla che si avvia alla conquista della Bastiglia. Non raccontando così la parte finale del fumetto incentrata sul destino dei sovrani e di Fersen. Non deve forse stupire visto che il film si concentrava su Lady Oscar – che sarà proprio il titolo della produzione – piuttosto che su Maria Antonietta.
La promozione
Per promuovere l’anime che lo Studio Tokyo Movie Shinsha si appresta a lanciare, Oscar compare nel 101° episodio de Le nuove avventure di Lupin III. Alla fine la ragazza diventa di pietra accanto alla statua dell’amato André, trasformato anche lui in pietra tempo prima. Si arriva così all’ottobre 1979 quando va in onda il primo di 41 episodi sugli schermi della NTV. La differenza che salta subito agli occhi è, come nel film live, la maggior centralità data a Oscar rispetto al manga in cui acquista importanza strada facendo ma dove all’inizio (e poi nel finale) la protagonista è Maria Antonietta. Non a caso, la Ikeda si era basata sulla biografia della sfortunata sovrana scritta da Stefan Zweig per disegnare il fumetto.
Il livello tecnico
A livello tecnico colpisce la presenza di due direttori generali, Tadao Nagahama dal 1° al 18° episodio e poi Osamu Dezaki dal 19° al 41°. Questo avvicendamento fu dovuto allo scarso interesse che stranamente l’anime riscontrò in patria. Attesissimo, si rivelò invece un flop al punto che in alcune regioni la messa in onda fu interrotta all’episodio 24 (La fuga misteriosa che conclude la vicenda dello Scandalo della Collana), seguito da un episodio riassuntivo della storia, poi sparito dalla circolazione e mai più riproposto. Solo nelle successive repliche Versailles no Bara diventerà quel cult anche in Giappone come lo è all’estero.
Il cambio della guardia
Il cambio dello staff direttivo comporta sostanziali cambiamenti all’interno della serie, sia nella grafica che nella storia. Tadao Nagahama ha lavorato in diverse produzioni fantascientifiche come Daltanious ed è famoso soprattutto per aver curato la trasposizione animata di Tommy la Stella dei Giants. Osamu Dezaki è una vera istituzione nel campo dell’animazione giapponese, avendo diretto serie e lungometraggi tratti da alcuni dei più famosi manga come Rocky Joe e Jenny la tennista e sempre a lui si devono anime come Remì e L’Isola del Tesoro.
Il passaggio
Con il passaggio da Nagahama a Dezaki cambia anche lo staff delle singole puntate che acquista omogeneità rispetto alla prima parte. Ma è soprattutto a livello di regia e disegni, nonché di storia, che si nota fortemente tale passaggio. Questa evoluzione ben si adatta a quella analoga nel manga della Ikeda che esordisce come un qualsiasi shōjo di principesse con un stile infantile e a tratti caricaturale, per maturare gradualmente con un disegno più curato e profondo, oltre che drammatico.
Il cambio della struttura
Anche la storia cambia, virando dall’ovattato – per quanto insidioso – mondo delle fiabe in cui vive la principessa Maria Antonietta a un’elaborazione grafica più cupa, alla problematica personalità di Oscar e alla triste danza degli amori impossibili. Dezaki inoltre abbandona gran parte delle soluzioni visive di Nagahama, quali schermi che si frantumano, ombre incombenti, piani sovrapposti o moltiplicati per mostrare la visuale da parte di due o più personaggi, spariscono quasi completamente fiori, stelle e tutti quei barocchismi decorativi che fanno parte del bagaglio iconografico degli shōjo, in particolare di quegli anni. Senza contare che tali elementi avrebbero stonato con la crescente drammaticità che sta assumendo la trama.
Le differenze
La differenza tra i due registi è percepibile già nell’episodio 19 (Un matrimonio imposto) che si apre con un’inquadratura che porta la firma di Dezaki: Charlotte si staglia contro un finestrone diventato una lastra luminosa, ma la luce non riesce a penetrare, contrastando con la stanza buia. La morte della piccola Charlotte segna la svolta in tutta la serie. Con l’episodio 23 (Il Processo) cambia il disegno, assumendo lo stile che proseguirà fino all’ultimo.
Un insuccesso?
Visto l’insuccesso, l’anime chiude al 40° episodio (14 luglio 1789): dopo la morte di Oscar alla Bastiglia, la storia fa un salto temporale e ritroviamo il soldato Alain che ora fa il contadino. L’uomo riceve la visita di Bernard e Rosalie e i tre si mettono a ricordare. Viene poi prodotto un 41° episodio di durata doppia che racconta le principali figure femminili della vicenda.
Lady Oscar in Italia
La scelta da parte di Nagahama di rompere con la confezione tradizionale degli episodi viene ignorata dai curatori italiani. I cartelli dei titoli nell’edizione italiana coprono sempre le immagini del cartone.
La musica
Compositore della colonna sonora è Koji Magaino, già autore delle musiche del film di Jenny la tennista e della serie Hello Spank. Nell’episodio 19 fa la sua comparsa un segmento musicale preso dalla colonna sonora di Galaxy Express 999. Il brano viene ripreso tre volte all’interno della puntata ma non sarà più utilizzato nel corso della serie. L’opening originale è udibile con diversi arrangiamenti in tutte le puntate (per esempio nel primo episodio, La grande scelta, quando Oscar compare in uniforme); l’ending compare nell’episodio 28 (Un innamorato respinto).
Lady Oscar
Da noi Lady Oscar arriva nel 1982 su Antenna Nord: vanno in onda 37 episodi su 40, l’ultimo è La voce della libertà, in cui Oscar confessa ad André di amarlo. Si crea perciò un finale fittizio in cui i due protagonisti sopravvivono e innamorati galoppano incontro al loro destino. Nei passaggi successivi, comunque, andarono in onda tutti e 40 gli episodi (il 41° riassuntivo è rimasto inedito). La sigla è cantata da I Cavalieri del Re, utilizzando parte delle immagini dell’opening originale.
Gli anni ‘90 di Lady Oscar
Dagli anni ’90 Mediaset cambia il titolo in Una spada per Lady Oscar. Ha anche cambiato la sigla, eseguita da Cristina D’Avena. Le immagini diventano il classico patchwork di scene tratte dai vari episodi. Negli ultimi passaggi si è scelto per una via di mezzo. Ripristinando quindi la sigla storica come brano d’apertura e la nuova come brano di chiusura.
Il doppiaggio
La qualità del doppiaggio è molto buona. Ancora oggi molti fan associano la voce di Cinzia De Carolis a quella di Lady Oscar. Una curiosità. Al contrario della versione originale, in quella italiana la voce narrante è affidata a un uomo. Un’intromissione maschile nel mondo degli shōjoche, una giapponese noterebbe con disappunto.
Complimenti, è la prima volta che leggo un’analisi così precisa e attenta di questo Anime che ritengo un capolavoro.
Molto interessante, conciso e preciso e con filmati interni, da leggere e vedere
Molto interessante, senza i soliti sproloqui su anime e manga, apprezzati i filmati che fanno da corollario e spiegazione visiva. Preciso e conciso per appassionati e per neofiti che possono sempre approfondire.
Davvero molto interessante. Ho imparato nuove cose su questo anime che adoro e che ha incorniaciato buona parte della mia infanzia e i dilemmi della mia adolescenza. Grazie per la tua passione!
Ma bravi, come appassionata che ha fatto di Oscar il suo lavoro, scrivendo saggi e articoli in tema, devo dire che questo articolo è davvero bello, ben fatto e senza idiozie.
Grazie a tutti per l’apprezzamento