C’è una parola che echeggia nelle cronache, a proposito di gruppi, circoli, sette o club che guardano a certe realtà del passato come si guarda a un’occasione “bella e perduta”. La parola è nostalgia. E pone una domanda: come si possa provare nostalgia, che è un miscuglio di rimpianto, desiderio acuto per qualcosa che non si è vissuto di persona e non si può quindi aver perduto? Penso a quel che avviene, per esempio, nel caso dei nostalgici del “duce”. Vediamo: se questa premessa è razionale, che cosa chiamiamo nostalgia? Possibile risposta: nostalgia è un sentimento costruito sui ricordi e sulle opinioni di altri: genitori, nonni, reduci, propaganda ecc.. La verità sottintesa è forse un’altra: non si tratta di nostalgici, ma piuttosto di mitomani per i quali il passato ritorna deformato, mitizzato appunto, e adattato psicologicamente e culturalmente al presente secondo precisi interessi o ideali. La lontananza dalla verità, cioè dai fatti della storia, facilita la liberazione incontrollata – fra l’altro – del pensiero magico, sempre in agguato. L’attuale pandemia, a sua volta, favorisce l’affiorare di paure e di fantasie medievali, e i veri untori, paradossalmente, sembrano essere le ideologie nella loro violenza inquinatrice del presente.
Una voce da lontano
Una lettrice di questa rubrica ha scritto:
“Vedo strade, aiuole e marciapiedi disseminati di mascherine. Tutti si aspettano che qualcuno abbia a tenere in ordine e a garantire la pulizia del luogo pubblico… Ma, chiedo: nessuno, dopo tutti i guai atmosferici e sanitari che stiamo subendo, si sente in dovere di fare la propria piccola parte per aiutare il nostro Paese?… In quali condizioni lasciamo in eredità il nostro bellissimo pianeta azzurro?”

Questa voce, che ci arriva da lontano, ha la forza della spontaneità e soprattutto testimonia la presenza di una percentuale di persone – inquilini del condominio Terra – che hanno un forte sentimento di appartenenza al mondo. Nei più sensibili, quella attenzione diventa responsabilità. In parole povere, la “vita condominiale”, nel piccolo spazio quotidiano come su scala planetaria, non è certo una movida. E, per dirla ecologicamente, anche un gesto noncurante – quando non sia voluto – come buttar via una mascherina ha i suoi effetti sulla realtà. Bisognerebbe pensarci prima, magari educandoci ai gesti che hanno rilevanza sociale.
Territori di memorie
L’ombra del passato, dice il poeta, si allunga sul presente, e mira oltre il confine dell’attualità per “infuturarsi”. Voce di poeta, e va benissimo, ma noi ci pensiamo o no, al fatto – oggi, mentre leggiamo queste righe – che proveniamo da un tempo andato, cioè – banalmente – da un’infanzia perduta? Il fatto è che le radici sono conficcate negli strati profondi del tempo. Se ne siamo ragionevolmente convinti, allora ne consegue che dobbiamo “sentire” questo nostro torbido presente come relativo, non assoluto, come passaggio vissuto – anche sofferto – nei luoghi e con i luoghi della vita: il contesto.

Queste pillole di saggezza mi sono venute dalla lettura di una intervista al famoso architetto Mario Botta. In particolare là dove parlava della storia come di un “territorio di memorie che ci accompagna” e aggiungeva che “il contesto geografico, ma anche culturale, è la vera forza che ci modella”. E le città? Ecco: nel loro “tessuto stratificato riconosciamo un passato che ci appartiene, che diventa forma stessa dell’identità, dell’essere, della cultura dell’uomo”. Da mettere in cornice forse è troppo, ma da meditare è il minimo.
Ceneri

(in memoria)
Ora le ceneri che furono
una persona
sono diventate semenza.
Ceneri che il vento sparge
nell’erba fiorita dell’alba.
Ceneri che la luce indora
nel gesto del seminatore.
Il ciclo vitale si compie
in una frazione di tempo.
In quel lampo che sa
di miracoloso, la polvere
che fu una vita si accende
come un grido e le vette
delle amate Dolomiti
rispondono con il pieno
silenzio che sa di eterno.
Ceneri, semenza d’amore.
(Anonimo 35)
Caro Ivo sempre profonde le tue riflessioni. Le seguo sempre con tanta attenzione. Le poesie poi sono sempre molto sentite. Mi è piaciuta quella di Bepi Surian che ho avuto modo di conoscere . Ora mi trovo ricoverato presso l’ ospedale di Mirano per una diverticolite sanguinosa. Spero di cavarmela presto. Un forte abbraccio
Ti ringrazio di tutto cuore . Gianni Trevisan.