Bubacco, Grossi, Tarantino, Frascoli, Ardizzon, De Bellis, Tesconi, Mencacci, Raffin, Pochissimo. Chiamatemi nostalgico. Ma quando sento parlare di Venezia Calcio in serie A, oppure alla semplice proposizione “Stadio S.Elena”, mi parte l’embolo e scatta immediata l’associazione di idee e la formazione al completo della squadra lagunare della mia infanzia. Lontano 1962. Allenatore Quario, presidente Gatto, tipografo di San Lio, vicino Rialto, che era anche amico di mio papà. Insomma tutto in casa. Va bene, dirà il meticoloso, manca nella formazione tipo Juan Santisteban, spagnolo che arrivava dal Real Madrid. Ma era uno straniero, giocava poco e per me contavano solo gli italiani, a partire dal giudecchino Bubacco, celebre in porta per le sue prodezze (e le sue papere..).
Venezia Calcio e il mio ritorno allo stadio

È con questo pensiero fisso del Venezia Calcio e Stadio S.Elena che mi reco alla prima partita della squadra con presidente americano. In coda doverosa ai tempi del Covid. 45 minuti di attesa, fuori del ponte in legno dello stadio, assembramento duro, ovvero cheek to cheek. Tutti assiepati sotto il sole. Con particelle di umidità respiratoria del tifoso vicino a mille. Tre controlli: biglietti e documenti. Nessuna esibizione del green pass. Boh?
La mia ultima volta

Mancavo all’appuntamento top dal 1998, era Maurizio Zamparini, il mitico presidente friulano, fuggito a Palermo in polemica con il sindaco Cacciari. Erano i tempi di Recoba, prestato dall’Inter per carità di patria a farsi le ossa in laguna.
Impressione negativa

Appena entrato allo stadio mi sembrava di vedere le stesse facce dei tifosi, invecchiati solo di un quarto di secolo. Al S.Elena, però, distanziamento assicurato. Su 9977 posti disponibili (dopo un restyling record in meno di tre mesi), biglietti tra tribune e curve per 5500, venduti 3181, gratis 198. La prima impressione è negativa. Giornata di sole, temperatura estiva. Che non mi vengano a dire che l’isola di Sant’Elena è scomoda e i vaporetti costano. Per Milan-Venezia, qualche giorno dopo, i veneziani e mestrini presenti a San Siro erano circa 600…..
Venezia Calcio. La prima non è buona

Non commento tecnicamente la prima partita in serie A, dopo 23 anni di assenza. Diciamo squadra sfortunata e inesperta. Rosa composta oltre da validi italiani, da 18 stranieri, quasi tutti giovani e giovanissimi provenienti da tutti i continenti. I tempi del solo Santisteban sono ormai remoti. Il calcio è planetario, satellitare, o meglio in streaming.
Le differenze

Mi stupisce la grande differenza tra il pubblico “in presenza” e quello virtuale. Qualche battuta in dialetto, ovviamente non in streaming, qualche tifoso giovanissimo che se la prende con parolacce grevi con gli arbitri e con i tifosi spezzini. Un buco in curva sud, per onorare gli ultras assenti. Vogliono gli stadi al 100%.
S.Elena contro Dazn e Sky

La cornice locale, distante anni luce dal pubblico in tv, quello che paga il calcio. Dazn o Sky, sono loro i padroni. Grandi critiche proprio in questi giorni per la tutela dei consumatori. Come si può vedere in poltrona una partita se saltano le immagini? Con queste riflessioni negative, guardo sconsolato il vecchio S.Elena. Iniziato nel 1910, inaugurato nel 1913 con la bottiglia di champagne rotta contro uno dei pali, dalla signorina Ines Taddia. Il Venezia parte male. Perde 7 a 0 contro il forte Genoa. Se lo stadio Ferraris è il più antico d’Italia, il Pierluigi Penzo, è giusto il secondo. Il Gazzettino Illustrato, ai tempi del presidente Giuseppe Volpi, potentissimo ministro veneziano all’economia e fondatore di Porto Marghera, lo volle chiamare “Campo sportivo fascista di S.Elena”. Era l’8 maggio 1926.
Il Grande Venezia Calcio

Qualche anno dopo, in occasione delle ricorrenze delle prima guerra mondiale, verrà intestato all’eroe dell’aria Penzo. Dopo il 1939, ai tempi del grande Venezia con Loik e Mazzola, vennero potenziate le tribune. Il Venezia raggiunge le vette della serie A, nel 1942, dopo aver vinto la Coppa Italia, perde con la Roma che si aggiudica il suo primo scudetto. Per volontà del duce, diranno i maligni. In realtà il conte di Misurata, Giuseppe Volpi, era già caduto in disgrazia.
Caro romantico S.Elena
La realtà del campionato è ben un’altra cosa. Sette squadre appartengono a fondi stranieri. Genoa, Venezia, Spezia, Roma, Fiorentina, Bologna sono americani. L’Inter cinese, il Milan dell’Elliott Management Corporation, ovvero platenario. La Juventus ha la proprietà con sede legale in Olanda.
Il pallone per fortuna continua ad essere di cuoio. Fino a quando?