È di questi giorni la tragedia dell’ennesima nave cargo incendiatasi, al largo delle coste di Colombo, capitale dello Sri Lanka: le immagini della MV X-Press Pearl, adagiata sul fondo a poppa, a ventuno metri di profondità, hanno fatto il giro del mondo. A bordo ci sono 278 tonnellate di olio combustibile, 50 di gasolio e 20 contenitori pieni di olio lubrificante. Tuttavia, non è solo il petrolio a minacciare l’ecosistema dell’arcipelago marino: nei 1486 container sono stipati lingotti di piombo, 25 tonnellate di acido nitrico (la sostanza che ha provocato l’incendio), senza contare l’enorme quantità di microgranuli di plastica da imballaggio che hanno sommerso le coste, oltre a disperdersi in acqua. Mentre le squadre di soccorso stanno cercando di ripulire le spiagge, anche per non compromettere la ripresa del turismo post Covid, la pesca è stata sospesa in un raggio di ottanta chilometri attorno alla nave, mettendo a rischio la fragile economia della zona.

Un arcipelago a rischio
È solo l’ultimo atto di una tragedia ambientale che compromette sempre più l’equilibrio tra sviluppo umano e sostenibilità, portando all’attenzione, in termini non più differibili, la ricerca di soluzioni alternative. Qual è il rapporto tra crescita ed ambiente? Quale la relazione tra utilizzo delle risorse e spreco? Come spiegare la distanza tra un pescatore dello Sri Lanka, che vede a rischio il proprio unico pasto giornaliero e la marea di scarti alimentari che il mondo occidentale considera superflui, estemporanei, casuali?
Un’artista a difesa dell’ambiente
C’è chi quella disuguaglianza l’ha mappata, e non a suon di grafici e previsioni statistiche. L’artista Gayle Chong Kwan, classe 1973, nata ad Edimburgo da madre scozzese e padre cinese-mauriziano, si è dedicata ad un’indagine rigorosa sulle intricate relazioni tra storia dei popoli ed impatto ambientale, portando avanti – con gli strumenti dell’arte – una forte denuncia sulle inadempienze del sistema globale. Ma non solo: si è spinta fino a proporre, con un’opera di sensibilizzazione a livello mondiale, un cambio concreto di prospettiva.
Waste e l’arcipelago

Gayle ne ha le competenze: oltre ai titoli accademici per ciò che concerne la sua attività artistica, ha conseguito un BA Hons Politics and Modern History presso l’Università di Manchester, dove si è specializzata in Politica post-coloniale nell’Africa sub-sahariana, e un Master in Comunicazione dell’Università di Stirling. Nel 2019, l’artista ha vinto il Sustainable Art Prize, promosso dall’Università di Ca’ Foscari in collaborazione con Art Verona: attraverso workshops e riflessioni con studenti e accademici, ha sviluppato Waste Matters, un progetto i cui esiti prenderanno forma a partire dal prossimo 2 luglio sulla facciata della sede centrale dell’Ateneo, con performance, attività partecipative e contributi online.
Venezia e la personale di Gayle
Partner fondamentale dell’iniziativa è la Galleria Alberta Pane, nella sua sede veneziana in calle dei Guardiani 2403/h: qui è stata inaugurata il 22 maggio scorso, per rimanere aperta fino al 24 luglio, una personale di Gayle Chong Kwan dal titolo emblematico, Waste Archipelago. Occasione imperdibile per incontrare l’arte di Gayle, in un inventario molto concreto della crisi ambientale: ad esempio una serie di tecniche miste, elaborate a partire dalle immagini documentarie di altrettanti sversamenti in mare di combustibile e sostanze tossiche.

Non solo il disastro ambientale dell’arcipelago ma la “fisicità” delle opere
Opere reali, drammatiche, ma immerse in un filtro salino che ne evidenzia una sorta di matericità granulare; stampate in Photo Rag (cotone 100%) e montate in Dibond, su sottili lastre di alluminio con un’anima in polietilene.
Raffinatezza ed efficacia, ecco le carte vincenti di una delle artiste più celebri per le sue battaglie in favore dell’ambiente. Ancora, in mostra, collages di scarti alimentari, in forma di erbari. Tavole virtuali imbandite con tutto ciò che è avvenuto al mondo naturale e ai suoi abitanti. Una topografia per notazioni brevi, ma atroci, dai mammiferi marini spiaggiati agonizzanti alle tartarughe uccise, dalle spiagge invase dal catrame alla distruzione delle barriere coralline. Oppure i 174 chilogrammi di imballaggi per abitante generati solo nel 2018.
Dall’arcipelago alle Mauritius
L’artista realizza immagini emblematiche, in cui il rifiuto si fa cappello, ornamento, parte del sé. Tra cibo che manca e pane sprecato, tra turismo e sfruttamento selvaggio delle risorse. Il lavoro di Gayle Chong Kwan va dal residuo minimo – la buccia, il nocciolo, la verdura gettata – alla massima scala. Con installazioni scenografiche di grande effetto. A Venezia, il messaggio colpisce come una fucilata, in un allestimento minimale senza nessun compromesso estetico. Appartato, in Galleria, un video girato alle Isole Mauritius, dove affondano le radici di Gayle. Il Paradiso, o lo stesso luogo dove, l’anno scorso, la nave Wakashio si è schiantata sulla barriera corallina di Pointe d’Esny.
Guardando il mondo alla rovescia
È bello quando l’arte si fa denuncia. Ancor più bello, fertile, importante quando offre la possibilità d’invertire le tendenze negative, facendoci scorgere le potenzialità che una diversa prospettiva può offrire. Waste Archipelago, un altro punto di vista. Come guardare l’erba dalla parte delle radici.