“Se vuoi dire qualcosa e vuoi che la gente ti ascolti, allora indossa una maschera. Se vuoi dire la verità allora devi mentire.” Con questa frase il visitatore viene accolto all’ingresso della mostra di Banksy ospitata dal Palazzo dei Diamanti di Ferrara. Una frase dello stesso artista britannico che mai come in questo periodo di pandemia universale appare profetica.
Chi è Bansky
Chi è in verità Banksy non lo sappiamo, o quanto meno sono in pochissimi a conoscere la vera identità di questo grande personaggio, maestro indiscusso della Street Art con la matrice dello stencil, ovvero una sorte di lavoro di squadra. Le primissime performances le firmava con il nome di Robin Banks che assomiglia molto a “robbing banks” e cioè colui che va a rapinare le banche e di conseguenza ne venne fuori il più morbido “Banksy”.
L’arte di Banksy
Non è facile entrare nel mondo di questo incredibile “Phantomas” dell’arte capace di evoluzioni notturne che nel corso degli anni hanno lasciato esterrefatti milioni di persone. La sua grande originalità e unicità e se vogliamo per certi aspetti irriverenza l’ha impressa sui muri di grandi città come Berlino, New-York, Londra, Napoli, Palestina e all’interno degli zoo di Barcellona, Londra, Melbourne. E’ riuscito perfino a portare i suoi lavori all’interno della Tate Gallery di Londra. In una delle sue ultime “incursioni” è sbarcato anche a Venezia dove sul muro di un palazzo ha riprodotto una bambina migrante immersa nell’acqua con una torcia accesa in mano.
La mostra su Bansky
La mostra ferrarese che ospita oltre un centinaio di opere segue un percorso ben delineato a cominciare dalle prime opere che sono datate 1992 e questo fa supporre almeno l’età dell’artista che dovrebbe avvicinarsi alle cinquanta primavere. Senza ombra di dubbio la prima opera che colpisce riguarda “Love rat”. I topi sono da sempre parte integrante della sua opera ed è lo stesso Banksy a dire “Sono piccoli, odiati, disprezzati, perseguitati, vivono nel substrato della città, nelle fogne, eppure sono in grado di mettere in ginocchio intere civiltà e di colonizzare aree.”
Bansky e i bambini
Importante anche il tema dell’infanzia ben rappresentato con l’opera”Jack and Jill (Police Kids) del 2005. S’intuiscono due bambini che corrono felici in mezzo all’acqua o quanto meno un’acqua apparente. Perchè la contraddizione a ciò arriva nel vedere i due bambini che indossano un giubbotto antiproiettile con la scritta “police”. L’innocenza infantile, l’occhio vigile dei genitori e per contro il “militarismo” che va oltre le preoccupazioni dei genitori. E su questo Banksy dice: “Molti genitori sarebbero disposti a fare qualsiasi cosa per i propri figli, tranne lasciarli essere se stessi.”
L’opera più famosa di Banksy
Proseguendo si arriva alla famosissima “ragazza con palloncino” (Girl with ballon”), che nel 2017 è stata votata come l’opera d’arte più amata dal popolo britannico. In effetti è un vero capolavoro, un colpo di genio. All’opera venne accompagnata la frase “C’è sempre una speranza”.
La Palestina e l’idea di Bansky
Non poteva mancare in questa “carrellata” tra le sale di Palazzo dei Diamanti “Love is in the air (Flower Thrower). Meglio conosciuto come “Il lanciatore di fiori”, un’opera apparsa per la prima volta nel 2003 a Gerusalemme sul muro costruito per separare israeliani e palestinesi. L’artista voleva chiaramente far capire con quest’opera che questo muro trasforma la Palestina nella più grande prigione all’aperto del mondo. L’opera esposta a Ferrara è su sfondo di colore rosso e si ispira con il titolo “Love is in the air” alla canzone di Paul Joung e vuole essere un omaggio agli attivisti degli Stati Uniti e Gran Bretagna nel periodo della guerra in Vietnam, ponendo nella mano del lanciatore un mazzo di fiori in segno di pace.
Bansky e l’educazione
Emblematica ed allo stesso tempo molto cruda l’immagine l’opera “Virgin Mary o Toxic Mary”. Una maternità che vede riprodotta la Madonna con in braccio il bambino e un biberon col simbolo del veleno. Una chiaro attacco alla religione nella storia e di conseguenza al modo di educare i figli.
Trovare noi stessi
In tutto il percorso di questa mostra intitolata “Un artista chiamato Banksy” si può discutere, si può non essere d’accordo su alcune sue forti interpretazioni della società, ma una cosa è fuori discussione siamo di fronte ad un gradissimo artista. Il suo originale modo di “simbolizzare” determinate realtà è dettato da una incredibile consapevolezza. Giustamente come scrive Vittorio Sgarbi, a conferma di questo “nelle stanze di Palazzo dei Diamanti, non troviamo Banksy…troviamo noi stessi…!”
per maggiori informazioni
http://www.palazzodiamanti.it/1737/un-artista-chiamato-banksy