Sono passati più di venti anni da quanto Bersani ha applicato la legge europea sulla liberalizzazione commerciale (31 marzo 1998 n. 114). La cosiddetta Legge Bersani. Una legge che avrebbe dovuto sortire dei miglioramenti, per lo meno nell’intento, in quanto promotrice di contenimento dei prezzi nel commercio per ragione della maggiore competitività. Ma, a VE-Ve e in altri Centri storici è stata una iattanza.
Il degrado
E’ sotto gli occhi di tutti il degrado della qualità dei negozi che quasi costringe il residente a camminare ad occhi chiusi per non essere violentato da tanta paccottiglia, o per non vedere edifici ricoperti di oro che fanno pensare a tante scatole di cioccolatini. Vedi il Fondaco dei Tedeschi. La Sovrintendenza a braccetto con il Comune ha favorito questi scempi approvandoli, come del resto si è preoccupata di lavorare per il Sindaco Brugnaro che si è dilettato a svuotare i palazzi da uffici pubblici per trasformare gli stessi in alberghi. Vedi, per es. il Catasto ora traslocato a Mestre, è albergo.
La legge Bersani usata per scopi privati
Uno scempio al quale i cittadini dell’Isola hanno assistito inermi. Si è protestato, giustamente, per le Grandi Navi, che oscurano il bacino di S. Marco, ma che dire delle bancherelle che lungo la Riva degli Schiavoni oscurano Bacino e Laguna? Certo, ancora una volta, la liberalizzazione della legge europea Bolkenstein lo consente (2006/123/CE art. 12; D. Lgs 59/ 2010 art. 16), ma è anche vero che ragioni di carattere paesaggistico e culturale avrebbero potuto impedirlo. Vedi punto c) sui centri storici dell’ordinanza in cui non si applica la normativa: ” … al fine di salvaguardare e qualificare la presenza delle ‘attività’ commerciali e artigianali in grado di svolgere un servizio di vicinato, di tutelare gli esercizi aventi valore storico e artistico ed evitare il processo di espulsione” delle stesse.
Legge Bersani e art.9
Come evidenzia l’art. 9 e successivamente gli articoli 43 e 49 del Trattato, gli assessori, la sovrintendenza e il sindaco avrebbero potuto appellarsi alla nozione di “motivi imperativi di interesse generale” cui fanno riferimento alcune disposizioni della Direttiva di tutela dei consumatori, della protezione dell’ambiente urbano, dei beni culturali. I Centri Storici o Città storiche avrebbero potuto essere esentate dallo scempio creato dalla liberalizzazione della Legge Bersani e da quella della Bolkenstein. Come? Applicando la legge.
Il caso Roma
Roma lo ha fatto, ci ha provato anche se tardi, facendo riferimento alla delibera del Consiglio Comunale n. 36/2006 ha previsto delle limitazioni al rilascio delle licenze commerciali, proprio per conservare un tessuto urbano caratterizzato dalle sue attività tradizionali (LexItalia.it ‘Limiti alle licenze commerciali nei centri storici’), Firenze ci ha provato “Il sindaco bandisce gli esercizi indecorosi” 19 gennaio 2016, emanando un provvedimento che sfratta un certo tipo di esercizi commerciali ritenuti indecorosi per la città. Un tentativo di frenare il dilagarsi di negozi paccottiglia e altro che trasformano il centro urbano in un ‘DESERTO MERCIFICATO’.
Firenze e la Legge Bersani
Il sindaco di Firenze, Roma, così Fassino a Torino ed altri hanno dimostrato che ci si può opporre facendo leva su norme contenute nel codice dei Beni culturali, su alcuni dettami dell’Unesco e nelle deroghe previste dalla stessa Legge Bersani e dalla Bolkenstein. Per non deturpare i “centri storici (anche) attraverso il mantenimento delle caratteristiche morfologiche degli insediamenti ed il rispetto dei vincoli relativi alla tutela del patrimonio artistico ambientale”.
Legge Bersani e Venezia
E allora? A che serve che noi paghiamo assessori che non lavorano per il bene della Città permettendo lo scempio di bancherelle e di negozi paccottiglia che offendono persino la vista? Già, ma qui viene il bello, da noi il sindaco Casellati nel 1990 si era preoccupato dell’esodo dei residenti e della trasformazione delle strutture ricettive in alberghi e negozi ‘liberalizzati’ dalla legge europea di cui sopra per cui viene emessa una delibera che mette dei paletti alla suddetta liberalizzazione. Purtroppo, però, alla prima giunta del 1993 viene revocata “delibera che fissava i limiti all’arrivo di negozi in contrasto con le caratteristiche di una città storica”, come la legge europea consente (in Non è triste Venezia” di F. Erbani, ed Manni 2018, p. 223 ). Una scelta maldestra che ci ha affossati al degrado attuale.
Padova
A Padova per tutelarsi nascono i ‘negozi storici’, così in Umbria (art. 4 ter e 21 della L.R. 3 agosto 1999 n.24) con la finalità di valorizzare le attività economiche di qualità, per la loro permanenza, per la tutelare i cittadini contro lo stravolgimento del tessuto urbano. A Milano (Settimo Milanese 30 marzo 2015), a Mira (13/10/2016) nascono le Consulte per il commercio: “organismo permanente di valorizzazione dei centri storici, del commercio di vicinato, di comunicazione e di raccordo tra le esigenze di categorie dei commercianti degli artigiani con locali aperti al pubblico e degli operatori turistici con la Pubblica Amministrazione locale”. La finalità è quella di condividere l’elaborazione di proposte tra operatori economici e l’Amministrazione “per la rivitalizzazione del tessuto urbano”.
Venezia? Come usare la Legge Bersani senza scrupoli
E a Venezia? Esiste la Consulta per il Turismo e poi quella per il Decoro della Città della quale fanno parte una serie di Enti con attività sociali con finalità francamente confuse e con potere solo consultivo. E allora? https://www.comune.venezia.it/sites/comune.venezia.it/files/page/files/Regolamento_di_Funzionamento_della_Consulta_per_il_Decoro_della_Citt_.pdf
L’immobilità di Brugnaro
Da noi tutto è fermo alla Legge Bersani, il sindaco gestisce il ‘gruppo decoro’ e continua a bastare una dichiarazione di inizio attività, poi passerà il vigile a controllare, ma con il requisito del silenzio assenso (art. 8 c. 4 del D.lgs 31 marzo 1998 n. 114, è fatta.
La mia opinione
In sintesi io ritengo che occorra invocare la tutela del silenzio rifiuto, la creazione di una Consulta per il Commercio seria ed imporre restrizioni alla liberalizzazione ‘Bersani’. Occorre subordinare l’apertura di negozi e bancherelle ad un regime di ‘autorizzazione’ giustificato dal motivo imperativo di interesse generale. E questo principio andrebbe esteso a tutte le attività commerciali comprese le affittanze turistiche. Solo delle misure restrittive possono invertire la tendenza del degrado e della perdita di residenti che hanno causato lo snaturamento della Città. E speriamo che con Baretta sindaco queste istanze vengano prese in considerazione.
Gina Di Cataldo