Nel marasma delle ripartenze, dell’incertezza, della paura per l’arrivo di varianti esotiche dell’ormai familiare covid si sono svolti i weekend del FAI. Ovviamente con misure di sicurezza, mascherine, distanziamenti, numeri ridotti ma le persone hanno potuto ricominciare a visitare luoghi di arte, storia e cultura. Allo stesso modo i musei hanno riaperto, e così luoghi deputati alla condivisione di idee e di bellezza. Attendiamo la piena riapertura di teatri, cinema e locali per l’aggregazione, ma è un inizio.
Quanto ci è mancata la cultura

La cultura è stato uno dei primi settori a venire bloccato per questioni di sicurezza sanitaria. Musei chiusi, monumenti transennati. Eppure quanto ne avremmo avuto bisogno nel momento dello sconforto. Certamente la salute è fondamentale, ma è difficile pensare che con una forte sorveglianza i musei sarebbero diventati luogo di diffusione di malattie. Invece siamo stati lasciati in balia di internet e di un bombardamento di informazioni indiscriminato e senza tradizioni. Nella migliore delle ipotesi a materiali commerciali proposti dalle varie Disney, Netflix e Amazon, nella peggiore a una discussione globale completamente sradicata dai problemi e dalle condizioni delle persone in mano a influencer nostrani e stranieri. Perdere una base culturale comune, la nostra storia, ha effetti profondi sulla psiche e sulla socialità.

Non è perfetta ma è nostra
Proprio in questo periodo, invece, poter riflettere sul nostro passato e futuro collettivo sarebbe stato così utile. La cultura italiana non è perfetta: è in continuità con quella dei Romani ma si declina in mille modi diversi a seconda delle aree geografiche del Paese. La cultura italiana deve fare costantemente i conti con quelle regionali e cittadine, ed è così da sempre: difficilmente qualcuno nel Rinascimento si sarebbe identificato come italiano, ma come appartenente a una città o un’area. Siamo un paese talmente frammentato da avere una ricchezza indescrivibile, eppure c’è una linea culturale che ci tiene uniti. E anche il fatto che questa base culturale sia “nostra” non esclude o diminuisce gli altri: l’identificazione non coincide con la chiusura. Dove c’è un “noi” ideale c’è il riconoscimento degli “altri” e anche la possibilità di fare entrare nel “noi” coloro che veramente lo vogliano. Insomma, la storia e le tradizioni dell’Italia unita e degli stati che l’hanno resa possibile hanno ancora un ruolo per traghettarci nel futuro.
Ritrovarsi per costruire il futuro

Ripartiamo da qui. Dalla storia di Roma e di Venezia, dalla Libertà dell’Ateneo Patavino, da Leonardo e Galileo, da Antonello da Messina a Giovanni Bellini, dal tiramisù alla pastiera, da San Tommaso, da Primo Levi, da Giotto. Ripartiamo dall’idea di essere ricchi, di una ricchezza che nessuno potrà mai toglierci se non lo permettiamo: questa ricchezza ci proteggerà dalla miseria. Ripartiamo dall’idea che, nei secoli, chi ha popolato la penisola si è rialzato dieci e cento volte, inventando sempre modi nuovi di vivere. Ripartiamo ricordandoci che il mondo ci ha sempre guardato con ammirazione e anche un pizzico di invidia: con tutti i difetti stereotipici dell’Italia e degli italiani, siamo percepiti come un popolo dalle mille risorse. Ripartiamo tenendo a mente gli errori del passato, le volte in cui l’Italia e gli italiani non sono stati all’altezza del momento storico. Dal nostro passato, dalla bellezza, dal gusto di vivere insieme possiamo trovare una chiave per contribuire al nuovo mondo, che sarebbe infinitamente più povero senza la cultura italiana.