Ci sono tanti ragazze e ragazzi che sin dall’adolescenza ricordano i primi amori, le feste e le uscite con gli amici. Altri, invece, come Marco che ricordano gli insulti, le esclusioni, l’ansia, l’isolamento, la paura di non essere mai scelti. Marco Matteazzi ora ha 24 anni e racconta: “Crescendo ho vissuto momenti che non auguro a nessuno. Per tutti ero diventato “polpetta”, così mi chiamavano per il mio aspetto fisico. Quella parola pronunciata per la prima volta da un adulto divenne presto una feroce etichetta che mi ha condannato socialmente per diversi anni.
Alle superiori ero costantemente preda dell’ansia, venivo emarginato dai gruppi, ero senza amici, ogni luogo diventava un non luogo e la solitudine presto divenne la mia unica compagna. La mia vita? Un ciclo infinito di dolore e isolamento. Ma poi a 19 anni ho detto basta, ho deciso che non potevo continuare ad essere quello che gli altri si divertivano a schernire, così ho cominciato il mio percorso di rinascita che oggi mi porta a compiere sfide straordinarie per dimostrare che con coraggio, volontà e costanza si può andare oltre qualsiasi etichetta. Non ho solo ripreso in mano la mia vita, ma ho deciso, con la corsa che ha segnato la mia rinascita, di dire no al bullismo”.
Marco, ex vittima di bullismo, è oggi diventato Ambassador della Fondazione Libra ets che si occupa della prevenzione e del contrasto al bullismo, cyberbullismo e violenza di genere.

“Lo scorso mese ho letto sui social della sfida di Marco – racconta la dottoressa Filieri presidente della Fondazione Libra ets – e sono stata immediatamente rapita dalla sua tenacia, dal suo coraggio e dalla sua determinazione”.
Marco ha infatti portato a termine la sfida di correre una mezza maratona al giorno per cento giorni. Marco desidera ispirare le persone, ma soprattutto per mostare a coloro che si trovano a vivere situazioni di bullismo che ce la si può fare, che si può uscire dall’incubo che tale condizione comporta.Importante il messaggio unanime: trasformare la paura in coraggio e le fragilità in forza.
La soddisfazione di Marco

Marco Matteazzi conferma: “Sono felice di essere stato scelto come Ambassador della Fondazione Libra ets e la prossima sfida è la mia dichiarazione di guerra al bullismo. A partire da febbraio 2025, infatti, correrò una maratona al giorno per 100 giorni in 99 città italiane e chiuderò la sfida con la 100 km del Passatore a Firenze. Durante la sfida avvierò una campagna di raccolta fondi a sostegno delle attività Fondazione Libra ets”. Da mental coach certificato segue ora persone che intendono essere motivate e che con lui possono ora trovare la strada per recuperare fiducia e forza.
Il fenomeno del bullismo

Il bullismo è un fenomeno che continua a destare preoccupazione in Italia, tanti sono i fatti di cronaca che anche in queste settimane hanno coinvolto soprattutto i più giovani, sia in forma tradizionale che attraverso il cyberbullismo. Negli ultimi anni, i dati nazionali hanno evidenziato un quadro complesso e, in alcuni casi, un peggioramento di alcune forme di violenza. Numerosi i fatti che accadono ogni giorno nel nostro Paese, facendo degli esempi di cronaca si ricorda il fatto accaduto a Bolzano e che ha visto vittima una bambinaall’interno di una scuola elementare della città.
La piccola è stata portata in pronto soccorso con una prognosi di venti giorni per lesioni. La mamma: “Ora mia figlia ha paura” .Calci e pugni a una bambina di 8 anni da parte di un gruppetto di tre compagne di classedurante la ricreazione. L’episodio di bullismo è avvenutola mattina del 20 novembre scorso, all’interno di una scuola elementare. Ad allertare le maestre sono stati alcuni alunni dell’istituto che hanno assistito all’episodio. Il grave episodio si sarebbe verificato al culmine di una serie di atti di bullismo ai danni della piccola vittima. “Dopo quello che è successo, nostra figlia adesso ha paura. La notte non riesce a dormire. Chiediamo che la scuola faccia di tutto, per ripristinare la serenità della nostra bambina”, ha dichiarato la madre.
Due episodi recentissimi sono stati contestati ad uno studente coetaneo della vittima che è stato colpito da un ammonimento del questore di Treviso: insieme frequentano un istituto superiore della Castellana.

Malmenato, minacciato e umiliato da un bullo un 14enne, accompagnato dalla madre, ha trovato la forza di denunciare tutto ai carabinieri. Nei confronti del responsabile, sempre 14enne, il questore Alessandra Simone ha emesso il provvedimento.Gli episodi di bullismo, in particolare, sono iniziati scuola nel mese di novembre, quando la vittima è stata colpita con calci sferrati dal quattordicenne, dopo che un terzo minore lo aveva sgambettato. La scena è stata ripresa con uno smartphone. Il giorno dopo per strada il quattordicenne avvicinava nuovamente la vittima e, dopo averla schiaffeggiata, la costringeva ad inginocchiarsi per chiedere scusa. Anche questa scena veniva nuovamente ripresa con uno smartphone.
Dice il questore trevigiano: «Se sempre più vittime si rivolgono alle forze di polizia significa che vi è maggiore consapevolezza di come il fenomeno del bullismo possa essere trattato sul piano della prevenzione, prima di azionare i tradizionali strumenti repressivi del diritto penale. L’invito non può che essere quello di continuare a denunciare alle forze di polizia, con l’obiettivo prioritario di recuperare i nostri giovani».
Secondo l’indagine della piattaforma Elisa (2022-2023), il 26,9% degli studenti italiani ha dichiarato di esserestato vittima di bullismo, con il 10,1% che riporta di aver subito episodi legati a pregiudizi etnici, l’8,1% a insulti omofobici e il 7,4% a discriminazioni legate a disabilità. Nel caso del cyberbullismo, l’8% ha subito attacchi online, mentre il 7,2% ammette di aver partecipato attivamente a episodi di questo tipo. È interessante notare come le forme sistematiche di prepotenze siano in lieve aumento rispetto agli anni precedenti, segnalando una maggiore gravità dei fenomeni.
Impatti sociali e psicologici

Il bullismo non solo mina la salute mentale delle vittime, causando ansia, depressione e, in alcuni casi, ideazione suicidaria, ma è anche un problema di salute pubblica con costi educativi e sociali significativi. Le vittime spesso affrontano difficoltà scolastiche che possono portare all’abbandono degli studi. In particolare, la pandemia ha contribuito a un aumento dello stress scolastico, peggiorando le relazioni interpersonali tra pari, mentre l’hate speech online, sebbene in lieve calo, coinvolge ancora circa il 38,7% degli studenti.
Confronto con il passato

Negli ultimi cinque anni, il fenomeno si è evoluto. Se da una parte l’esposizione all’hate speech online è diminuita (dal 46,2% del 2020 al 38,7% del 2023), dall’altra i comportamenti basati sul pregiudizio e i casi di bullismo più gravi sembrano in aumento. Questo riflette sia una maggiore sensibilizzazione da parte delle scuole, sia una difficoltà crescente nell’accettazione della diversità in una società sempre più multiculturale. Il fenomeno del cyberbullismo coinvolge l’8% degli studenti, con episodi sistematici che, pur meno frequenti (1,5%), generano profonde ferite emotive.
Parallelamente, la diffusione dell’hate speech online è diminuita rispetto agli anni della pandemia, passando dal 46,2% nel 2020/2021 al 38,7% nel 2022/2023. Tuttavia, il problema resta allarmante, soprattutto considerando l’impatto devastante che queste dinamiche hanno. Per contrastare il bullismo, è fondamentale che le famiglie, le scuole e le istituzioni collaborino per educare i giovani al rispetto e all’empatia, rafforzando le misure di prevenzione e intervento. Ogni piccolo passo, come quello simbolico di Marco, può contribuire a sensibilizzare l’opinione pubblica, dando voce alle vittime e promuovendo un cambiamento positivo.
Un divario di percezione: docenti e studenti

Un aspetto critico emerso dall’indagine riguarda la percezione del fenomeno: solo il 6% dei docenti ritiene che i propri studenti siano vittime di bullismo, un dato che evidenzia una grave sottovalutazione del problema nelle scuole. Spesso gli episodi meno gravi non vengono riconosciuti, creando un clima di impunità e ulteriore isolamento per le vittime.Questa discrepanza evidenzia la necessità di formare il personale scolastico per identificare i segnali di disagio e intervenire tempestivamente, evitando che le violenze si trasformino in traumi a lungo termine.Il cambiamento parte dall’educazione: è necessario insegnare ai giovani il rispetto delle diversità, l’importanza dell’empatia e il valore della collaborazione. Le istituzioni dovrebbero rafforzare le campagne di sensibilizzazione, ma anche introdurre strumenti concreti per prevenire e affrontare il problema.
Revenge Porn: Il Crimine Silenzioso che Devasta le Vittime

Il termine “revenge porn” identifica la diffusione non consensuale di immagini o video intimi, spesso condivisi in contesti privati. Una forma di violenza digitale che, purtroppo, sta crescendo a ritmi allarmanti, amplificata dalla diffusione delle tecnologie e dalla facilità di accesso ai social media. Questo fenomeno colpisce principalmente donne, ma non risparmia uomini e persone appartenenti alla comunità LGBTQ+. Dietro ogni immagine condivisa, tuttavia, c’è una storia personale che viene devastata, un’identità ridotta a un contenuto virale. Le conseguenze del revenge porn vanno ben oltre la sfera digitale. Non si tratta solo di un atto di violazione della privacy, ma di una vera e propria aggressione psicologica e sociale che può segnare profondamente la vita delle vittime.
La diffusione di immagini intime senza consenso genera un profondo senso di vergogna, colpa e impotenza. Molte vittime sviluppano disturbi d’ansia, depressione, attacchi di panico e, nei casi più gravi, pensieri suicidari. Il fatto che i contenuti siano spesso irreversibili – una volta online è impossibile eliminarli completamente – amplifica il senso di disperazione.La vittima viene spesso colpevolizzata o giudicata, anziché supportata. Frasi come “Non avresti dovuto scattare quelle foto” o “Perché le hai condivise?” sono ancora tristemente comuni. La stigmatizzazione può portare all’isolamento sociale, alla perdita di amici, opportunità lavorative e persino alla rottura dei legami familiari.
Ripercussioni legali ed economiche

In molti casi, le vittime devono affrontare lunghe battaglie legali per cercare di ottenere giustizia. Questo comporta non solo stress emotivo, ma anche spese legali elevate. Inoltre, l’impatto negativo sulla reputazione digitale può compromettere le prospettive di carriera e di guadagno futuro.
In Italia, il revenge porn è stato riconosciuto come reato grazie alla Legge 69/2019, nota come “Codice Rosso”. L’articolo 612-ter del codice penale prevede pene che variano da uno a sei anni di reclusione, oltre a sanzioni pecuniarie fino a 15.000 euro. Tuttavia, nonostante l’introduzione di questa normativa, molte vittime si scontrano ancora con difficoltà nel denunciare il reato.
Supporto alle vittime.

Le vittime devono essere messe al centro, con un supporto psicologico, legale ed economico adeguato. Esistono associazioni come la Fondazione Carolina che si impegnano a proteggere i più giovani dalla violenza digitale, ma serve un maggiore impegno da parte delle istituzioni e della società civile. Il revenge porn è un crimine che non può essere ignorato. Colpisce al cuore della dignità umana e dimostra quanto lavoro ci sia ancora da fare per garantire una società più giusta e inclusiva. Combattere questo fenomeno significa affrontare le sue radici culturali, investire in educazione e prevenzione, e dare voce a chi è stato silenziato.
Le vittime non devono essere lasciate sole. Spetta a tutti – cittadini, istituzioni, media – combattere questa battaglia. Perché la privacy e la dignità di una persona non sono mai un compromesso.Il bullismo non è un problema che riguarda solo le vittime: è una questione di giustizia sociale che ci chiama tutti a intervenire. La sfida di Marco Matteazzi, con il suo progetto delle 100 mezze maratone, ci ricorda che il cambiamento è possibile, un passo alla volta.
Il 7 febbraio sarà la Giornata Mondiale contro il Bullismo, la trasmissione “La Voce di E’nordest” ospiterà il Marco Matteazzi l’1° Febbraio 2025, che conferma:”L’ultima sfida che ho affrontato ha motivato molte persone a mettersi in gioco e migliorarsi. Ora, con la sfida delle 100 maratone, voglio andare oltre: questa non è solo una sfida personale, ma un’iniziativa contro il bullismo, un problema che ho vissuto in prima persona per anni. Il bullismo è silenzioso, spesso invisibile, e per tanto tempo nessuno intorno a me si era accorto del peso che portavo”.