Il Trentino e in particolare la Val di Sole sono stati profondamente scossi dall’uccisione del giovane Andrea Papi da parte di un’orsa nel 2023. Ne è nato il comitato “Insieme per Andrea” che ha voluto approfondire ed informare attraverso un convegno tenutosi a Dimaro Folgarida (TN) il 13 gennaio di quest’anno. Nell’occasione abbiamo avuto la possibilità di intervistare per https://www.enordest.it l’antropologo ed esperto di storia e cultura alpina Annibale Salsa.
Professor Salsa, ha parlato dei nuovi miti che fondano la società contemporanea e le conflittualità che ne derivano e che contraddistinguono i vari paesi europei. Come si potrebbe sintetizzare questo pensiero?
“Io direi che il problema va messo in relazione al conflitto delle percezioni e quindi al conflitto delle interpretazioni. La percezione che hanno soprattutto gli abitanti delle città è conflittuale e antitetica rispetto alla percezione che hanno gli abitanti della montagna, gli abitanti dei mondi rurali. Allora, se teniamo presente che l’Italia è un paese a dominanza urbana rispetto a una dominanza rurale montanara, dove la montagna viene idealizzata, diventa il paese di Heidi o il paese delle vacanze.
Allora è chiaro che la conoscenza del territorio montano è una conoscenza molto idealizzata, cioè poco agganciata alla concretezza e questo spiega il modo di interpretare e di considerare quei fenomeni che oggi rappresentano veramente un elemento di preoccupazione. Come questa diffusione incontrollata dei grandi predatori che rischia di compromettere la vita in montagna e di innescare un nuovo processo di abbandono. Quindi tendenzialmente noi siamo in presenza di un fenomeno di questo tipo. È chiaro che in una visione urbano-centrica l’uomo conta poco e conta molto di più l’animale selvatico che viene elevato sull’altare della sacralità. Quindi, in qualche modo, la natura selvaggia viene idealizzata e vista come la quintessenza della naturalità”.
La montagna, e le Alpi in particolare, hanno una grande partita europea che si inserisce nell’orizzonte della sostenibilità, 2030, e del green deal per il 2050. Si giocherà questa partita in una logica urbano-centrica?
“Secondo me l’Italia ha un’arma spuntata che le deriva dal fatto che il retroterra culturale anche dei nostri amministratori, della maggioranza dei nostri governanti, è un retroterra che vede la montagna come luogo di evasione, come spazio ludico e di vacanze, ma non come spazio di vita. E questa è l’inversione. Bisogna portare l’idea che la montagna è uno spazio di vita. E se è uno spazio di vita non può essere trattato come una Disneyland, come uno spazio ludico. Spazio di vita in un territorio difficile, perché la montagna chiaramente è un territorio difficile e chiaramente implica affrontare determinate questioni spinose come quella dei grandi predatori, così come tante altre: la viabilità, la presenza delle strutture sanitarie nelle valli, eccetera.
La montagna deve essere vissuta, abitata, non possiamo museificarla, altrimenti rischia di diventare una area wilderness, ma le Alpi non sono quello. Nel mondo ce ne sono, ma sono quelle di oltre Atlantico: in Canada, in Siberia, eccetera. Ma non nella realtà alpina, che è sempre stata abitata da millenni. E’ questo che non si vuole capire. Allora cosa vogliamo? Vogliamo trasformare lo spazio alpino in uno spazio della wilderness? Non è questa la strada”.
Professor Salsa, quindi viviamo in qualche modo un sogno americano?
“E’ chiaro che è nato come un sogno americano. Il modello wilderness è stato importato da lì, dove c’erano spazi disabitati, dove ci fu poi il processo della rivoluzione industriale molto spinta. Per cui questa difesa della natura selvaggia è stata percepita come una forma di risarcimento morale nell’ottica americana. Quindi il modello anglosassone, che non è il nostro modello, non è un modello europeo, non è un modello germanico, non è un modello mitteleuropeo, non è un modello francese: è il modello angloamericano”.
Come si lega questo approccio alla questione dei grandi predatori e alla vita nel mondo dello spazio alpino e della montagna?
“Il mondo dei grandi predatori è un mondo che fa gioco al disinteresse nei confronti di una montagna abitata. Cioè, chi caldeggia questo tipo di presenze senza controllo, in realtà cosa vuole? Vuole una montagna disabitata, una montagna dove hai il libero gioco, dove puoi mettere le mani sulle materie prime come l’acqua e la filiera del legno, eccetera. E dove non c’è più la popolazione che ti rompe le scatole”.
Professor Salsa, sta dicendo che c’è chi vuole una montagna spopolata, perché fin tanto che c’è la popolazione non ha libero accesso alle sue risorse?
“Certo, sono convinto che ci sia anche questo aspetto. Non a livello generale, ma alcune menti particolari, maître à penser come si suol dire, credo che questi conti li abbiano fatti. Chiaramente se elimino la popolazione, elimino il conflitto, l’antagonismo dell’interesse, quindi elimino la conflittualità. Se c’è una presenza capillare, stabile e diffusa è chiaro che il rischio della conflittualità è presente”.
Professor Salsa, in questo tipo di conflittualità, che ruolo possono avere proprietà estese come i domini collettivi?
“I domini collettivi per fortuna hanno avuto una rivalutazione con la legge del 17 (Legge 20 novembre 2017, n. 168 – N.d.R.). Sembrava una cosa morta e sepolta, invece il legislatore, sulla base anche di studi intelligenti fatti da alcuni giuristi, ha recepito l’importanza anche attuale e contemporanea delle proprietà collettive, che sono proprietà d’uso collettivo, quindi che non seguono degli scopi di mero profitto, ma sono di diritto privato. Quindi essendo di diritto privato in qualche modo aggirano quelli che sono i gangli della burocrazia”.
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Chi è Annibale Salsa: professore di Antropologia filosofica e antropologia culturale all’Università di Genova fino all’anno accademico 2007-2008; Presidente del Gruppo di lavoro “Popolazione e cultura” della Convenzione delle Alpi dal 2002 al 2006; Presidente in carica del Comitato Scientifico Società Trentino School of Management e del Museo Etnografico Trentino di San Michele; Esperto di Cultura alpina in carica presso il Consiglio dell’Università della Valle d’Aosta.
Recentemente gli atti del convegno sono stati pubblicati e possono essere scaricati, compreso l’intervento del prof. Annibale Salsa, al link: https://series.francoangeli.it/index.php/oa/catalog/book/1190
Lo spopolamento dei paesi alti prosegue inesorabile di pari passo con la privazione dei servizi essenziali. La montagna viene depauperata invece di essere aiutata. Cosa possiamo arrenderci a questo punto?
Buongiorno..
Io non abito nelle Alpi ma nell appennino tosco romagnolo, forse un altra realtà ma con diverse cose in simbiosi. Purtroppo qua da noi è un pezzo che è iniziato lo spopolamento e le conseguenze disastrose sotto tutti gli aspetti quasi irrimediabile.