Denis lavora di notte. «Pulisco il pesce, lo incassetto e lo preparo per la vendita, controllo le piovre e alla fine non mi resta che seguire l’ufficio. Faccio da segretaria, ragazza della contabilità, manovale, farmacista, barista, donna delle fotocopie.» La voce narrante del romanzo d’esordio di Diana Chiarin, Le sirene della notte, appena uscito per Mondadori, parla a femminile, perché è una donna con un nome da uomo. Un errore di trascrizione all’anagrafe al momento della nascita.
Doveva essere Denise, ma la “e” si è persa perché, probabilmente «”Ecco un altro delle baracche”, avrà pensato l’impiegato, perché da noi i nomi esotici li danno i poveri, quelli delle case popolari, appunto. Giudecca, il Cep di Campalto, molte zone di Marghera traboccano di Deborahconlacca, Uilliam, Elvis, Maicol e Catia, nomi che spesso hanno subito quasi la stessa sorte del mio, scritti seguendo un’improbabile pronuncia o vedendosi sostituire le grafie corrette con altre proletarie.»
Denis e l’identità
Denis, come altri protagonisti che animano le sue notti, deve fare continuamente i conti con la sua identità. Così come accade al luogo dove vive, Mestre, «una città che non è né carne né pesce e mi somiglia in modo viscerale. Né bella e nobile come la zia di là della laguna, né sintetica e futurista come la regina delle fabbriche.» Un luogo di frontiera a cui non è riconosciuto nemmeno lo status di città. «Per i vecchi veneziani è la campagna, per i turisti è solo lo scalo, è il dormitorio di lusso per chi lavora a Marghera.»
Denis vive di notte e dorme, o meglio, cerca di dormire, di giorno. Durante le pause caffè, o per mangiare un panino, si ferma a un food truck dove incontra Anja, che da Angel si è trasformato in «Anastasìa, che fa rima con fantasia», un transessuale brasiliano dalla vita tormentata dotato di una sensibilità e dolcezza che riesce a conquistarla. Diventerà la sua migliore amica e la sua confidente, finché questa non deciderà, per una volta, di uscire in abiti maschili, complicando notevolmente la loro relazione.
La storia intensa di Denis
Ambivalenza, ambiguità, scissione e difficoltà di accettazione verso ciò che si è percorrono le pagine di questa storia intensa, dura e al tempo stesso attraversata da sentimenti fortissimi e devastanti, ma anche da momenti di anestesia emotiva che portano Denis a scelte pericolose. Il bisogno di sentirsi desiderata, il suo corpo martoriato da metri e metri di cicatrici che hanno dovuto riparare le conseguenze di un intervento di riduzione gastrica per risolvere l’obesità, la inducono a frequentare siti di incontri prima e diversi uomini poi. Il mondo notturno di Denis è popolato di colleghi con i quali non vuole interagire e di amicizie profonde con persone a cui sente di assomigliare: Gaetano/Moira; Antonio, il sessantenne che gestisce il food truck; Yussef, un affascinante immigrato che diventerà uno dei suoi amanti.
Con Selli e Anna, l’amica del cuore e una specie di compagna, con le quali ha un rapporto conflittuale e complesso, sono le relazioni “diurne” di Denis, ma sempre più spesso anche il giorno diventa territorio di Anja, forse l’unica che riesce a comprenderla davvero, ad ascoltarla senza filtri, senza giudicarla mai.
La bravura della scrittrice
Anche la scrittura di Diana Chiarin è senza filtri, riesce a raccontare un ambiente saturo di sofferenza, di vite scisse e lacerate, sessualmente fluide, di pensieri spesso non politicamente corretti ma umanissimi, con una prosa limpida che non ha bisogno di ricorrere ad artifici e che scorre come un fiume, a volte placido, a volte tempestoso e straripante, portando il lettore verso un epilogo devastante. L’autrice riesce a mescolare con sapienza esperienze autobiografiche che le permettono di descrivere nei dettagli, con meticolosità e realismo, il lavoro di Denis, a notizie di cronaca “mestrepolitana” e pura fiction, costruendo un plot avvincente che commuove e fa riflettere.
Piace qui ricordare che il personaggio di Anja è già stato protagonista di un racconto dal titolo La rana, che Diana Chiarin ha pubblicato nell’antologia Di là dall’acqua. Storie di Mestre (Helvetia editrice, 2021), curata da Roberto Ferrucci, recensita a suo tempo su èNordEst https://www.enordest.it/2021/06/27/ecco-perche-oggi-si-deve-raccontare-mestre/. Da quella short story Chiarin ha saputo sviluppare un romanzo fondendo le storie personali di un mondo sotterraneo con la realtà di un territorio complesso che sta dando molto alla narrativa di questi anni, si pensi per esempio ai libri di Giulia Rossi, Francesco Ferracin, Stefano Cosmo.
Diana Chiarin e il “suo” Denis
Diana Chiarin, classe ’69, nata e cresciuta a Mestre (VE), ha lavorato per anni nel settore ittico. Ha frequentato laboratori di scrittura creativa e di editing. Ha pubblicato racconti in diverse antologie. Legge molta poesia, che ritiene una forma di resistenza alla vita, ma è una lettrice onnivora, con una predilezione per i racconti.
Diana Chiarin, Le sirene della notte, Milano, Mondadori, 2024.
Grazie Annalisa. Recensione lucida e diretta.
Uno sguardo che ho sempre amato, il tuo, sulle opere che recensisci.
E grazie per la cura che dedichi alla mia opera.
🙂