Si parlerà anche dei finanziamenti per i lavori nel convegno“Crisi idrica, progetti di potenziamento dell’acquedotto veneziano nello scenario della rete veneta” è il tema dell’evento, promosso dall’associazione Mestre Mia, mercoledì 10 aprile, alle 18,00, nella sede del Museo M9 (via Poerio, Mestre), a cui parteciperanno: Andrea Razzini, direttore generale di Veritas; Massimo Cornaviera, direttore operativo Viveracqua. Moderatore Andrea Biliotti, dell’associazione Mestre Mia.
Direttore Razzini, negli ultimi anni i cambiamenti climatici hanno incluso periodi di prolungata siccità alternati a precipitazioni estreme e concentrate. Come influisce questo scenario sulla gestione della risorsa idrica anche in Veneto e nel Veneziano nei finanziamenti?
“I cambiamenti climatici impongono di pensare e realizzare infrastrutture civili sempre più efficienti o, come si dice, resilienti. Gli acquedotti di oggi, per quanto siano stati molto migliorati, provengono da una progettazione che risale a due secoli fa. Nel nostro futuro dobbiamo pensare, contemporaneamente alla presenza di forti periodi siccitosi, all’interno di un territorio che è già sato definito tropicalizzato. Entrambi gli estremi del problema influiscono sui territori e la loro tenuta: abbiamo quindi bisogno di maggiore sicurezza idrica e anche di sicurezza idraulica. Per gli acquedotti e le comunità servite, significa che non si può contare più sul bacino naturale dei nevai e dei ghiacciai dolomitici, ormai rastremati; nel passato le falde più profonde erano ricaricate con i tempi della geologia da questi serbatoi naturali di acqua, peraltro in grado di filtrarla e arricchirla mineralizzandola”.
Quali sono i cambiamenti strategici necessari in particolare per l’approvvigionamento idrico?
“Nel futuro dovremo pensare di garantire l’approvvigionamento idrico utilizzando maggiormente tecniche di filtrazione (perché anche gli inquinanti emergenti sono una minaccia per l’acqua e la salute) e sfruttare fiumi, falde, invasi, accumuli, serbatoi. E se occorre acque superficiali. Diminuendo e prolungando la vita e il tempo di impiego delle falde profonde che, come detto, hanno la migliore qualità dell’acqua e vanno preservate. Questa impostazione strategica, a noi di Veritas, ha fatto già cambiare lo schema di utilizzo e di progettazione, realizzazione e gestione delle infrastrutture idriche, ormai da qualche anno. Contemporaneamente, per l’area veneziana collocata a valle dell’arco alpino e posizionata su di arco costiero dell’ampiezza di circa 100 km, va completata la realizzazione delle vasche di laminazione e delle idrovore – cosa che interessa sostanzialmente ogni territorio antropizzato a sud delle Alpi e delle Prealpi – per la sicurezza delle città e dei paesi”.
L’area di Venezia, con Padova e Treviso, può ritenersi ancora protetta dagli effetti della siccità, grazie all’interconnessione di tutte le principali fonti?
“Nello scorso decennio, anche grazie ad una lungimirante politica regionale, abbiamo potuto interconnettere tutte le principali fonti di approvvigionamento idrico disponibili nell’ampio bacino, trevigiano, padovano e veneziano. Dove risiedono la maggioranza della popolazione e delle imprese della città metropolitana di Venezia. Chioggia, la Riviera del Brenta, il Miranese, l’area di Mogliano Veneto, la terraferma veneziana e la stessa Venezia godono di un gradiente di sicurezza idrica molto elevato per contrastare periodi siccitosi. Come si ricorderà, nel 2022 non ci sono stati episodi di carenza idrica in questa parte del bacino servito”.
Nell’area della città di Venezia, quali sono gli interventi e i finanziamenti che ritenete necessari realizzare per una sempre più efficace prevenzione degli effetti della siccità?
“Si tratta di reti efficienti, ma anziane che abbisognano di manutenzioni straordinarie. Nuovi schemi di gestione delle pressioni, con inserimento di valvole e sensori consentiranno ai modelli matematici di fare il resto che ci serve. Ovvero di non stressare le reti e allungare le loro vita di un altro secolo.
È in corso anche la realizzazione della nuova vasca di accumulo per la distribuzione dell’acquedotto cittadino e per il nuovo collegamento con Lido, Pellestrina e Chioggia. E, soprattutto, una prima parte di rinnovo delle reti di allacciamento alla città. Stiamo quindi sostituendo una infrastruttura
inaugurata nel 1884 e che sta ancora funzionando egregiamente. Tuttavia, non mancano i segni del tempo. Ed è intuitivo che la programmazione e l’ingegneria di cui siamo dotati lavorino con il necessario anticipo. Rispetto al collasso che le infrastrutture possono dimostrare a causa dell’obsolescenza da cui verranno colpite”.
E per il litorale veneziano, servito comunque da Veritas, a quanto ammontano i finanziamenti per gli interventi ritenuti prioritari?
“Per il territorio litoraneo, occorreranno altri 200 milioni di euro e almeno 10 anni di lavoro (da quando si potrà iniziare) per avere gli stessi livelli di sicurezza idrica.
Allo stesso tempo si devono completare le opere di sicurezza idraulica già avviate (per fortuna finanziate grazie a diversi programmi nazionali o locali che il Comune di Venezia e la Regione Veneto hanno garantito). E lo sviluppo di nuovi sistemi di depurazione, in linea con le politiche europee”.
Per la realizzazione dei progetti qui descritti mancano ancora dei finanziamenti: è così? C’è un appello da fare?
“Come detto, la rete litoranea veneta, che vale da sola almeno 100 milioni, i sistemi di resilienza dei potabilizzatori e delle reti, sono ancora da finanziare. E, approvati dal Consiglio di bacino come progetti prioritari nel piano nazionale della sicurezza idrica (di cui però non abbiamo notizie recenti), sarebbe bene che le urgenze non venissero travolte da burocrazie e lentezze misteriose. Confidiamo che la classe politica locale possa responsabilmente fare emergere queste autentiche urgenze per il futuro del territorio e delle generazioni a venire”.
I Consigli di bacino svolgono una funzione di verifica dell’efficienza dei gestori idrici, ma lei ha affermato: “controlli costanti e pressanti possono rendere sempre più efficienti i gestori, ma nel frattempo potrebbe (paradossalmente) accadere che l’acqua non esce più dal rubinetto, a causa della mancanza delle infrastrutture necessarie”. Ci può spiegare meglio?
“I Consigli di Bacino quindi sono orientati da Arera a verificare se i gestori siano imprese più o meno efficienti. Magari partendo dal dubbio che non lo siano. Introdotti indicatori economici e qualitativi molto aderenti a politiche di “verifica”. Talvolta perché la sfiducia verso i gestori, soprattutto se pubblici, è ancora ben presente nel portato generale collettivo; un grave male, a mio personale giudizio. L’effetto è quello di una verifica continua dell’efficienza del gestore. Stressando questa dinamica, in particolare sul tema investimenti e costi del servizio, potrebbe poi accadere che il gestore sia efficiente e non ci sia più acqua che esce dal rubinetto. Poco importa se in questo caso la tariffa scenda o salga. E questo riguarda anche i finanziamenti.
Speriamo che i cambiamenti climatici allentino la presa sull’impiego di tempo e risorse per valutare i costi operativi e sullo schema degli investimenti. Efacciano capire invece che senza risorse esterne di un certo livello, ed entro un certo tempo, e, senza una tariffa sensibilmente più elevata non si potranno nemmeno garantire i vecchi servizi. Soprattutto in considerazione dell’obsolescenza delle reti e delle grandi sfide del disinquinamento. Di fronte a questi ultimi due problemi, anche quello dell’efficienza energetica o della neutralità energetica per questo comparto, secondo me, dovrebbero passare in un secondo piano”.
Quali sono le strategie adottate con gli altri soggetti del territorio come Viveracqua, consorzio dei gestori idrici del Veneto?
“Viveracqua è un consorzio dei gestori pubblici idrici veneti. E il principale servizio che il consorzio raggiunge è quello di coordinarsi per facilitare le sinergie tra i gestori. Ormai la formula funziona e si raggiungono diverse economie. Oltre che condividere anche alti livelli di qualità di determinati servizi o infrastrutture – come ad esempio i laboratori analitici”.