Buranello doc, 93 anni, Emilio D’Este, vispo e acuto, vive immerso nelle sue 39 folte cartelle di storia del ‘900 che sua nipote Elena Barbaro, ricercatrice CNR ha amorevolmente assembrato, ma che lui continua a mettere in disordine e rimpinguare. Classe 1930 è il simbolo vivente di una Burano che non c’è più. “Quando ero un bambino nell’isola, della nostra età eravamo in 160. Oggi si contano sul palmo delle dita. C’era la scuola elementare perfino a Torcello, a Mazzorbo diverse classi e qualche alunno arrivava da Mazzorbetto vogando alla valesana”. Afferma preciso.
Difficile stare dietro a Emilio, un fiume in piena
Cominciò a interessarsi della sua comunità nel 1946, sotto il sindaco Giovanni Ponti. È l’anno del rinato premio di pittura Scuola di Burano. Un appuntamento internazionale per l’arte. Per decenni ha diretto l’Associazione artistica e culturale di Burano, oggi presieduta dalla nipote Elena.
Nel 1964 si presenta alle elezioni comunali, ricevendo il record di 433 preferenze. Ma preferisce fare il lavoro di tipografo con la ditta Salvagno a Venezia, dove poi diventa il titolare. Con la stamperia conosce personalità come i fratelli Cardazzo della Galleria al Cavallino. Monumento storico della Venezia d’arte del dopoguerra. Con Romano Barbaro, il mitico ristoratore, e con Rino Bassan, continua la sua attività culturale, coadiuvato dal professore di Ca’ Foscari, Guido Perocco.
Insomma Burano come isola vivace dove anni prima Pio Semeghini, Gino Rossi, Umberto Moggioli, Filippo De Pisis, Fioravante Seibezzi, Luigi Scopinich, tutti bohémien parigini, decidono di vivere nell’isola colorata con i ribelli di Ca’Pesaro, doverosamente anti-Biennale.
Emilio D’Este passa in rassegna a tutti i suoi documenti, disegni, ritratti
C’è perfino spazio per la rivista “Al Ponte”, giornalino di Burano che pubblica poesie in dialetto, con termini oggi scomparsi. Poi la rassegna di personaggi buranelli, come Bepi Suà, detto anche Bepi delle Caramelle, al secolo Giuseppe Toselli, artista che dipingeva la sua casa un giorno sì e uno no, come fosse un Mondrian. Oppure Remigio Barbaro, uno dei più grandi scultori italiani che non si mosse mai dalla sua isola. La sua casa di fronte alla laguna da troppi anni dovrebbe diventare un museo. E poi personaggi più umili come Primo Rossi, detto Speccenè, pescatore e regatante degli anni Quaranta e Cinquanta, famoso per aver lanciato alle autorità, durante la Regata storica il maialetto del quarto posto, perché ingiustamente squalificato. Per sua sfortuna colpì il ministro che rappresentava il Governo di allora….Squalificato a vita. Speccenè, secondo le leggende buranelle, pescava il pesce direttamente sotto acqua con la bocca e i cefali tra i denti. E poi Agostino Amadi, il sempre attivo squerariol di barche tradizionali e Aldo Rosso, buranello diventato facoltoso industriale in terraferma, che dispensava medaglie d’oro ai regatanti, come fossero caramelle.
Possibile che Burano abbia una tale carrellata di personaggi? Certo.
Nel 1969 Emilio D’Este fu uno dei promotori del Carnevale di Burano, in pratica il papà del Carnevale di Venezia, diventata poi manifestazione internazionale con Maurizio Scaparro e Aldo Rossi.
Altro ancora tra le 39 cartelle di storia chiuse nella soffitta? La nascita nel 1979 della Voga e Para, manifestazione remiera della laguna nord.
Emilio chiude l’ultima cartella. “La devo ancora collazionare….”.
Il passato come il futuro è ancora suo.