Il 25 novembre 1960 tre donne vennero brutalmente assassinate nella Repubblica Dominicana mentre si recavano a fare visita ai loro mariti in carcere perché dissidenti contro il regime. Su mandato del dittatore Rafael Leónidas Trujillo vennero stuprate, torturate, massacrate con dei bastoni e infine gettate in un burrone con la loro auto per simulare un incidente. Erano attiviste impegnate in prima persona contro la dittatura e a favore dei diritti delle donne. Sono passate alla storia con il nome di battaglia: Las Mariposas (Le farfalle). Erano tre sorelle: Patria, Minerva e Maria Teresa Mirabal.
Un battito d’ali di farfalle può cambiare il mondo?
Sicuramente smuove le coscienze, perché la tragica data del 25 novembre, è diventata un simbolo. Nel 1999 l’assemblea generale delle Nazioni Unite la scelse come Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne.
Non consideriamola quindi una semplice celebrazione, ma un segnale ben preciso. Una data che si inserisce in 16 giorni di sensibilizzazione che arrivano fino al 10 dicembre Giornata internazionale dei diritti umani. Un periodo nel quale in più di cento paesi, gli edifici pubblici e i monumenti vengono illuminati con il colore arancione simbolo cromatico di un futuro senza violenza di genere, è la campagna Orange The World.
In particolare, nel nostro paese si colorano di arancione le Caserme dei Carabinieri e le Questure, un chiaro segnale di assistenza e protezione. Tante le attività, i convegni, le mostre, i flash mob, le maratone, le raccolte fondi per i Centri antiviolenza territoriali. Da sempre i colori lanciano messaggi importanti. Uno dei simboli più usati per denunciare la violenza è stato quello delle scarpe rosse abbandonate in tante piazze, ideato dall’artista messicana Elina Chauvet.
A Venezia nei pressi dell’imbarcadero dei Giardini di Castello è stata inaugurata in questi giorni la Panchina Rossa.
I dati sull’uccisione delle farfalle
I dati sono impietosi, a partire dall’età di 15 anni, una donna su tre nell’Unione Europea ha subito violenza fisica o sessuale, o entrambe. L’invito a tutte le donne: non restare in silenzio in caso di soprusi e prevaricazioni. C’è un numero di telefono al quale rivolgersi: 1522. Si tratta di un numero antiviolenza e stalking, sicuro e gratuito, accessibile per 24 ore al giorno. In questo periodo campeggia anche sui cartoni del latte e su molti altri prodotti negli scaffali dei supermercati.
Ecco i dati del Ministero dell’Interno elaborati dal dipartimento della pubblica sicurezza. Nel periodo che va dal 1° gennaio al 13 novembre 2022 sono stati registrati 261 omicidi con 96 vittime donne, di cui 84 in ambito familiare/affettivo: di queste, 49 hanno trovato la morte per mano del partner/ex partner.
Le farfalle distrutte in ambito familiare
La costante che caratterizza questi drammatici eventi è proprio la violenza in ambito familiare, anche i dati Istat lo dimostrano: il 31,5% delle donne ha subito nel corso della propria vita una qualche forma di violenza fisica o sessuale. Le forme più gravi sono esercitate da partner o ex partner, parenti o amici.
Per dire basta alla violenza, ai maltrattamenti fisici e psicologici non basta certo una giornata, ma il 25 novembre segna un percorso, invita ad uscire allo scoperto in modo che la donna non affronti da sola questa grave emergenza e perché anche gli uomini si uniscano nel combattere certi stereotipi sessisti e tutte le discriminazioni contro il genere femminile.
Anche in queste ultime settimane la cronaca registra episodi efferati che coinvolgono le donne, per questo è importante attuare strategie preventive, ma anche manifestazioni di solidarietà. Così a Bologna torna il Festival “La violenza illustrata – Sconfinate”, che si batte contro gli stereotipi della società patriarcale rivendicando l’autodeterminazione della donna.
Lo scorso 20 novembre a Fano c’è stata una fiaccolata per Anastasia, uccisa a coltellate dal compagno.
Gli appuntamenti
A Venezia molti convegni ospitati dall’Università di Ca’ Foscari: il 25 novembre “Il tempo delle donne. Un tempo per tutte e per tutti?“. Lunedì 28 “La Convenzione di Istanbul e la proposta di direttiva UE sul contrasto alla violenza di genere“.
La giunta regionale del Veneto tra le linee di intervento ha messo in cantiere circa 3 milioni 355 mila euro per gli interventi di prevenzione e contrasto alla violenza contro le donne.
Andrà tutto bene? Forse si. Ma le farfalle rimangono i bersagli più facili
“Andrà tutto bene” si diceva durante la pandemia, saremmo dovuti diventare tutti più buoni, empatici, solidali. Non è servito a niente, anzi per le donne è stato ancora peggio. Nel 2020 le chiamate al 1522 sono aumentate del 79,5% rispetto all’anno precedente. Il tempo trascorso a stretto contatto familiare durante il lockdown ha caratterizzato un aumento notevole di episodi violenti verso le donne e i figli.
C’è un altro dato da non sottovalutare, in generale gli omicidi diminuiscono, ma non quelli nei confronti delle donne. Si chiedono le associazioni: proteggiamo davvero le donne che denunciano?
La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha condannato l’Italia per violazione del diritto alla vita perché le autorità non sono intervenute per proteggere una donna e i suoi figli vittime di violenza domestica, brutalità poi sfociata nell’uccisione di un figlio. Il caso in particolare risale a circa dieci anni fa, ma pone grandi interrogativi su strategie e prevenzione, corretta valutazione dei segnali di pericolo e campanelli d’allarme.
Tra le misure cautelari, ampio il dibattito sul braccialetto elettronico molto utilizzato ad esempio in Spagna, ma non in Italia. Decisamente problematica poi la valutazione dei femminicidi. Spesso il movente viene contestualizzato come un delitto d’impeto, causato da sentimenti come passione e rabbia (condizione che tende a creare attenuanti) mentre è quasi sempre l’atto finale di una lunga sequenza di violenze perpetrate ogni giorno.
Inoltre, sussiste ancora la convinzione da parte di una grande fetta della popolazione maschile e femminile che se accade qualche cosa di grave “la donna se l’è cercata”
La notte ci piace vogliamo uscire in pace, scandivano le donne negli anni ’80. Purtroppo, abbiamo scoperto che il pericolo nella stragrande maggioranza dei casi è tra le pareti domestiche, nella banale e silenziosa quotidianità. Silenziosa perché non tutte vogliono denunciare ed è comprensibile, specie se ci sono dei figli. Un uomo violento tende ad usarli come ricatto nell’eventuale discussione per il loro affidamento.
Tra le tante mostre e iniziative, vorrei anticiparvi la recensione di un evento espositivo che stavo preparando per il prossimo numero, indubbiamente in tema con questa giornata e organizzato presso la Domus Civica di Venezia. “A Decorated Woman”di Myra Fiori.
Tante storie di farfalle
Artiste, scienziate, attiviste, premi Nobel, icone pop, tutte donne che hanno cambiato il corso della storia ritratte sotto forma di illustrazioni fotografiche con centinaia di strati digitali sovrapposti, un effetto magico e sorprendente. Tra loro, Malala la giovane pakistana promotrice dello studio per le giovani donne, Hedy Lamarr attrice e scienziata impegnata contro il nazismo. Tante storie di donne da osservare passando davanti allo studentato femminile della Domus Civica, dentro cui sorge D3082 art gallery un contenitore artistico che organizza sempre mostre di grande effetto. Uno spazio innovativo con ampie vetrate dove le opere diventano fruibili da tutti e parte integrante dello spazio urbano. La domus Civica oggi è un habitat universitario ma ha una storia centenaria, ha accolto negli anni tantissime ragazze in difficoltà e donne prive di mezzi di sussistenza.
Paola Volpato
Tra gli appuntamenti: la mostra a Forte Mezzacapo a Mestre con i ritratti delle vittime di femminicidio realizzati dalla pittrice veneziana Paola Volpato, allestita con “l’Associazione dalla guerra alla pace”. L’impatto è straordinario e commovente al tempo stesso: ritratti in bianco e nero sulle pareti del vecchio forte militare, con tutti i nomi delle donne uccise; poi due sale con i disegni originali e nel corridoio 18 lastre con grandi ritratti su lastre “sonore”. Un messaggio che parla a tutti e mostra la nuda realtà.
Chiudiamo con una citazione di Malala Yousafzai che al momento è la più giovane vincitrice del Nobel per la Pace conseguito nel 2014
“Che sia l’ultima volta che un bambino o una bambina spendono la loro infanzia in una fabbrica.
L‘l’ultima volta che una bambina è costretta a sposarsi.
Che sia l’ultima volta che un bambino innocente muore in guerra”.
Dott.ssa Elisabetta ha fatto molto bene ad occuparsi della Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. Sentendo ogni giorno fatti di cronaca italiana con numeri così alti di fatti gravissimi contro le donne mi chiedo come possa ancora accadere tutto questo? La citazione e il ricordo delle Signore Patria, Minerva e Maria Teresa Mirabal è doverosa, la loro vicenda fu terribile; purtroppo ci sono tante altre violenze che sfuggono all’ideologia, agli schieramenti, azioni minori, nate da una gelosia o motivazioni pretesto ingiustificabili. Però vorrei riflettere su un dato; cioè dall’affermazione che una donna su tre nell’Unione Europea ha subito violenza fisica o sessuale, o entrambe. Questo vuol dire che un uomo su tre ha compiuto queste ignobili azioni. Però io non mai usato violenza verso le donne, così come i miei amici, allora presumo che queste azioni siano condotte, tanto per rispettare il dato della media, da un numero ristretto di persone con azioni reiterate. Tutto questo per dire che al primo segnale di violenza verso una donna converrebbe punire severamente solamente chi minaccia, chi compie già piccole azioni. Invece dopo il primo schiaffo si lascia vivere insieme vittima e carnefice, come se nulla fosse accaduto. Quante vittime erano andate decine di volte al pronto soccorso per medicare pugni e altre violenze. Bisogna cambiare la legislazione ed essere più severi con pene sicure verso uomini violenti, già ai primi segnali. Prima di tutto allontanare dalla vittima il potenziale aggressore, poi al primo episodio carcere vero, senza sconti.
Ho letto il tuo articolo e condivido le tue idee. La cosa che mi fa più male è il pensare che c’è chi dice che le donne ” se la vanno a cercare” . È questa la ignobile scusa che sventolano gli uomini. Che vergogna! Si danno da soli il titolo di incapaci. Quando si dice che si comportano come bestie, sono le bestie ad essere offese.