A Mestre, luogo problematico all’ombra prestigiosa di Venezia, si nota in questo periodo un crescendo di attenzione alla città non solo come urbs ma anche come forma urbis: in altre parole, sui social si dibatte in parallelo sul suo ruolo ma anche, oggi, sulla sua immagine. Si sta sviluppando in città un confronto che l’Anonimo semplifica così: le idee più fresche riguardano le Porte della città, ovvero dei simboli che indichino ai cittadini e ai foresti le dimensioni dello spazio urbanizzato (che è storia). All’Anonimo aprono i ricordi: penso al progetto inedito dello scultore Toni Benetton, una struttura in ferro corten che emergeva direttamente dal suolo e si inarcava per 20 metri nel cielo, visibilissima (nelle intenzioni) era immaginata come, appunto, Porta della città, collocata fra laguna e terraferma. Idea colossale, propria dello stile Benetton: ma nessun sponsor l’ha mai fatta vivere. Peccato, era un bel sogno. Sempre a proposito di immagine, si parla di grandi pareti condominiali da affidare all’estro decorativo dei nostri artisti (murales narrativi); il che significa che avremmo una città “illustrata”, ravvivata dai colori e dalle figure d’invenzione. Non sarebbero una novità assoluta: il precedente storico più remoto è nel Medioevo, quando a Treviso e Padova, per fare due esempi vicini, c’erano le facciate affrescate di tanti palazzi: città dipinte, uguale bellezza comunitaria.
Burocrazia d’antan

“La burocrazia è il cancro dell’Italia. Ogni volta che respiri, aumenta di una unità la sterminata schiera dei gratta scartoffie, aumenta un tavolino sul quale si accumulano le pile delle carte da ‘evadere’. E, corrispondentemente, aumentano le marche, i timbri, le legalizzazioni, i permessi, le autorizzazioni, i controlli”.
Ernesto Rossi
Dal Breviario di un liberista eretico (Rubbettino, 2014)
Anche noi, anche noi
Si potrebbe dirlo con un giro di parole, ma quelle giuste sono tre, e non mentono: siamo in guerra. Nel senso che il nostro aggressore continua a falcidiare la nostra popolazione anche quando si sperava in una tregua favorita dal solleone. L’invasione dura ormai da quasi tre anni e sono tornate le sirene e sono saliti i numeri dei decessi. Il nemico è qui, non ai confini dell’Europa, e ha un nome nuovo nella serie dei virus. Gli ospedali tornano ad essere allarmati e tanti di noi sono tornati a chiudersi in case che, dall’esterno sembrano disabitate. Ci abita, invece, la paura del contagio (in crescita), questo veleno volatile e vischioso nell’anima che si insinua nei pensieri, di giorno e di notte e “non finisce di accompagnarci e assediarci (E. Borgna, psichiatra). Paura e calura sono di guardia agli appartamenti sigillati.

Non è tempo di vacanza per tutti: infatti ci sono stagioni che si possono “comperare” e, potendo, usare a nostro vantaggio. Lo possono fare quelli che dispongono di tre valori acquisiti: età, reddito e salute: così pensa il mio generoso Cavalier Vax che cerca di proteggere i più deboli dal nefasto “ritorno” del virus che tanti fra noi proclamavano vinto o almeno costretto alle corde. Detto schiettamente, l’invasore virale non la fanno o subiscono tutti allo stesso modo: la campagna d’estate moltissimi la fanno sul fronte… balneare. “E’ la vita, cosa credevi?”
Epitaffi di guerra

(poesia)
Fossa comune
“Perché siam morti – avete udito?
Perché i nostri padri han mentito”.
Il raffinato
Siccome ero un tipo delicato, la latrina sdegnai
di tutti. Mi videro di lontano, ci lasciai…
la pelle: c’è da ridere? Ho pagato.
D’aver voluto vivere come avevo sognato.
Uguaglianza nel sacrificio
- “Io ero possidente”. B. “E io nullatenente”.
(insieme) “Che desti tu in meno o in più?”
Il codardo
Non potevo guardare la Morte, lo avevo dichiarato,
mi condussero a lei tutto solo e bendato”.
Rudyard Kipling
Da Poesia straniera del Novecento 1958