Difficile non innamorarsi del lavoro di Marie Malherbe. La sua ricerca inesausta sulle fonti, la resa pittorica preziosa nelle opere, ne fanno assolutamente un unicum nel panorama estetico europeo. Il termine arte sacra le va stretto, Marie ha dei connotati spirituali che derivano da una cultura profonda, dalla conoscenza dei testi che, concettualmente, hanno definito la concezione monoteista dell’Occidente. Quello che restituisce al pubblico è altrettanto importante. La storia delle nostre radici, le storie di ciascuno si trasformano in pura poesia, nelle sue atmosfere sognanti, non solo per scelta estetica. Sono gli occhi di Marie, gli occhi nelle mani che cesellano le risposte, a restituirci tutto il fascino del racconto biblico.
Marie e l’estate
Il periodo giusto per incontrare questa artista è, più spesso, d’estate, a Venezia, quando espone in una galleria del campiello delle Scole, in Ghetto Vecchio. Ed è una continua scoperta.
Chi è Marie
Marie Malherbe, nata a Nizza nel 1975, è una studiosa ed un’artista poliedrica. Dall’École des Beaux-Arts di Ginevra è passata, poi, a Parigi, dove ha studiato scultura, ma si è anche laureata in matematica all’Université Pierre et Marie Curie e in storia alla Sorbona.
L’amore per Venezia
Nel 1996 vince una borsa di studio per un Master in Storia Bizantina all’Università Ca’ Foscari di Venezia. È amore a prima vista: in laguna, studia incisione con Nicola Sene al Centro Internazionale della Grafica e partecipa a diversi progetti dell’atelier Venezia Viva e di Amor del Libro.
Marie tra Venezia e Vienna
Nel 2003 crea il proprio studio a Vienna, ma a Venezia continua a tornare, specie in Ghetto: l’impegno delle sue ricerche su tematiche ebraiche dà sempre nuovi frutti. Marie ha consolidato, nel tempo, una buona fama: il suo lavoro è stato selezionato nel 2015 per l’apertura del Padiglione Photissima nell’ambito della 56° Biennale di Venezia, nel 2016 per l’installazione site specific per il Duomo di Treviso dedicata al Giubileo; a Palermo per la Biennale Internazionale d’Arte Sacra, per il Padiglione Abramitico nel 2016 e nel 2018.
Marie e la sua anima spirituale
Tutte opere, sia di piccolo che di grandissimo formato, create per luoghi di forte risonanza spirituale. Eppure non c’è alcun intento didascalico nel suo lavoro. Piuttosto una sensibilità incantata, il desiderio di trasformare il mondo attraverso la bellezza. Un linguaggio, dal bizantino al barocco, che solo apparentemente richiama i voli di Chagall, ma agisce piuttosto con la specificità dei simboli, con la logica di un’equazione di purezza, l’esegesi che va in profondità.
L’esposizione
Così è anche per quest’ultima esposizione, tutta dedicata al Cantico dei Cantici, lo Shir ha Shirim della tradizione ebraica. Opere che bruciano, queste di The Grace of Love di Marie Malherbe, esposte per tutto luglio all’IMAGO ARS Gallery di Cannaregio. Piccoli scrigni incandescenti per un testo d’inusitata carnalità. La forza dell’elemento femminile, il tripudio della natura fanno spazio ad una linea nascosta, inesprimibile, talvolta difficile da contenere. La verità, nelle tele di Marie, emerge implacabile.
Perché il Cantico
Il Cantico non è opera lieve, serena. Vi si scrive che l’Amore è duro / Come la Morte; la luce è iperdefinita, ma la consistenza è di roccia. L’impulso, l’impeto vitale sono persino temibili, nel dichiarare quella passione totale, quell’amore omnicomprensivo.
L’artista procede luminosa, ma non perde mai di vista il codice dei versi. È la materia «molto buona e bella» come sostiene Genesi 1, 27 e 31, ma cela anche qualcos’altro. Esiste l’intesa perfetta, ad immagine di Dio, in cui l’immagine amorosa è sospesa in un Presente senza ombre, eppure si scorge un desiderio più alto, più complesso dell’immediatezza sensuale.
Marie abbandona, nel suo lucidissimo sogno, il piano oggettivo
Al di là dell’interpretazione, al di là di ogni mimesi raffinata – che sono, da sempre, cifre del suo percorso formale ed intellettuale – ciò che colpisce è la trasfigurazione del racconto, la scelta della chiave giusta per accedere al mistero. L’epifania del senso di ogni cosa: la gioia, ma anche il dolore, la morte. Incredibile parlare di morte, nei giardini di Marie, eppure i segni ci sono tutti, perché non esiste vita che non conosca fine; è la finitezza umana che si canta, di fronte alla perfezione divina. Il resto è meraviglia, affido totale, fede.
The Grace of Love
Opere di Marie Malherbe
Luglio 2022
IMAGO ARS Gallery
Campiello delle Scole, Cannaregio 1145, Venezia