“Crede” è il toponimo di una località che si estende a Portovecchio. Pochi chilometri dalla città di Portogruaro, in provincia di Venezia, e dal Friuli Venezia-Giulia e significa, nel dialetto veneto-friulano, creta, argilla. Qui, nel 2018, hanno deciso di stabilirsi Filippo Baracchi e Cecilia Irene Massaggia, autori del libro Maledetta zappa. Due millennial prestati all’agricoltura, Milano Atraeconomia, 2022 (primo libro della nuova collana Storie). Nel quale raccontano la loro esperienza di creativi che si sono reinventati trasformandosi in agricoltori.
Al lavoro con la zappa


Negli anni ‘50 del secolo scorso i nonni materni di Filippo avevano acquistato quest’area agricola urbana, collegata con il tessuto cittadino, “un territorio marginale, (vent’anni più tardi) squassato dall’autostrada, eppure naturale e spontaneo”. E “Le Crede” diventa così il nome dell’azienda, la nuova avventura dei due autori (https://www.facebook.com/LeCrede/). Una scelta coraggiosa, e profondamente ecologista: cambiar vita per valorizzare un territorio e la sua biodiversità.
Una coppia unita da una zappa?
Filippo e Cecilia, che da diversi anni fanno coppia nella vita e nel lavoro, sono due intellettuali che si sono conosciuti grazie alla loro passione per il cinema, a un corso-concorso sul cortometraggio che il Centro Culturale Candiani aveva organizzato nel 2004. Insieme hanno creato l’associazione culturale “Settimo binario”, hanno ideato rassegne cinematografiche, laboratori didattici produzioni video, ma ad un certo punto hanno deciso di cambiare completamente vita e di stabilirsi in quella proprietà di famiglia che anticamente era condotta a mezzadria dove “i campi e il vigneto si allargano attorno alla casa colonica risalente ai primi del Novecento”.
Nei campi


Del resto, pensano, anche se non hanno nessuna esperienza, “lavorare nei campi significa far funzionare il cervello, provare ad applicare all’agricoltura schemi mentali e operativi mutuati da altri settori, sfruttare la curiosità, ascoltare uno sguardo vergine sulla materia, fare domande, studiare, parlare con le persone, trovare un modo efficace e etico per valorizzate le risorse di cui si dispone e possibilmente metterle a sistema” (p. 19-20).
L’esperienza
Questo libro, concepito e scritto durante la pandemia di Covid19, raccoglie la loro esperienza e le loro riflessioni in un percorso autobiografico che affronta moltissimi temi: da come arredare gli interni dell’abitazione rurale a come produrre composte; da come si crea un orto a come si organizza una giornata in campagna e come si gestisce un vigneto. Ma nel loro racconto entrano anche aspetti di diverso genere come la burocrazia legata a questo settore produttivo (p. 106), la difficoltà (o per meglio dire l’impossibilità), per una piccola realtà come la loro, di accedere ai contributi statali e regionali o di ottenere incentivi fiscali.
Usando la zappa


E lavorando la terra si ritrovano a riflettere sulla diversa percezione dei ruoli di genere (pp. 98-193): la donna viene vista come una “contadinella”, mentre l’uomo è un “coltivatore” e la differenza è notevolissima. L’immagine di una figura femminile che lavora nei campi, definita in questo modo, restituisce l’immagine “di un’ingenua di cui ci si possa prendere gioco”, mentre la figura maschile viene vista come qualcuno di competente, un tecnico capace di guidare trattori e trebbiatrici. Diventa quindi importante anche lottare contro questi stereotipi, ancora duri a morire.
Tra coltivazione e pandemia
Ma l’esperienza di inventarsi agricoltori, nel racconto di Cecilia e Filippo, non è certo una questione bucolica (o meglio sarebbe dire georgica) tra due persone, perché ben presto diviene a loro chiaro che, occupandosi del vigneto, è necessario un lavoro di squadra che darà l’avvio ad una collaborazione con un agronomo e un enologo (p. 122).
La contingenza pandemica, poi, dà modo di riflettere anche sulle sue conseguenza nel settore dell’agricoltura, e non solo sulla quotidianità dei due autori, che devono giocoforza cambiare le loro abitudini, soprattutto in merito alle spese alimentari, ma non solo (p. 132 e segg.).
Fare esperienza con la zappa


In questa esperienza, insomma, Cecilia e Filippo continuano a fare ciò che hanno sempre fatto: osservano e studiano. E rischiano, consapevoli che “lavorare nei campi non è conoscere a menadito tutti i nomi degli attrezzi da montare sul trattore, né rinunciare alla bellezza per perseguire la fatica”.
Perché essere agricoltori non è solo fatica, appunto, ma anche capacità di risolvere problemi, proprio come è tipico di una professione intellettuale.
Gli autori
Filippo Baracchi (Venezia, 1983) giornalista e critico cinematografico, ha lavorato come consulente, organizzatore e esperto di media in vari contesti, non solo italiani. Ha pubblicato “Cambiamo Programma” (2014), “Il mio primo cane: diario di come amare un animale” (2019).
Cecilia Irene Massaggia (Dolo VE, 1985) è regista e scrittrice. Diplomata in regia al Centro Sperimentale di Cinematografia, ha diretto documentari, spot e progetti indipendenti. Ha lavorato nel reparto produzione di film italiani e internazionali.
Filippo Baracchi, Cecilia Irene Massaggia, Maledetta zappa. Due millennial prestati all’agricoltura, Milano, Altraeconomia, 2022.