C’è un palazzo a Venezia affacciato su una delle curve più belle del Canal Grande. Visto dal ponte dell’Accademia si inserisce nell’incantevole prospettiva della città che arriva fino alla Basilica della Salute. Altrettanto scenografiche le sue finestre neogotiche sempre illuminate dal sole. L’ingresso in Campo Santo Stefano porta ad un giardino che sembra sospeso sull’acqua. È la meraviglia di Palazzo Franchetti. Da tempo rappresenta una vera sorpresa per gli amanti dell’arte, dalle avanguardie storiche, all’attualità, con nomi che sono pilastri del Novecento: Magritte, De Chirico, Morandi, Delvaux, Severini, Klee. In questi giorni Palazzo Franchetti torna al centro dell’interesse con una nuova esposizione: “Massimo Campigli e gli Etruschi – Una pagana felicità”. Mostra che parte dalle parole del maestro, uno dei più rappresentativi del Novecento. Visitando nel 1928 il Museo Etrusco di Villa Giulia a Roma, Campigli rimase folgorato dalle opere e scrisse: “Nei miei quadri entrò una pagana felicità tanto nello spirito dei soggetti che nello spirito del lavoro che si fece più libero e lirico”. Nasce così l’anima etrusca dell’artista, nel pieno della maturità stilistica.
La mostra di Campigli
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Una fusione perfetta tra la potenza espressiva dell’affresco e l’autenticità del colore primordiale, con quelle sfumature tenui che sembrano arrivare dalle più antiche civiltà del Mediterraneo. Dalla figura femminile (che in Campigli riveste un ruolo fondamentale) alle anfore, ai gioielli, agli animali. Autentica gioia per gli occhi, una felicità condivisa anche dallo spettatore.
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Campigli e gli etruschi
Le opere sono affiancate a reperti della civiltà etrusca, alcuni inediti ed esposti per la prima volta grazie ad un importante lavoro della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per la provincia di Viterbo e l’Etruria Meridionale. Molti pezzi provengono da operazioni di recupero di materiale archeologico anche da famosi musei internazionali (come l’anfora policroma restituita dal Getty Museum di Malibu).
Chi era
Una vita da romanzo quella di Massimo Campigli, molto legata alla città lagunare. Nel 1943, per fuggire ai bombardamenti di Milano, si reca a Venezia con la moglie in attesa di un bimbo. Ad ospitarli sarà il poeta Diego Valeri nella sua casa di Dorsoduro.
La vita
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Ammirare Campigli in questi giorni assume anche un valore simbolico: l’artista scompare infatti il 31 maggio del 1971 esattamente cinquant’anni fa. Era nato a Berlino nel 1895 e il suo vero nome era Max Ihlenfeldt . Dall’infanzia a Firenze, alla guerra. Nell’agosto 1916 viene fatto prigioniero e rinchiuso in una fortezza a nord di Vienna. Riesce a fuggire e raggiunge Mosca dopo aver attraversato Ungheria, Moldavia e Ucraina. Tornato in Italia gli viene concessa la cittadinanza italiana per valor militare. Uomo di grande cultura si muove agevolmente tra arte e letteratura.
Nel 1919 viene inviato come corrispondente a Parigi dal Corriere della Sera. Inizia la sua passione per l’arte, fa il pittore di giorno e il reporter di notte.
Nel ‘27, lascia il Corriere per dedicarsi interamente alla pittura formando il gruppo: “I sette di Parigi” detto anche “Italiens de Paris” un sodalizio che annovera De Chirico, De Pisis, Severini. Un periodo prolifico per l’arte italiana, che si confronta e scontra con l’altrettanto grande sorella francese: cubismo o futurismo?
Poi arriva il fatidico incontro con l’anima etrusca, la pittura di Campigli si avvicinerà sempre di più alla tecnica pittorica dell’affresco, uno stile senza tempo entrato nella storia dell’arte moderna del Novecento.
Il genio di Campigli
Come sottolinea il curatore della mostra Franco Calarota, “A partire dalla famosa visita al Museo Etrusco di Villa Giulia a Roma nel 1928 si assiste a una sorta di ritorno a una purezza primordiale nell’arte di Campigli, a un sapore antico fatto di colori tenui come dipinti ad affresco così simili a come il tempo ci ha restituito le immagini etrusche, di forme plasmate secondo il disegno di statue votive o di anfore, di figure femminili con busti a clessidra che si astraggono in immagini atemporali”.
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Alla scoperta degli etruschi
La mostra di Palazzo Franchetti, si avvale della supervisione di Alessia Calarota e di un comitato scientifico che ha individuato assieme alla Soprintendenza i preziosi reperti etruschi. L’arte di Campigli rivela al visitatore una profonda originalità, vive tra antichi splendori e attualità in una dimensione di quiete imperturbabile, “un romanzo etrusco”. Se l’arte dei grandi appare imperturbabile, la vita vera non lo è quasi mai. Avventurosa, inquieta e felicemente pagana quella di Massimo Campigli. Dopo la mostra a Palazzo Franchetti, consiglio una passeggiata fino alla fondamenta dei Cereri a Dorsoduro, verso la casa dove Diego Valeri ospitò l’artista e la sua famiglia durante la guerra.
Campigli in una poesia
Sulla facciata troverete una lapide con i versi stupendi della poesia “Calle del Vento”.
Qui c’è sempre un poco di vento
a tutte l’ore, di ogni stagione
un soffio almeno, un respiro.
Qui da tanti anni sto io, ci vivo.
E giorno dopo giorno scrivo
il mio nome sul vento.
Diego Valeri
Massimo Campigli e gli Etruschi
Una pagana felicità
ACP – Palazzo Franchetti, Venezia
23 maggio – 30 settembre 2021
Ph. Francesco Gattuso
Non conoscevo le origini tedesche di Campiglio!
Grazie Elisabetta!
Informare è semplice..di pochi è il dono di suscitare curiosità attraverso l’informazione che si dà ..facendo trapelare la propria passione e l’amore x l’arte in tutte le sue forme. Complimenti Elisabetta
Bellissima presentazione. Mi ha riportato indietro di una cinquantina di anni, quando, poco più che ventenne, ebbi l’occasione di passeggiare
con due dei personaggi citati.
Dott.ssa Elisabetta Pasquettin anche questa settimana ci ha fatto conoscere, con la sua scrittura agile, raffinata e piacevole, una pagina di cultura veneziana e nazionale. Il palazzo Franchetti ospita questo artista tedesco, ribattezzato Massimo Campigli, diventato pienamente nazionale, con opere che rimandano alle civiltà italiche. Anche questa amicizia con Diego Valeri e Gino Severini ci rimanda alle avanguardie del primo Novecento. Complimenti e interessante come sempre.
L’accostamento tra il pittore Campigli che trova una soluzione precisa nell’incontro con l’arte etrusca unendo il mito e realtà quotidiana con il poeta Valeri che associa la contemplazione paesistica a un taciuto pessimismo ci fa riflettere e meditare in un mondo tecnologicamente avanzato ma avaro in valori e sentimenti… mi è piaciuto
Della mia passione per l’arte in genere ma soprattutto per la pittura credo che tu, cara Elisabetta, lo sappia da tempo. Ciò nonostante con i tuoi articoli pieni di inesauribili notizie particolari mi avvinci ogni volta.
Continua così com messaggero veneziano di curiosità d’arte e non. Grazie per la tua opera di alto livello.
Bravo Campigli molto originale, dove saranno ancora le sue mostre in Italia?