Nascere a Venezia che festeggia 1600 anni dalla fondazione, non è solo un privilegio, è una lotta per la sopravvivenza in una città che oggi vive sospesa tra l’invasione di massa e la solitudine del lockdown. Tempo fa un turista sul Ponte di Rialto chiese: “scusi dov’è l’uscita?” Come suonano profetiche quelle parole inappropriate. Per quelli che non vogliono uscire, propongo un itinerario tra gli angeli, il cielo è ancora sgombro e possiamo volare in piena sicurezza.
In volo con gli angeli
Gli angeli hanno un legame prioritario con la città e i suoi natali. La data del 25 marzo, è la stessa in cui l’Arcangelo Gabriele entra in casa di Maria e le annuncia che concepirà il figlio di Dio. Sulle tracce di Gabriele iniziamo il viaggio.
25 marzo 421, una data che non trova armonia tra gli storici, per qualcuno si tratta in parte di tradizione mista a leggenda. Per altri un simbolo convenzionale, atto politico elaborato in seguito. Indubbiamente il periodo in questione, caratterizzato da un continuo assalto dei barbari, provocherà un grande flusso migratorio di veneti che in fuga dalla terraferma cercheranno rifugio negli isolotti della laguna. A San Giorgio c’è un prezioso manoscritto su questa ipotetica nascita. È comunque bello pensare che l’origine di tale meraviglia sia ancora avvolta nel mistero.
La mia partenza per i 1600 anni
Fotogramma di partenza del mio viaggio, dal luogo simbolo per eccellenza: la chiesa di San Giacomo di Rialto, popolarmente nota come “San Giacometo”, considerata il più antico edificio di Venezia, la data della consacrazione 25 marzo coinciderebbe con quella della fondazione.


In realtà risale al XII secolo, straordinario il porticato gotico trecentesco. La facciata è disegnata dal caratteristico quadrante in pietra dell’orologio che scandiva le attività del mercato, capolavoro rinascimentale perfettamente funzionante, con i numeri romani incisi nella pietra d’Istria, l’asta e i raggi dorati.
Qualche anno fa, un forte vento danneggiò un raggio d’oro, oggi tornato a splendere dopo il restauro. E’ un luogo magico della città, ricordo di aver intervistato qui il grande Pietro Mennea in occasione di un evento sull’acqua pubblica. Era l’anima economica della Serenissima, qui si tenevano trattative commerciali, attività bancarie, pubblicazioni dei proclami ufficiali, ce lo ricorda bene un’iscrizione latina sull’esterno dell’abside, in genere poco osservata: “Intorno a questo tempio sia equa la legge del mercante, giusti i pesi e leali i contratti”.
“Venezia 1600”


Questo l’incipit di una giornata che nonostante la zona rossa è stata di festa, scandita dal suono delle campane a distesa, da eventi e cerimonie in gran parte virtuali, causa Covid, dirette televisive con i saluti del Presidente Sergio Mattarella e il concerto del Gran Teatro La Fenice. Confermate due aperture tanto attese: Biennale Architettura e Salone Nautico.
“Una chiamata generale rivolta a tutti coloro che amano la città e vogliono, anche in questa occasione, omaggiare la storia ed i valori di Venezia ha commentato il sindaco Luigi Brugnaro, in questo percorso, che ci accompagnerà fino al 25 marzo 2022.
“Non esiste vento favorevole per il marinaio che non sa dove andare”, ha detto il Patriarca di Venezia Francesco Moraglia citando Seneca nell’omelia in Basilica, aggiungendo “Venezia deve essere viva”.
1600 anni al suono delle campane
Il suono delle campane a distesa è la colonna sonora del mio viaggio tra gli angeli e i simboli di questa città. Cerco anche di leggere la storia di Venezia attraverso gli eventi disastrosi, un modo per sentirsi sul set di “Ritorno al futuro”, con il protagonista che conosce esattamente l’ora in cui si abbatterà un fulmine su un edificio, ma io non ho la possibilità di intervenire sul passato come Michael J. Fox.
In cambio vi racconto cosa scriveva il celebre diarista Marin Sanudo a proposito di uno spaventoso incendio che nel 1514 distrusse quasi tutta la zona realtina, risparmiando solo la chiesa. “Solum restò in piedi la chiesia di San Giacomo di Rialto coperta di piombo qual era in mezo dil fuogo, e ita Deo volente si preservò. La qual fu la prima chiexia edificata in Venetia dil 421 a dì 25 Marzo, come in le nostre croniche si leze”.
Il primo angelo a 1600 anni di distanza
A pochi passi da San Giacometo, sul ponte di Rialto, troviamo il primo angelo. La pandemia svela dettagli in pietra che spesso non vediamo o non possiamo fotografare agevolmente. Ora si vedono perfettamente, sono i gruppi scultorei dell’arcata sud: a sinistra l’Arcangelo Gabriele a destra la Madonna e al centro una colomba, in genere sempre nascosta dai tendaggi relativi a mostre ed eventi in città. Pochi ci fanno caso ma è la chiara rappresentazione allegorica dell’annunciazione avvenuta il 25 marzo che trova il parallelo con la data della fondazione di Venezia.
Nel suo leggendario tour, per me una bibbia, Goethe aveva l’abitudine di salire sul punto più alto della città per avere una visione armonica dell’insieme, non a caso lo troviamo sul Campanile di San Marco il 9 ottobre del 1786: “Verso sera son salito sul campanile di S. Marco: avendo già veduto dall’alto le lagune nell’ora dell’alta marea in tutta la loro imponenza, ho voluto vederle anche nel loro più dimesso aspetto, nell’ora del riflusso…è sorprendente, infatti, vedere apparire da per tutto la terra ferma, dove prima non era che specchio d’acqua”.
1600 anni e un angelo sul campanile
Sul Campanile che con i suoi 98,6 metri è tra i più alti d’Italia, svetta pieno di luce dorata l’Arcangelo Gabriele. Girabile sul proprio asse, segnala la direzione del vento.
Marin Sanudo racconta di una grande festa per l’innalzamento della statua il 6 luglio del 1513, al plauso del popolo, “mentre dall’alto del Campanile spandevasi in piazza gran quantità di latte e vino, come segno di gran giubilo”. Era una grande statua in legno rivestita di lamine in rame, in origine alta 5 metri. Troppi per sostenere le ingiurie del tempo. Nel giro di pochi anni si presentarono problemi di staticità e deterioramento, fulmini e terremoti completarono l’opera.


Più volte sostituito nel corso dei secoli, il 30 luglio del 1822 torna gloriosamente sulla sommità, senza immaginare la catastrofe incombente: è il 14 luglio del 1902, un fragore assordante, una polvere densa copre tutta la città. Stupore e disperazione: Il campanile di San Marco non esiste più, è crollato. Domanda: si poteva evitare questo immane disastro? Probabilmente sì. Straordinario il racconto di Enrico Ricciardi, scrittore e regista. Suo nonno, Vittorio Fassioli, fu uno dei pompieri accorsi poche ore prima per tentare un’ultima imbragatura del campanile che dava segni evidenti di cedimento. Si adoperò invece per far sgombrare la piazza e i dintorni. Anche grazie a questo intervento il terribile crollo non causò vittime. Enrico Ricciardi ha realizzato in occasione dei 100 anni della caduta, uno spettacolo al Teatro Malibran.
La storia del Campanile e del suo angelo


Nel corso delle sue ricerche aveva trovato una preziosa Strenna edita nel 1903 dall’Opera Pia Educatorio Rachitici Regina Margherita di Venezia con sede all’Angelo Raffaele che, per raccogliere fondi, pubblicò una raccolta di testi poetici, apparsi immediatamente l’indomani dell’avvenimento su giornali, riviste, cartoline, opuscoli, scritti da persone di categorie sociali diverse. Dall’illustre letterato all’umile popolano. Per l’occasione ripubblicò il testo con la prefazione del grande professor Bruno Rosada.
Ma la cosa più stupefacente è la scoperta fatta da Ricciardi. Si tratta di una storia poco nota, quella di un anziano capomastro della Soprintendenza, Luigi Vendrasco che già da una decina d’anni andava ripetendo che il Campanile sarebbe crollato se non ci fossero stati interventi per consolidarlo. Non creduto, si dette da fare scrivendo a varie personalità, tra queste la Regina Margherita e la Regina d’Inghilterra.
Lo chiamavano la “Cassandra” di Venezia. Era talmente catastrofico nelle sue previsioni che decisero di trasferirlo in Sardegna. Lui rifiutò, aveva a quell’epoca 77 anni.


Il simbolo di 1600 anni di storia distrutto in un secondo
La mattina del 14 luglio all’alba, era sulla balaustra di San Marco a monitorare la situazione con il suo cannocchiale. Ad un certo punto discese dalla Basilica sconsolato, preannunciando l’imminente caduta che avvenne alle 9,53 come lui aveva predetto. Così da Cassandra diventò l’uomo del giorno.
Sulla ricostruzione, celebri le parole di Pompeo Molmenti al Parlamento Italiano: “La torre risorgerà, ma nella stessa forma, badi bene signor ministro, nella stessa forma, e nello stesso luogo”. Il motto: “dov’era e com’era” funzionò e il nuovo campanile venne inaugurato il 25 aprile del 1912.
Da allora, la luce dorata dell’Arcangelo Gabriele torna a dominare la città, indicando a chi lo guarda, la direzione del vento.
Sempre presente Elisabetta Pasquettin con i suoi interessanti e gustosi articoli dai quali si possono apprendere notizie sconosciute e storicamente molto interessanti
Altro spettacolare servizio, azzeccato e bello anche il titolo: in volo con gli angeli.
Vi invio testo degli storici intellettuali! Mi piace questo perché rende noto,senza polemiche intellettuali, che il 25 marzo 421 è una data leggendaria!!! Festeggiamo lo stesso senza fare i populisti!
Mi sono soffermata sull’indagine fatta su Vendrasco che prevedeva la caduta del campanile di S.Marco,accadimento che è ,poi, successo nel 1902.E’ un male italiano,se ne parla,ma le istituzioni competenti non agiscono. Che Amarezza!Grazie per questa memoria storica Rosalisa Falchi
Elisabetta. Una grande giornalista, una sensibilissima fotografa, una Persona Notevole, che riesce sempre a coinvolgere con la sua passione e la sua estrema professionalità, chiunque si accosti a tutto ciò che esprime.