Il promo dall’alto è di una efficacia straordinaria: Venezia, la più antica città del futuro! Oggi che comincia a compiere 1600 anni deve pensare cosa farà da adulta e magari con meno turismo e più impresa e cultura. Venezia deve ricominciare a pensare alla grande. Venezia capitale mondiale della sostenibilità.
Le possibilità della Venezia città del futuro
L’occasione è offerta dai protocolli firmati tra Regione Veneto, Comune di Venezia e Università Ca’ Foscari. Quest’ultima con i suoi 23 mila studenti (da aggiungere ai 7 mila dello Iuav) è la vera industria propulsiva della città lagunare. Ai 52 mila residenti veneziani, quasi tutti vecchiotti, corrisponde un esercito giovane e verde di 30 mila ragazzi che la città la vivono davvero, non solo per gli spritz. Il progetto VeniSia, Venice Sustainability Innovation Accelerator comincia con un professore di Ca’ Foscari, Carlo Bagnoli, direttore dello Strategy Innovation Master. Un percorso multidisciplinare che prevedeva nel novembre del 2019 un mega incontro con quasi 2 mila iscritti. Si doveva parlare di sostenibilità, residenzialità, opportunità finanziarie.
L’acqua granda del 13 novembre bloccò tutto. Venezia si faceva ancora beffe della sua storia. Non a caso tra le storiche categorie socio-economiche di yesbutters (si, ma, pessimisti) e whynotters (perché no, ottimisti) a Venezia persistono i querulous (i lamentosi, sempre e comunque). La scommessa del prof. Bagnoli è solo all’inizio. Intanto è riuscito a coinvolgere importanti imprese del calibro di Salim Ismail fondatore della Singularity University o della Pirelli con in testa, per un dibattito sull’impresa totale 4.0, Marco Tronchetti Provera in persona.
L’ONU e la Venezia del futuro
Secondo i dettami dell’Onu, sottoscritti da 193 paesi nel 2015, entro il 2030 si dovrà arrivare ad una agenda comune per lo sviluppo sostenibile, tra idrogeno, green new deal, no coal, propulsione elettrica. Attualmente il carbone rappresenta il 30% delle fonti energetiche mondiali. E verrà abbandonato, come, si spera, anche il petrolio.
Perché Venezia?
Qui le scommesse sono molteplici. Tra passato e futuro la città vive tutte le contraddizioni possibili del mondo occidentale. Nel Rinascimento era una delle pochissime metropoli (con Parigi e Londra) che superava i 200 mila abitanti. È sorta dal nulla come New York. Era una testa di ponte tra Oriente ed Occidente, tra nord e sud d’Europa, come New York lo è tra nuovo e vecchio mondo. Venezia è una scommessa perché è passata dai 175 abitanti del centro storico del 1951 agli attuali 51 mila, la cui metà dei residenti è anziana. E dove la grande maggioranza dei suoi 40 mila appartamenti storici è locazione turistica o b&b, seconde case. I venti milioni di turisti all’anno dell’era pre-pandemica, la rendevano una città finta, una giostra di mordi e fuggi. La scommessa sulla residenzialità è uno dei grandi temi della trasformazione digitale in atto.
Il futuro e le nuove tecnologie
Le nuove tecnologie rivoluzionano spazi e tempi, e forse una comunità che a fine Ottocento decise di non concedersi alle automobili, (ovvero il futuro certo della mobilità su gomma del ‘900) merita considerazione e un profondo ripensamento. Ricordo i diversi tentativi negli anni Ottanta di cambiare la città ed evitare la monocultura turistica ed alberghiera. Il sindaco Mario Rigo (1975-85) una volta eletto parlamentare europeo, chiese per la città la sede dell’Agenzia mondiale per l’ambiente. Era convinto che centinaia di dipendenti europei l’avrebbero rivitalizzata. Altre città ci sorpassarono.
Gianni De Michelis
Un celebre politico come Gianni De Michelis, fu il primo a sostenere e a pensare alla fibra ottica, alla città cablata, e a far venire la sede Telecom a Venezia, poi trasferita a Padova senza che nessuno battesse ciglio. Nel 1987 le Assicurazioni Generali, con circa 2 mila dipendenti alle Procuratie Vecchie di Piazza San Marco abbandonarono il centro storico per la nuova sede, più agile e meno costosa, di Mogliano Veneto, in provincia di Treviso. Pochi politici si indignarono. I querolous veneziani nemmeno.
Quando già Venezia era proiettata al futuro
E pensare che tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del secolo breve, grandi personalità locali avevano concepito la Biennale d’arte, il Lido della Belle Époque; nazionalisti come Piero Foscari, Giovanni Giurati o l’imprenditore Giuseppe Volpi o Eugenio Miozzi ebbero idee “forti”. Il ribaltamento del fronte mare, la nascita di Porto Marghera, la crescita di Mestre, la Mostra del cinema, il ponte automobilistico translagunare, il più grande garage al mondo a Piazzale Roma nel 1936. Nel nostro secolo, e siamo già agli anni Venti, sono mancate le grandi menti che pensano al futuro. Il baricentro economico finanziario si è spostato tra Padova e Verona. Porto Marghera già forte dei quarantamila operai e massimo polo industriale della chimica europea, si è ridotto a qualche migliaio di occupati. Duemila ettari in gran parte abbandonati. Il progetto VeniSia parla di investimenti green tra 2,5 e 4 miliardi, anche con i fondi previsti della NextGeneration EU.
60 anni fa
Nel lontano 1962, quasi sessant’anni fa, la Fondazione Cini, organizzò un congresso internazionale “Il problema di Venezia”, con Vittorio Cini. Quattro anni prima della grande alluvione. Che fare? Si chiesero i maggiori intellettuali europei. La Legge speciale del 1973 considerò Venezia “problema di preminente interesse nazionale”, e cominciò ad aprire i rubinetti dei soldi. L’Unesco creò la sede veneziana, fondi e fondazioni internazionali corsero al tappeto della grande ammalata. Poi arrivò il Mose. A distanza di venti anni dall’inizio lavori non è ancora riuscito a dividere le acque per una soluzione biblica. Intanto la Basilica di San Marco, ricca di marmi tanto colorati quanto pregiati, si sta sgretolando lentamente. Venezia fino a quando? Si chiedeva nel 1967 il giornalista veneziano Giulio Obici, in un fortunatissimo libro della Marsilio. Oggi si potrebbe riformulare: VeniSIA, se non ora, quando?