L’ingegner Andrea Michelini per una buona parte della giornata progetta motori elettrici, nelle altre ore, oltre a pensare alla sua splendida famiglia, è il pilone di mischia destro del Mogliano Rugby 1969, militante in serie A. Chi fa il pilone nel rugby mette in preventivo tanti rischi, ma un pilone non conosce la paura. Certo, sa cosa ci può essere dietro una mischia ma ci si tuffa dentro ogni volta col solito entusiasmo. Non sapeva, però, Andrea che l’avversario peggiore non l’avrebbe trovato sul campo ma l’avrebbe colpito alle spalle: a metà ottobre del 2020, Andrea ha contratto il Covid. Non è stata una bella esperienza ma, da sportivo vero, l’ha affrontata, bloccata, come un avversario in mischia, e superata.
Michelini, innanzitutto, come va?
“Bene, il peggio è passato. Ormai, da diversi mesi ho ripreso la vita normale: casa, lavoro, campo di allenamento e partite”.
Che lavoro fa?
“Sono laureato in Ingegneria Meccanotronica e progetto motori elettrici”.
Michelini, venendo da Modena dovrebbe avere i motori nel sangue?
“Certo. Anche se quelli che progetto non rombano. Preciso che sono modenese ma mi sento ormai anche veneto”.
Il Covid è solo un ricordo?
“Un brutto ricordo. L’inizio della stagione era slittato per via dell’emergenza sanitaria. Stavamo giocando le amichevoli precampionato e mi sono ammalato”.
Michelini, se il Covid fosse un avversario a chi lo paragoneresti?
“No, questo maledetto virus non potrebbe giocare a rugby. Il nostro è uno sport leale. Con l’avversario ci si guarda in faccia, il Covid, invece, ti prende alle spalle. E’ un avversario sleale e meschino, per lui non ci potrebbe essere posto su un campo di rugby”.
È stato duro riprendere a giocare?
“La ripresa non è stata facile. E’ stato come ripartire da zero. Ho dovuto rifare più volte vari esami: il test d’idoneità sportiva, la tac polmonare, tutte le analisi del sangue ed il test da sforzo. All’inizio il Covid ci ha colto impreparati, c’erano delle direttive di massima ma non erano sufficienti. Il virus si diffondeva molto velocemente. Eravamo tutti preoccupati per noi e le nostre famiglie. Poi, con i nuovi protocolli la situazione è migliorata. Certo, i danni più grossi li hanno avuti le società minori e i giovani. E’ brutto arrivare al campo d’allenamento la sera e trovare le luci spente, quando prima trovavamo sempre i ragazzi ad allenarsi. Però, i più piccoli ci hanno fatto una bellissima sorpresa: ci hanno regalato una serie di disegni che abbiamo appeso sulle pareti degli spogliatoi”.
Michelini, come sta procedendo la stagione?
“Il nostro obiettivo è arrivare tra i primi quattro per giocarci i playoff. Il favorito per me è il Petrarca Padova, una vera corazzata. Noi veniamo da stagioni di ricostruzione e speriamo di tornare ai livelli del 2013 quando il Mogliano si laureò campione d’Italia”.
Quali sono stati i tuoi miti rugbistici?
“Due campioni contro i quali ho avuto, agli inizi della mia carriera, la fortuna di giocare: Martìn Castrogiovanni e Andrea Lo Cicero”.
Michelini, parliamo degli azzurri. Come mai il rugby nazionale non ha ancora fatto un deciso salto di qualità?
“La colpa non è dei giocatori che ci mettono l’anima per la maglia azzurra. La colpa non è neppure della Federazione Italiana Rugby che ha investito tanto negli anni. Forse, molti investimenti non sono stati fatti nelle direzioni giuste. Ci manca ancora un po’ per fare il salto decisivo. A livello giovanile siamo forti, poi, però, pochi diventano campioni. Ci mancano quelli per competere a livello internazionale”.
Anche tu hai vestito la maglia azzurra?
“Sì, da giovane nell’under 21. Un’esperienza bellissima. Mi ricordo in particolare le sfide con la Scozia”.
Hai 35 anni, stai pensando al futuro dopo il rugby o vorresti rimanere nell’ambiente?
“Mi piacerebbe, una volta smesso, allenare i giovani. Ma giocherò fino a che mi vorranno, la mia compagna Eleonora si è innamorata di me come rugbista e rugbista devo rimanere. Abbiamo una bellissima bambina di un anno, si chiama Giulia”.
Michelini, tornando al Covid, come si conciliano il distanziamento sociale con il mondo del rubgy fatto da mischie e terzi tempi?
“Distanziamento sociale e mischia sono un ossimoro. Ma su un campo di rugby si supera tutto”.