C’era il veneto Alessio Nardin, regista e pedagogo di esperienza internazionale, tra i sette grandi invitati al Convegno mondiale del ITI (UNESCO) e al Festival Internazionale del Monodramma negli Emirati Arabi Uniti. A Nardin il compito di parlare sul teatro presente e futuro. Due i suoi interventi: il primo al Dialogo sullo Sviluppo Artistico del ITI (International Theater Institute) e UNESCO, il secondo all’11° Festival Internazionale del Monodramma di Fujairah. Insieme a lui altri sei artisti rappresentativi delle culture teatrali di diversi continenti: Oceania, Africa, Asia, America.
Alessio Nardin, per lei questo è il riconoscimento del valore della sua personalità artistica?

“Semplicemente credo sia l’attenzione e il valore dato ad una modalità di proporre l’arte dell’azione (teatro, cinema, danza) in cui credo e che cerco di praticare quotidianamente in tutti i progetti che faccio. Molto spesso ciò che propongo sono delle trans-utopie: possono esistere solo come paradossi del sistema. Il primato artistico è ciò che mi guida. In tal senso, nello specifico, devo un grande ringraziamento a Chen Zhongwen Deputy Director General del International Theatre Institute che segue da tempo la mia traiettoria artistica e che ha saputo vedere nella mia persona una possibile prospettiva di riferimento per il teatro mondiale del futuro”.
Alessio Nardin, si tratta, comunque, del riconoscimento di un artista di rilievo internazionale…

“Non so rispondere con precisione a questa domanda, bisognerebbe chiederlo a chi mi invita a questi eventi. So però che in Europa la parola maestro evoca spesso immagini equivoche. Essere un maestro non è né un merito né un demerito: è semplicemente un punto di vista sull’uomo e sull’arte. Il maestro in modo molto elementare è una persona che conosce i principi di una certa arte. Li conosce perché un altro maestro gli ha mostrato la strada perché si svelassero a lui o perché gli si sono rivelati in modo naturale. La capacità di trasmettere questi principi ad altri fa di questa persona un maestro completo. Tutto è molto più semplice. Che qualcuno possa riconoscere eventualmente questo in me non lo vedo come un merito, semmai come una richiesta precisa a continuare a praticare e condividere alcuni principi elementari!.
Alessio Nardin, ritiene che la figura del maestro sia indispensabile?

“In qualche modo è ciò che ho portato nel secondo dei due interventi che ho fatto a Fujairah: il più grande “movimento” artistico che abbiamo avuto in Italia (e nel mondo) è stato il Rinascimento. In tale “sistema” il passaggio era da persona a persona. Leonardo andò a bottega dal Verrocchio, suo maestro, Michelangelo fu a bottega dal Ghirlandaio, Raffaello dal Perugino. Cito questi tre artisti enormi perché era da subito chiaro che avevano un talento fuori dalla norma e ciò nonostante andarono prima di tutto dai principali maestri del periodo per farsi passare i principi elementari della loro arte. Ecco: questo credo sia indispensabile”.
Di cosa si occupava il Dialogo sullo Sviluppo Artistico dell’International Theater Institute?

“I temi principali del convegno mondiale sono stati:
– Il ruolo del teatro nell’attuale panorama culturale e sociale in continua evoluzione
– La collaborazione interculturale e la responsabilità artistica nel teatro contemporaneo
– Una riflessione condivisa su come il teatro possa rispondere alle sfide globali attraverso l’azione creativa”.
I contenuti dei suoi due interventi a Fujairah?

“A Fujairah ho incontrato tantissimi delegati di tutti i continenti: molti di loro provenivano da paesi in situazioni politiche “critiche” o addirittura da zone di guerra. In questi luoghi il teatro ha già una indispensabilità legata alla situazione contingente: molto spesso è sopravvivenza dell’anima e libertà di pensiero. Io, come artista europeo posso solo immaginare tutto questo o sentirlo in modo tangenziale. Per questo, nel mio primo intervento, sono partito da un quesito per me imprescindibile: in Europa e nelle democrazie occidentali cosa può o deve essere davvero indispensabile nella pratica teatrale? Apparentemente noi abbiamo tutto ciò che è necessario, al punto che molto spesso ci confrontiamo sul superfluo.
Per questo, rispetto alla domanda che mi sono posto, credo di poter portare solo una immagine elementare e basica: il teatro è come un albero e l’attore e il regista sono come un buon contadino che non passa tutto il giorno sotto l’albero a chiedere il frutto. Abbevera, toglie le erbe cattive, concima, taglia i rami secchi… cioè fa tutto ciò che è indispensabile perché il frutto possa manifestarsi nel momento adeguato. E credo che sia proprio questo ciò che è indispensabile: avere maggior consapevolezza e propensione a sentire quando il momento è adeguato, quando tutto si è manifestato nell’attore, quando è il momento cogliere quei frutti che chiamiamo spettacoli”.
Alessio Nardin, e l’Italia, con la sua accademia Duse, come è stata accolta?

“La situazione italiana credo sia sempre molto specifica e molto particolare. Per mia parte l’unico progetto italiano di prospettiva è proprio quello dell’Accademia Eleonora Duse – Centro Sperimentale di Cinema e Arti Performative. In questo momento storico credo che l’arte possa trovare alcune isole dove poter esistere. Sento di essere come un marinaio che può navigare di isola in isola. E l’Accademia Duse credo sia una di queste isole. Il luogo specifico, un piccolo borgo veneto ricco di ispirazione e di storia artistica, le persone che lo appoggiano e lo sostengono (dal Presidente Gerardo Pessetto, al Sindaco Franco Dalla Rosa, agli assessori Bonsembiante, Basso, Canil), lo staff che quotidianamente lavora per rendere concrete le nostre idee (Irene Dalla Rosa, Nicola Karlitzky, Barbara Bacci e molti altri) gli abitanti del borgo che ci seguono con curiosità e sorpresa. Lì sto provando a dare vita a quell’albero di cui ho parlato a Fujairah”.
E l’albero ha cominciato a dare frutti?

“Accademia Duse in questo momento è un giovane albero – esiste operativamente da due anni – che sta affondando le sue radici nel territorio asolano e veneto ed espandendo le sue fronde in Europa. A Febbraio 2025 abbiamo hanno visto la luce i primi frutti con due rappresentazioni: una con le maschere tratta dal mercante di Venezia di Shakespeare, l’altra da un’opera di Pirandello. Nonostante la sua recente formazione Accademia Duse ha già ospitato maestri di grande valore internazionale come Cesar Brie, Roberta Carreri, Rafael Spregelburd, Mario Biagini, Andres Veiel, Jaroslaw Fret, Fabio Tolledi e molti altri. Inoltre stiamo già collaborando, attraverso partenariati e progetti con istituzioni di valore internazionale come la Mostra Internazionale di Arte Cinematografica La Biennale di Venezia, il Mittelfest di Cividale del Friuli, la Fondazione Ca’Foscari di Venezia, L’Università di Genova e il suo CUT, L’Università di Bologna, La Federico II di Napoli, e molto altro….
Sono onorato che molti artisti abbiano deciso di condividere la mia visione con tanta passione e partecipazione. Ma soprattutto siamo in continua evoluzione: dallo scorso novembre Accademia Eleonora Duse è parte di un nuovo progetto europeo di grande respiro LEPAC (Legacy of Performing Arts Centers) che riunisce insieme in progetti pedagogici e produttivi di alcuni tra i più significativi centri europei, tra gli altri: Pina Bausch Zentrum di Wupperthal, Grotowski Institute di Wrozlaw, Marina Abramovich Foundation, Cricoteka – Centre for Documentation of The Art of Tadeusz Kantor di Kracow”.