Il nylon ha 90 anni! Una data ricordata a Mestre nell’Auditorium “Cesare De Michelis” dell’M9 -Museo del Novecento in occasione degli “Anniversari della Scienza “organizzato da Mestre Mia e curato da Andrea Biliotti e Andrea Sperandio. Nel 1935, negli Stati Uniti, un gruppo di ricercatori della DuPont guidato dal chimico Wallace Carothers sintetizzò per la prima volta una nuova fibra: il nylon. Era il primo materiale tessile interamente artificiale, prodotto senza ricorrere a fibre naturali come il cotone o la seta. Due anni dopo, il nylon veniva brevettato, e nel 1939 debuttava sul mercato al New York World’s Fair, sotto forma di calze da donna. Iniziava così l’era delle “fibre del futuro”.
Il passato: Nylon simbolo di progresso e modernità

Negli anni Quaranta e Cinquanta, il nylon rappresentava una vera rivoluzione. Leggero, resistente, elastico e facile da produrre, veniva impiegato in ogni settore: dall’abbigliamento agli usi militari (paracadute, corde, tende), dai tessuti domestici alle parti industriali. Era il simbolo dell’ingegno umano che riusciva a creare, in laboratorio, ciò che la natura impiegava secoli a produrre. L’entusiasmo per il nylon si inseriva nel clima ottimista del dopoguerra che vedeva nella scienza e nella tecnologia la chiave del progresso.
Il presente: Nylon materiale onnipresente, ma controverso

Oggi il nylon è ovunque: nei vestiti sportivi, nei tappeti, nelle corde, nelle spazzole, negli accessori per auto, negli zaini e perfino in componenti elettroniche. Ma con il passare dei decenni, il suo impatto ambientale è diventato sempre più evidente: Il nylon è una plastica sintetica derivata dal petrolio, e la sua produzione richiede energia e acqua. La sua decomposizione in natura richiede decenni o secoli, contribuendo all’inquinamento da microplastiche. Durante il lavaggio, gli indumenti in nylon rilasciano fibre sintetiche che finiscono negli oceani, danneggiando la fauna marina. Anche il lato simbolico è cambiato: da materiale del futuro, il nylon è diventato il rappresentante di una produzione insostenibile e dell’“usa e getta” che caratterizza molta della moda contemporanea.
Il futuro: innovazione e responsabilità

A 90 anni dalla sua nascita, il nylon si trova a un bivio. Diverse aziende stanno cercando di ripensarlo in chiave ecologica: Esistono oggi versioni di nylon riciclato, come l’ECONYL, prodotto da rifiuti plastici come reti da pesca, moquette e tessuti scartati. Alcuni laboratori stanno sviluppando biopolimeri che imitano le proprietà del nylon ma sono biodegradabili o realizzati da fonti rinnovabili. Queste innovazioni, però, devono ancora superare sfide importanti: costi di produzione, prestazioni rispetto al nylon tradizionale, e infrastrutture per il riciclo efficiente.
La storia del Nylon

Il nylon ha attraversato quasi un secolo di storia, accompagnando sogni, guerre, rivoluzioni culturali e crisi ambientali. La sua eredità è duplice: da un lato, rappresenta l’ingegno e la creatività dell’uomo; dall’altro, è il simbolo di un rapporto con la natura che oggi dobbiamo ripensare. I prossimi anni ci diranno se il nylon saprà davvero rigenerarsi, contribuendo a una moda e un’industria più sostenibili.
Dopo i saluti del dottor Roberto Saccà per il Museo del ‘900, si sono alternati esperti del settore e docenti universitari. Il convegno ha visto la partecipazione degli istituti scolastici mestrini tra cui l’Istituto secondario di primo grado “Caio Giulio Cesare, IIs “A. Pacinotti” con indirizzo biotecnologie ambientali ed IIs “Gramsci-Luzzati”, indirizzo moda. Alunne delle classi quinte, seguite dalla professa Cristina Ercolin, hanno presentato un lavoro dal titolo “Nylon” attraverso una un interessante excursus storico sulla fibra, ma anche con un’ attenta lente di ingrandimento sulle future fibre e la proposta di circolarità da parte delle aziende coinvolte completando l ricerca con la presentazione di un video.
La mattinata

La prima parte della mattinata denominata “LA STORIA E L’OGGI” è stata presentata da Marinetti (consulente tecnico- scientifico) con una relazione “Dal brevetto del nylon alle altre fibre: la Montefibre a Marghera (1958-2009). Successivamente è intervenuto Luigi Lazzaro per “Legambiente Veneto” sul tema “L’Impatto ambientale delle fibre sintetiche: tra industria e comportamenti individuali”. A chiudere la prima parte la relazione della dottoressa Martina Santoni di Aquafil spa sul tema “L’impegno di una impresa leader per la circolarità”. Gli studenti dell’Istituto “Giulio Cesare”, accompagnati dalla professoressa Sara Ferrante, e del “Pacinotti”, con la docente Elena Scattolin, hanno posto domande soprattutto dedicate all’impatto sull’ambiente.
La seconda parte

La seconda parte denominata “IL FUTURO” ha visto la partecipazione della parte accademica attraverso due docenti del Dipartimento di scienze molecolari e nanosistemi dell’Università Ca’ Foscari di Venezia. Dapprima la relazione con presentazione del professor Matteo Gigli dal titolo “Lo sviluppo di nuove fibre sintetiche da fonti biologiche”, il suo studio e le sue ricerche vertono sul legno e particolare sui derivati dagli scarti come la lignite. A seguire la relazione della professoressa Michela Signoretto su “Ricerche per il riciclo chimico delle fibre sintetiche dai materiali della raccolta differenziata”. Ai due docenti i ragazzi del “Pacinotti” hanno posto domande sulle nuove fonti recuperabili dall’ambiente come la ricerca sui sottoprodotti dell’ananas, verso una bioeconomia circolare.
Nylon: la Fast Fashion e la necessità del recupero dell’upcycling

A concludere il convegno l’invito ai giovani di evitare il più possibile di comprare ed accumulare capi che sono realizzati con fibre sintetiche difficili da recuperare, sono infatti ogni anno tonnellate di abiti che vengono gettati via, poiché visto il basso costo possono essere utilizzati anche solo una, due volte. Tutto ciò provoca un trend di crescita e di accumulo in costante ascesa. Gli esperti puntano sul riciclo del nylon e su nuove fibre il più possibili naturali, ma sono ancora in fase di ricerca. E’ stato consigliato di abituarsi ad un accumulo meno elevato di capi pensando ad un acquisto più mirato ed oculato.
Puntando al quanto già in dotazione ed all’azione di upcycling molto ben strutturata che permette a capi vecchi di essere recuperati. Per ora solo un 20% della popolazione ha incominciato a capire la necessità di queste azioni, il resto rimane coinvolto nella facile scelta di un capo della “Fast Fashion” che permette di essere alla moda senza spendere, ma senza rendersi conto dell’impatto sull’ambiente.