Quel pomeriggio del 12 maggio di quarant’anni fa a Bergamo era piovuto tutto il giorno, aveva smesso soltanto pochi istanti prima della partita. Quel pomeriggio Verona aveva invaso Bergamo, attenzione non c’entrano attacchi tra Signorie in pieno Medio Evo. Quella domenica rappresentò una delle pagine più belle della storia del calcio italiano: una squadra cosiddetta provinciale conquistava il suo primo tricolore. Era già accaduto tre lustri prima con il meraviglioso Cagliari di Gigi Riva e il profeta Manlio Scopigno. Dall’isola al Nordest già in pieno miracolo economico. Questa volta il miracolo avviene nel rettangolo di gioco dove si pratica lo sport più amato al mondo il calcio.

Campionato 1984-85, in Italia militano i più forti calciatori al mondo, attratti anche dagli ingaggi più alti! Quel giorno a Bergamo c’è un ragazzo della Marca Trevigiana, viene da Quinto prima cintura urbana di Treviso. Non è proprio di “primo pelo” ha già 28 anni e vanta un “signor” curriculum visto che ha già militato (giovanissimo nelle giovanili della Juventus) a Vicenza e Napoli dove aveva sfiorato il tricolore, Roma e quindi Verona. Concluderà la carriera a Milano sponda nerazzurra.
Indossa la maglia numero tre, un terzino, un fluidificante coi piedi buoni in grado di spingere e crossare. Chi deve “sorvegliarlo” in fascia non sempre trascorre domeniche tranquille. Si chiama Luciano Marangon.
Ci dica la verità: se vi avessero ad inizio campionato detto che sareste arrivati primi con il Verona?

“Di scudetti ne avevo già sfiorati due. A Verona venivamo da due annate molto importanti oggi saremmo approdati in Champions. Da noi non c’era l’ossessione dello scudetto. Poi tra di noi, partita dopo partita, era cresciuta la consapevolezza…..ce ne siamo resi conto a Bergamo, penultima giornata di campionato, la matematica parlava chiaro. Una squadra che giocava a memoria, non è stato un miracolo. E’ stato l’anno perfetto, poche squalifiche e qualche infortunio a Ferroni ed Elkiaer. Quando tutto ti gira alla perfezione e i risultati arrivano”
Il tecnico del Verona era Osvaldo Bagnoli tra pochi mesi compirà 90 anni. Quanto ha contato?

“Un grande come allenatore e come uomo. Lui ha avuto la capacità di mandare in campo giocatori convinti al mille per mille e lasciarli liberi di esprimere le proprie capacità. Bravissimo a farci giocare a memoria, quindi ognuno di noi stava al posto giusto. In tre tocchi dovevamo essere nell’area avversaria, lui non faceva il tiki taka. Uomo concreto. La palla doveva stare nella metà campo avversaria. Era moderno ed innovativo già all’epoca, rischiavamo poco in difesa. Quel Verona nasce da un progetto anche grazie al lavoro del Ds Mascetti dopo la promozione dalla serie B 1981-82. Già l’anno dopo eravamo molto solidi, attenti e preparati. Mi spiace non essere rimasto l’anno dopo dove potevo partecipare alla Coppa dei Campioni”.
Lei ha giocato con alcuni tra i giocatori italiani più forti di sempre. Non solo nel Verona. Chi secondo lei il migliore?

“Come faccio a rispondere. E’ difficile, se guardiamo la popolarità direi Paolo Rossi. A livello di classe Franco Cerilli, Bruno Conti, Agostino Di Bartolomei, Carletto Ancelotti. A Verona con Antonio Di Gennaro e Bruni. Spero non dimenticare qualcuno”.
Lo straniero più forte con cui ha giocato?

“Ho avuto la fortuna di giocare con Krol a Napoli, Falcao a Roma, Rummenigge Brady e Passarella all’Inter e Dirceu a Verona. I due con cui vinsi lo scudetto Briegel ed Elkiaer. Sono stati tanti, ma penso cinque o sei fortissimi. E dire che poteva arrivare Matthaus. Ma sa cosa le dico di questi campioni provenienti da oltre confine? Persone molto umili, mai arroganti o strafottenti. All’epoca non c’erano i Cassano e i Balotelli”.
Oggi in giro c’è un Luciano Marangon?

“Nel mio ruolo non vedo fluidificanti, nemmeno all’estero. Ormai le difese hanno i laterali che spingono. Io comunque quarant’anni fa ero modernissimo. Oggi giocherei tranquillamente, con le mie caratteristiche sarei perfetto”.
Ai suoi tempi sulla fascia sinistra non mancavano giocatori forti. Non solo nel Verona: Cabrini, Maldera, poi Maldini…

“Io spingevo molto di più di Cabrini. E sa cosa le dico? Se avessi giocato nella Juve avrei sicuramente fatto parte della rosa dei mondiali di Spagna. …e li avrei anche vinti”
Segue sempre il calcio?

“Lo seguo poco. Vivo in Spagna a Ibiza gestisco i chiringuitos. Seguo La Liga mi piace molto, così come la Premier, tutti giocano a calcio, anche le cosiddette provinciali. Il nostro è diventato un calcio noioso, troppo tattico. Mi piacciono quest’anno il Bologna e in parte l’Inter”.
E’ vero che amava la vita notturna da calciatore?

“A Napoli dicevano che ero un “omm e night”. Scrissero che ero un latin lover. A dire il vero ero bello, piacevo alle ragazze. In campo ho sempre dato il massimo”.