Undici anni sono passati da quel 3 ottobre del 2013, quando morirono in mare, nelle acque di Lampedusa, 368 persone, provenienti per la maggior parte dall’Eritrea. Solo una settimana dopo, l’undici ottobre, a sessanta miglia dall’isola, un peschereccio partito dalla Libia si capovolse, provocando la morte di 268 siriani, tra cui molti bambini. A quelle tragedie, alla riflessione che ancora impegna politica ed opinione pubblica, l’artista Stefano Orsetti ha dedicato la mostra Uomo in mare, attualmente in corso presso la sede veneziana di Emergency, fino al 23 novembre di quest’anno.
Disegni e pitture, concepiti come un progetto articolato: carte intelate di grande forza pittorica, intensamente drammatiche, che si fanno struttura immaginativa; schizzi come tessere di un mosaico, per non dimenticare. Fin dal titolo dell’esposizione, quell’Uomo in mare che evoca il richiamo di ogni marinaio quando qualcuno cade fuoribordo. Undici anni fa, quell’urlo non si volle sentire: un rimpallo di responsabilità fece sì che i soccorsi arrivassero a naufragi avvenuti.
Uomo in mare, non solo un grido di allarme
Orsetti, classe 1963, è nato a Portogruaro. Diplomato all’Accademia di Belle Arti di Venezia, sotto la guida di Emilio Vedova, dal 1991 si dedica totalmente alla pittura, con particolare attenzione al ruolo dell’artista nella società. Ogni sua mostra è concepita in senso sia introspettivo che critico: Uomo in mare, ad esempio, è pensata come un’unica opera, che va dallo storyboard ad un’ideale partitura musicale, dalla pittura alla fotografia alla poesia. Sono scenografici i lavori di Orsetti, corpi in balìa di vortici, vita che nasce in condizioni difficili, per essere destinata ad estinguersi; uomini in prigionia, agonie disperate.
Schemi e bozzetti, come la traccia di un allestimento teatrale. Comunque prevale nelle sue performances una dimensione tragica, unita ad una formidabile vis polemica. Quella dell’artista non appare solo come un’operazione estetica, ma è anche latrice di una precisa proposta politica: «perché politica – sostiene Orsetti – è l’arte di vivere insieme, e la migrazione drammatica di popoli poveri è piuttosto il frutto di un’antipolitica globale». Nei suoi lavori, emozionanti e complessi, si evidenzia la necessità di un laboratorio vivo: « So che tutto questo ha i toni della più sognante utopia – commenta il pittore – ma permettetemi di dirvi che, mirando in alto, non ci si spara sui piedi … e invece mi sembra che tutti quanti, senza utopie e progettualità, abbiamo i piedi come colabrodo».
Le stragi avvenute in mare
Quelle ricordate dall’artista e le tante altre stragi avvenute in mare, hanno indotto Emergency a varare la nave Life Support che, dal dicembre 2022, svolge attività di ricerca e soccorso nel Mediterraneo centrale, lungo una delle rotte migratorie più pericolose del mondo. Il lavoro instancabile degli operatori è documentato in un’altra esposizione allestita nella sede veneziana della Onlus, intitolata Come onde del mare. Incontri senza confini Questa mostra racconta infatti, attraverso immagini, suoni e parole la fatica dei salvataggi, l’empatia che viene a crearsi tra chi viene salvato e chi soccorre. Perché salvare vite umane, questo il messaggio di base, non può essere mai divisivo.
Fino ad agosto di quest’anno, la Life Support ha tratto in salvo oltre 2200 persone. Sulle murate della nave sono state dipinte le parole di Gino Strada, che di Emergency è stato il fondatore: I diritti devono essere di tutti, sennò chiamateli privilegi. Una meravigliosa utopia che, nonostante tutte le difficoltà, si fa reale giorno dopo giorno: personale specializzato, medici, infermieri, mediatori culturali, volontari addestrati , in grado di gestire le emergenze; ogni dotazione di bordo – dalle zattere di salvataggio ai salvagenti ai tubi galleggianti di segnalazione – è parametrata al numero di naufraghi che la nave può ospitare, 175 persone.
Uomo in mare: l’esposizione
Alla Giudecca sono esposte le immagini di sei fotografi straordinari che hanno partecipato alle missioni della Life Support: dal documentarista e video giornalista Davide Preti a Francesco De Scisciolo, architetto e fondatore del laboratorio di progetti indipendenti neverland u.t.w.; Giorgio Dirindin (dagli studi allo IED di Milano ad assistente del fotoreporter Gabriele Micalizzi); Giulio Piscitelli, che ha documentato eventi come il colpo di Stato in Egitto e le guerre in Siria, Iraq e Ucraina; Gabriele Micalizzi, reporter specializzato in fotogiornalismo di guerra che si è anche occupato di progetti sociali a lungo termine; infine Davide Bosio, che nel suo lavoro predilige storie minime ed un linguaggio visivo contaminato da pratiche partecipative. Una nota di principio, che ben definisce il comportamento di Emergency e dei suoi collaboratori: in mostra non si vedono mai i volti delle persone soccorse, per garantire sia la loro sicurezza sia il diritto alla privacy.
Uomo in mare. Cosa fare?
La situazione generale, purtroppo, è ben diversa: nel Mediterraneo centrale muoiono, in media, dieci migranti ogni giorno (anche se in mare, chiunque si trovi in pericolo, dovrebbe essere soccorso per legge). Non esiste, però, un’operazione di ricerca e salvataggio coordinata a livello europeo nel Mediterraneo. Dal 2017, l’Italia e l’Unione Europea hanno sottoscritto accordi con le autorità libiche per frenare l’immigrazione illegale in Europa, intercettando le imbarcazioni dei migranti e riportandole in Libia. Dal 2017 ad oggi, almeno centomila persone sono state respinte contro la loro volontà. In Libia poi, è bene non dimenticarcene, chi non ha documenti, è punibile con la detenzione a tempo indeterminato, senza neanche la possibilità di un processo. Le prigioni – gestite da polizia, milizie locali, criminali, trafficanti – sono luoghi orribili di estorsione di denaro, scenari di stupri, omicidi, riduzione in schiavitù.
Il recente memorandum tra Unione Europea e Tunisia comporta lo stesso rischio di violazione del diritto internazionale, dei diritti umani, della dignità e della vita delle persone. Anche l’accordo tra Italia e Albania, per esternalizzare sbarchi e controlli dei migranti al di fuori dei nostri confini nazionali (ritenuto utile, peraltro, da molti Stati europei), non è destinato né a risolvere né ad umanizzare la questione. Bisognerebbe piuttosto aprire canali di accesso legali e sicuri per l’Europa; smettere di considerare merce le persone, e non voltarsi mai dall’altra parte. Come fa Emergency.
Sede Emergency Venezia
Giudecca Redentore 212
Dal giovedì al sabato
12:00 – 18:00
Credits: Davide Preti, Gabriele Micalizzi, Dario Bosio
Sono Stefano Orsetti, volevo scrivere un messaggio privato a Francesca Brandes ma non ho trovato la sua mail tra i miei indirizzi. Scelgo di scriverle pubblicamente facendo di necessità virtù. Necessità: con i social sono imbranato. Virtù: ringraziare Francesca pubblicamente per aver scritto sulla mostra “Uomo in Mare” con l’attenzione di chi usa la propria disciplina, divenuta lavoro, con curiosità, cura e rispetto per il lavoro degli altri. Solo così emergono gli argomenti, sopra l’interesse personale. Grazie ancora, Francesca Brandes.