L’arte, specialmente il fare arte, nel suo misterioso ordine ama rifugiarsi lontano dai nostri occhi curiosi e dai rumori di fondo, e si rintana in luoghi che possono sembrare strani alle persone appesantite dagli affanni quotidiani. Lo dico perché uno di questi rifugi d’artista l’ho scoperto di recente poco lontano da casa mia. Inatteso e sorprendente, si trova, infatti, nel cuore industriale di Marghera dove ha il suo loft il pittore-scultore Michele Tombolini (Venezia 1963).
Nella rete rumorosa dell’attività portuale e industriale lo spazioso locale, esternamente assolutamente anonimo, è come un’isola fortificata contro le convulsioni del clima e della società febbricitante d’oggi: in quel laboratorio nascono le opere dell’artista veneziano e lo circondano mentre lavora: una specie di simbiosi creativa prima di “uscire nel mondo”.
Chiusa alle spalle la città, si entra in un cubo di silenzio, con i dipinti appoggiati alle pareti o sparsi a terra in apparente casualità ma compatti fra loro: la scena provoca un immediato stupore; il cerchio è rotto in un punto dove crescono alte piante da giardino, citazione (nostalgica) da madre Natura all’interno di un racconto figurativo coinvolgente.

Tombolini, in questo spazio privilegiato della creatività, non è slegato dal mondo: nella sua isola-casa-laboratorio la Realtà arriva, eccome, violenta e disordinata e si trasforma in elaborate immagini potenti, cariche di inquietudine; in giganteschi dipinti che, simili a manifesti di propaganda politica incollati ai muri della città, “urlano con il silenzio di tante bocche chiuse”, come dice il poeta.
Figure di bambini e donne nudi, cioè umani senz’altro connotato che li colleghi a un contesto sociale o culturale, grandi il doppio del normale, con la bocca sigillata da un nastro adesivo che li esclude dal resto dell’umanità, gli occhi febbrili puntati su di noi estranei: i Bambini hanno ali posticce sulla schiena, angeli impossibili, e le Donne lo sguardo di Eva vittima quotidiana di violenza fisica e morale, fino all’omicidio.
Sono personaggi fortemente simbolici cari all’artista: di lui ci rivelano la forte empatia per due categorie umane fragili e perseguitate da vizi, perversioni e follia omicida. Davanti a quelle immagini di creature vittime d’ingiustizia e brutalità, apprendiamo che Tombolini è attivamente coinvolto con le onlus dell’Onu nella lotta mondiale alla piaga del turismo sessuale e della prostituzione: la sua arte è un’arma “comunicativa”, e la sua patria il mondo.

In un angolo del loft, pronta per la Quadriennale di Milano, c’è un’opera diversa da tutte le altre: nascosta da un drappo, attira l’attenzione. È un arazzo tecnologico di grandi dimensioni nel quale l’iconica figura femminile di Michele viene esaltata da un manto sfaccettato di polistirolo precompresso che crea veri e propri “effetti speciali”, pittura ma non solo pittura, e mi portano a parlare di una forma espressiva che, fantasticando, chiamerò l’ultrapittura del professor Tombolini.
Un furto di…verità
Per quanto sembri difficile da credersi, la statistica casereccia, vulgo esperienza quotidiana, dice chiaro che in mezzo a una folla – qualsiasi folla o massa – c’è sempre qualcuno che si distingue per la sua diversità: un borseggiatore, un malato, una zingara che tende la mano, uno straniero fuggiasco, un violento ecc. Ma poi ci sono i seminatori di zizzania che spesso usano un’arma leggera e micidiale: la bugia. Esistono addirittura dei campioni in questo sport, e subito qualcuno fra i lettori avrà in mente un nome o una categoria specifica…

A ciascuno il suo: certo è che oggi le bugie viaggiano veloci come mai è accaduto, e a tutti i livelli, sicché siamo costretti a difenderci dal loro abbordaggio più o meno subdolo fin dai più elementari rapporti interpersonali. Si creano situazioni serie e pericolose scatenate appunto da una o più bugie ben orchestrate, e dovremmo considerarle per quel che sono: un veleno. Infatti, che cosa fa il bugiardo? A livello elementare, cancella una parte o tutto di una frase e, nel vuoto che si crea, insinua il suo verbo fasullo, la parola che stravolge il significato originale. Fatto questo, che è un vero e proprio furto di verità, il creatore di bugie all’ingrosso mette in circolo le sue finzioni che i social diffondono suonando la grancassa. Così le falsità ci piovono addosso come le sabbie del deserto portate dal vento. E non esistono ombrelli adatti a proteggerci.
Passano fra noi…
(poesia)

Passano fra noi parole mute
e le chiamiamo sguardi.
Passano fra noi le ore
che diventano giorni,
e come rugiada o sabbia
si depositano sul cuore.
Passano i tempi dell’amore
dato e ricevuto abbondante
e li chiami esperienze di vita
dorate come spighe di grano.
Passano fra noi sussurri e grida
e si legano a sogni e tormenti
che si spengono nell’anima,
nido del mal-essere dei tempi.
Passano tra noi certi rimpianti
non nostri, no, perché abbiamo
radici che il tempo ladro
non ci ha (ancora) strappato.
Il passato non è morto, ma
è adesso-in-noi, come ossigeno.
Passano tra noi segnali neri
e parole di estranee lingue
non nostre, no, ma di chi prega
sugli altari di un dio lontano.
Qui, in noi, il tempo ha deposto
tutto il miele del nostro amore.
Anonimo ‘24
Questo scrittore anonimo è molto coinvolgente proprio bella la poesia
Ciao sono anni che sogno quello che tu hai realizzato dentro Porto Marghera e sono felicissima che tu abbia raccolto il mio sogno un abbraccio da cuore a cuore. Betta