Al Centro Culturale Candiani ha aperto una nuova mostra dedicata all’arte: “Chagall. Il colore dei sogni”, che si potrà visitare fino al 13 febbraio 2024 (ingresso libero, da martedì alla domenica ore 10.00-19.00, chiusa il lunedì). Alla conferenza stampa di presentazione erano presenti Elisabetta Barisoni, curatrice della mostra e del catalogo, Mattia Agnetti, Segretario Organizzativo della Fondazione Musei Civici di Venezia, il Sindaco di Venezia, Luigi Brugnaro e Chiara Squarcina, Dirigente Area Attività Museali della Fondazione Musei Civici di Venezia.
I dipinti di Chagall arrivati a Venezia
Nel 1928 il Comune di Venezia acquisì dalla Biennale d’arte il dipinto Rabbino n. 2 o Rabbino di Vitebsk del grande maestro e lo destinò alla Galleria Internazionale d’Arte Moderna, Ca’ Pesaro. Da questo dipinto Elisabetta Barisoni, ha sviluppato uno studio prima e un percorso espositivo poi che si prefigge di illustrare l’immaginario di Marc Chagall (1887-1895) attraverso la sfida di metterlo a confronto con altri artisti del suo tempo. Operazione interessante perché l’artista russo naturalizzato francese non appartenne mai a nessuna scuola del ventesimo secolo e non ne creò nessuna. Chagall bastava a se stesso, ma può essere studiato anche attraverso «un filo rosso che unisce artisti che hanno sentito la sua produzione in termini simili ai suoi o che da lui hanno preso spunto per sviluppare la propria arte nelle più diverse direzioni», come afferma Elisabetta Barisoni, responsabile di Ca’ Pesaro.
La mostra su Chagall
Non si tratta dunque di una mostra monografica (17 sue opere su 49), ma, come per la precedente mostra dedicata a Wassily Kandinsky, sempre al Centro Candiani, si è voluto sviluppare un ragionamento attorno ad artisti che hanno sentito nel grande maestro un punto di riferimento puntuale «per le riflessioni che da lui prendono avvio e che si articolano in diverse sezioni tematiche».
In sei sezioni, infatti, il percorso espositivo spazia attraverso il patrimonio figurativo di Chagall, popolato da figure in bilico tra memoria e invenzione, cultura popolare, folclore e misticismo Yddish. Si articola tra gioia e profonda introspezione, nostalgie determinate dai suoi continui spostamenti dall’Europa devastata dai conflitti mondali e gli Stati Uniti. Uno spazio importante è dedicato alla fantasia, alla fiaba, a quella pittura del sogno che è messa in evidenza anche nel titolo della mostra.
La prima sezione, Il sogno simbolista, illustra i prodromi di quanto sarà poi espresso da Chagall, con la poesia onirica di Odilon Redon, Cesare Laurenti e Adolfo Wildt.
Segue la sezione intitolata È soltanto mio / il paese che è nell’anima mia, interamente dedicata a Chagall in cui si riportano brani di una celebre poesia ispirata al luogo natale dell’artista. Al centro di questa sezione il Rabbino di Ca’ Pesaro che per la prima volta viene esposto accanto a Vitebsk. Scena di un villaggio, concesso in prestito dalla collezione Batliner all’Albertina di Vienna.
L’emigrazione
La terza sezione, Artisti in esilio, mette in evidenza l’emigrazione, negli anni ‘30, che vide molti autori lasciare l’Europa a causa della dittatura nazista a favore degli Stati Uniti. Qui l’assonanza del Rabbino con istanze cubiste e costruttiviste è confrontata con le sculture di Ossip Zadkkine per approdare al Surrealismo di Max Ernst che in Chagall trovò un riferimento imprescindibile.
Nella sezione Il colore dei sogni emerge il tema dell’amore: gli amanti sono rappresentati mentre volano sopra il villaggio oppure si stringono in un abbraccio.
Il tema religioso diventa protagonista della quinta sezione, così come fu sempre elemento distintivo di tutta la produzione di Chagall. Qui ci si concentra su due aspetti in particolare: la serie di incisioni per la Bibbia e la Crocifissione. Questo tema accomuna autori internazionali come Georges Rouault (con due dipinti restaurati per l’occasione), Frank Brangwyn, Veikko Aatona e István Csók.
La chiusura del percorso
Il percorso espositivo si conclude con la sezione Il colore della favole, con opere ispirate a La Fontaine, realizzato da Chagal negli anni ‘20 del secolo scorso a cui si accostano dipinti di George Grosz, Felicèn Rops, Frank Barwig e Mario De Maria. Vi trovano posto anche sculture di Claudio Parmiggiani e quadri di Corrado Bales e Carlo Hollesch. Atmosfere oniriche e visioni fantastiche sottolineano la «cifra di magia, affabulazione, stupore che accompagna tutta la produzione e la lunga carriera artistica di Chagall», come sottolinea la curatrice Elisabetta Barisoni. Perché «non tutto deve essere compreso per essere amato o per restare inciso nel nostro animo: non tutto ricade sotto le leggi della logica, della causa-effetto, della razionalità».
Questa mostra – che ha goduto di importanti prestiti da prestigiose istituzioni internazionali, l’Abertina Museum di Vienna, il Musée National Marc Chagall di Nizza, il Szépmüvészeti Múzeum di Budapest e l’Israel Museum di Gerusalemme, il Musée d’art modern di Céret – continua il percorso espositivo iniziato nel 2022 dalla Fondazione Musei Civici e dal Comune di Venezia con l’intento di studiare i grandi maestri del ‘900 sotto una luce sempre nuova, valorizzando al tempo stesso le collezioni di Ca’ Pesaro.
Chi era Chagall
MARC CHAGALL (Vitebsk, 1887 — Saint Paul de Vence, 1985). Nacque a Vitebsk, all’epoca facente parte della Russia, il 7 luglio 1887. Dal 1907 al 1910 studiò alla Scuola Imperiale per la Protezione delle Arti di Pietroburgo e, in seguito, con Léon Bakst. Si recò quindi a Parigi dove frequentò Guillaume Apollinaire e Robert Delaunay ed entrò in contatto con il Fauvismo e il Cubismo.
Nel 1912 partecipò al Salon des Indépendants e al Salon d’Automne. La sua prima personale si tenne a Berlino nel 1914 alla Galerie Der Sturm. Rientrato in Russia durante la guerra, si stabilì nella sua città natale, dove nel 1918 venne nominato Commissario alle Belle Arti e fondò l’Istituto d’Arte Moderna che diresse fino al 1920, anno in cui rassegnò le dimissioni per disaccordi con gli esponenti del Suprematismo. Si trasferì a Mosca e progettò le sue prime scenografie per il Teatro Ebraico Statale. Dopo un soggiorno a Berlino, tornò a Parigi nel 1923 dove incontrò Ambroise Vollard.
La sua prima personale ebbe luogo nel 1924 a Parigi alla Galerie Barbazanges-Hodebert. Negli anni Trenta visitò la Palestina, l’Olanda, la Spagna, la Polonia e l’Italia. Nel 1933 la Kunsthalle Basel organizzò una grande retrospettiva della sua opera. Durante la Seconda guerra mondiale si rifugiò negli Stati Uniti, dove, nel 1946, il Museum of Modern Art di New York allestì una sua retrospettiva. Nel 1948 si stabilì definitivamente in Francia ed espose a Parigi, Amsterdam e Londra.
I viaggi di Chagall
Nel 1951 visitò Israele e realizzò le prime sculture. L’anno seguente si recò in Grecia e in Italia. Negli anni Sessanta realizzò numerose commissioni su grande scala, come le vetrate per la sinagoga dell’Hadassah-Hebrew University Medical Center a Gerusalemme (1962); un soffitto per l’Opéra di Parigi (1964); una vetrata per l’edificio delle Nazioni Unite a New York (1964); le pitture murali per la Metropolitan Opera House di New York (1967) e le vetrate per la cattedrale di Metz in Francia (1968). Il Louvre allestì nel 1977-78 una rassegna delle opere realizzate nel decennio 1967-77.
Chagall morì in Francia a St. Paul de Vence il 28 marzo 1985, anno in cui venne organizzata un’importante retrospettiva al Philadelphia Museum of Art.
Ottima recensione