La grande mostra che Villa Bassi Rathgeb di Abano Terme dedica a Mario Sironi, oltre ottanta opere tra illustrazioni, dipinti e cartoni preparatori per opere murarie, è un’occasione unica, una vera scommessa. Molto si è scritto su Sironi, anche nel tentativo in atto da alcuni decenni di rivalutarne lo straordinario percorso; molto si è esposto in occasione di personali di assoluto livello. Eppure, le etichette sono dure a morire; le definizioni assolute, dietro l’angolo. La principale novità dell’esposizione a Villa Bassi, tutte opere provenienti dal grande collezionismo italiano, è la ricerca di uno sguardo limpido, coerente e scevro da pregiudizi sul lavoro di un grande artista; la ricerca delle radici, le sue e anche, senza omissioni, le nostre.
L’omaggio a Sironi

Il viaggio, nelle stupende sale affrescate della Villa, fino ad impadronirsi in parte della Pinacoteca, dove usualmente sono esposte le opere della collezione permanente Bassi Rathgeb, è un’avventura che mozza il fiato. L’intento è antologico, dalla primissima prova – un piccolo paesaggio datato 1900 (Sironi ha solo quindici anni) alle dolenti opere della maturità, quando ogni punto fermo della vita dell’artista ormai è venuto meno: il fascismo sociale in cui tanto ha creduto, l’arte per tutti dal chiaro valore didattico, gli affetti più cari. Eppure c’è molto di più: un’analisi strutturale che i due curatori, Chiara Marangoni e Alan Serri, hanno condotto restituendo Sironi al suo mondo, alle sue coordinate storico-critiche.
Sironi e il ventennio

Per ribadire che quel mondo è ben più vasto dell’Italietta di regime, con radici fonde in un passato che l’artista sente nella carne, ma rielabora a suo modo. Una sorta d’inventario d’anima, attraverso le opere dei grandi collezionisti italiani: quelli che forse hanno apprezzato dell’artista l’innovazione poderosa (nel piccolo formato così come nelle opere pubbliche) e le volumetrie dense di storia. Una personalità, quella sironiana, lontana sia dal guizzo futurista delle origini che dalla propaganda fascista (a cui troppo spesso viene accomunata). In realtà, e le testimonianze in catalogo lo esemplificano appieno, ciò che a Sironi interessa è realizzare un’arte sociale, qualcosa che tutti possano apprezzare, e che rivaluti l’immagine della Nazione anche a livello internazionale. Non per nulla l’amico Arturo Martini, nel 1944, non esita a definirlo «un bolscevico».
La mostra
La mostra di Villa Bassi ci accompagna nella storia di un artista multiforme, ma di estrema coerenza, rivelandone l’essenza sentimentale, il lirismo sotteso alle sue immagini di periferie malinconiche, di donne-roccia; senza scordare l’incredibile attività di illustratore e vignettista, allestitore e grafico in campagne pubblicitarie – chi non ricorda le vetturette disegnate da Sironi per la FIAT 500 –, a cui è dedicato tutto il piano interrato della Villa.
Sironi: un capolavoro dopo l’altro

Così, capolavoro dopo capolavoro, la storia italiana e la vicenda personale dell’artista s’intrecciano di continuo: Sironi giovanissimo – sassarese di nascita, ma trasferito quasi subito a Roma – che abbandona l’Università per andare a studiare arte a via Ripetta; l’adesione, dapprima incerta, poi via via più convinta, ai dettami del futurismo (ma la sua sarà sempre un’interpretazione personale del dinamismo, più volumetrica che eccitata, anche nelle prove vicine agli stilemi del movimento); la stagione del Novecento e l’amicizia con Margherita Sarfatti, che significherà vicinanza e condivisione delle idee mussoliniane.
La curatrice

Chiara Marangoni, coordinatrice del Museo Villa Bassi Rathgeb e curatrice della mostra con Alan Serri, della Galleria Cinquantasei di Bologna, ha creduto a questa mostra da sempre: «Il progetto ha radici profonde – puntualizza – che ci riportano al 2008-2009 quando, nella sede aponense della Galleria Cinquantasei, assieme al padre di Alan, il compianto Estemio Serri, sognavamo l’apertura del Museo civico, Villa Bassi Rathgeb, all’epoca ancora in restauro, pensando proprio a Mario Sironi. Ed eccoci. Il nostro desiderio è stato, da sempre, quello di raccontare l’uomo Sironi a trecentosessanta gradi: il suo impegno sociale, la sua sagacia nella satira politica, un grande illustratore e un grande pittore».
L’intento è stato pienamente raggiunto: l’esposizione offre l’occasione imperdibile di ammirare opere che non sono visibili al pubblico da diversi anni, e scoprire i cartoni preparatori per la decorazione murale Venezia, l’Italia e gli Studi, che Sironi realizza per l’Aula Magna di Ca’ Foscari tra il 1935 e il 1936. (Sarà proprio l’Ateneo veneziano, in collaborazione con il Museo, a proporre visite e video-approfondimenti sull’affresco).
Il Sironi meno conosciuto

Tuttavia, ed è uno dei punti di forza del progetto, l’attenzione dei curatori si è rivolta anche all’ultima fase della pittura sironiana, quella forse meno indagata dagli studiosi. Un’intuizione felice, e dai frutti insperati: il Sironi del secondo dopoguerra, negli ultimi quindici anni della sua vita (morirà a Milano nel 1961), venute a mancare le grandi commesse pubbliche, torna alla misura “da cavalletto”, ma con uno spirito completamente diverso dalle opere dei decenni precedenti.
L’artista, coerente con i propri ideali e profondamente triste, specie dopo il suicidio della figlia diciottenne, lavora nel piccolo concependolo come bozza di un grande lavoro mai realizzato; divide lo spazio in griglie, semplifica le figure fino a ridurle ad idoli. La gamma cromatica, nel contempo, si ravviva, impiegando tinte accese, dall’arancio alle tonalità del blu. È un Sironi diverso, ma non piegato nella dignità: recupera la dimensione scenografica dell’immagine, la matericità, nella scelta di un idioma estremo.
Sironi e le due figure

L’intenzione lirica, come di chi ha attraversato l’inferno e visto crollare ogni ideale, è tutta nell’opera Due Figure del 1955 che i curatori della mostra hanno scelto come immagine guida: un olio su tela, infine libero di esprimere lontananze. Eppure quella dimensione intima, segreta ancor prima che maestosa, esiste in tutto il percorso umano e professionale di Sironi: è la crepa, è la malinconia che prende il sopravvento sulla retorica. La stessa volumetria classica dell’artista – e l’esposizione lo fa ben intuire, con sincerità critica – è, in realtà, antimonumentale.
Questa è la magia di una lettura inusitata e profonda, un’isola di racconto che collega Mario Sironi all’arte grande del passato: la statuaria classica, la pulizia densa dei toscani, l’abbraccio con Arturo Martini. Una storia che scavalca i tempi, e vale assolutamente una visita.
Informazioni
Mario Sironi. Un racconto dal grande collezionismo italiano
Museo Villa Bassi Rathgeb, Abano Terme.
Dal 16 settembre 2022 all’8 gennaio 2023
Orari:
lunedì, giovedì, venerdì, sabato 14.30-19.00
mercoledì 9.00-13.00
domenica 10.00-13.00 / 14.30-19.00
chiuso il martedì