Al tempo del Covid, la riflessione su sé stessi è diventata una pratica virtuosa che si nutre di letture e di meditazioni. Fra i libri incontrati di recente (il verbo non è casuale), ce n’è uno che risalta per la sua diversità dai soliti che vanno a riempire gli scaffali. Si intitola Mental training per gli sportivi (Edizioni LSWR, Milano 2021) e l’autore è il professor Michele Surian, professionista con un lungo curriculum accademico e sportivo che lo ha reso noto in Italia e a livello internazionale. Il volume ora in circolazione ha una base scientifica consolidata da esperienze sul campo (l’autore è stato campione europeo di kickboxing) e si regge su una scrittura divulgativa che attira il lettore e lo trascina in un mondo parallelo che è l’universo della competizione.

Surian parla chiaramente di un allenamento che non è quello, o solo quello, del corpo, e trasmette il suo messaggio direttamente agli sportivi veri e propri, cioè ai praticanti, discutendo “strategie e abilità mentali per la performance atletica”. Ma c’è un’altra possibile platea per le sue lezioni: il libro desta curiosità, e finisce per coinvolgere, quasi a sfida devo dire, anche persone che hanno superato da tempo l’asticella dell’età sportiva – ecco perché se ne parla qui – e dunque lettori sedentari.
Il libro è un manuale: chi ne assimila lo spirito che lo pervade dall’inizio alla fine, compie un autentico viaggio nell’anima, un percorso che si trasforma psicologicamente in una discesa negli spazi interiori e labirintici dove l’Io dialoga con “l’unica persona che ascolti sempre… te stesso”. Aggiunge l’autore, con sorriso ironico, e confidenziale insieme, “Non è mai troppo tardi”.
Lo scrivo al Presidente

Fa una discreta impressione la notizia che un ragazzo veneto di 12 anni ha scritto una lettera al Presidente della Repubblica per felicitarsi della sua conferma al Quirinale: di solito i ragazzini scrivono lettere a Babbo Natale, si dirà, non a quel Papà simbolico dei baby cavalieri italiani che si chiama Sergio Mattarella e vive in un palazzo grande come una reggia laggiù nella capitale.
Però va detto che Matteo Piccoli di Concordia Sagittaria non è proprio un ragazzo comune: è un valoroso alfiere della Repubblica, figura esemplare di solidarietà umana dispiegata nel piccolo mondo della sua famiglia. L’amore filiale come scudo all’Alzheimer del padre.
Al posto di un De Amicis, la sua storia è stata narrata nelle pagine della cronaca giornalistica. E contiene un particolare che mi piace sottolineare: la confidenza che c’è – nel caso specifico – fra un ragazzo italiano d’oggi e una delle istituzioni pubbliche più prestigiose del Paese. Che dire, ancora: quella confidenza, signori miei, libera da soggezioni e sinceramente un po’ timida, è il frutto della nostra democrazia, un valore che è arrivato con le sue radici fino al cuore di un ragazzo generoso portatore di futuro.
Esempio di ecologia estrema

Il mago Yoda torna a dare segnali di alienità con un lungo racconto che sono costretto a riassumere: “Nel mio mondo l’imperfezione è considerata una virtù, perché si basa sulla consapevolezza dei limiti in quanto creature. Ma non si tollerano sconfinamenti dalle leggi che in nome della Forza vengono applicate. Un esempio. Voi terrestri parlate molto di cura del pianeta, di ecologia naturalmente, e avete un pensiero ambientalista. Belle parole, ma le leggi che proteggano il vostro mondo come si applicano? Da noi i nemici del suolo patrio, inquinatori, predatori di risorse, indifferenti, violentatori delle acque dolci e del suolo subiscono una condanna esemplare. La loro colpa è di far soffrire il mondo, nostro condominio con tutto il Vivente. Forse è una crudeltà, ma da noi questi nemici del mondo vengono impiantati o invasati: cioè i condannati sono calati nudi in buche strette scavate nel suolo patrio e riempite di erbe aromatiche e di terriccio fino alle loro spalle. In questo modo, il criminale entra in contatto con la terra che ha disonorato. Esperienza spiacevolissima anche per noi che abbiamo la pelle spessa”.
Yoda completa il quadro: “Questi peccatori ecologici – voi terrestri li chiamereste così, suppongo – sono esposti come piante senza radici nel Giardino degli Arroganti: il castigo dura da una a tre ore di contatto corporeo con la materia viva del pianeta offeso. Il pubblico può guardare la scena ma senza far violenza ai reprobi. Per tutto il tempo della pena, altoparlanti nascosti sussurrano messaggi ecologici, musica concreta, e scandiscono gli articoli del decalogo di H., il mio avo Jedi”. Direte: fantasie di ecologia estrema, di utopia d’un altro mondo? Ma forse è un apologo.
Il pino storto

(poesia)
Perpetuo come il tempo,
(e la marea sua complice)
il vento dell’Adriatico
ti ha squassato e preso
nel suo tormento
caotico e irrazionale.
Ma tu, pur se piegato,
privo del perduto òplomb
hai però salvaguardato
il tesoro del tuo seme.
Anche così contorto, amico
selvaggio, tu vivrai
nel profondo grembo
dell’eternità vegetale.
Anche noi, gli umani,
spesso ci ripieghiamo
sulle nostre ombre storte.
In questo, siamo tuoi fratelli.
(Anonimo)