La bici fa bene alla salute. Le storie di Ron Longstaff, inglese di 93 anni, e Elise Chabbey, medico svizzero, lo stanno a dimostrare. Lo conferma Ron Longstaff, 93 anni pedalati alla grande, il ciclista più anziano di Inghilterra che tre volte alla settimana in sella per raggiungere quel traguardo di 240 chilometri che si era prefissato anni fa. E che regolarmente centra su una delle sue 11 biciclette che custodisce e cura come gioielli. Come la sua preferita, costatagli allora poco più di 3mila sterline e che oggi vale quattro volte tanto.
40 volte il giro del mondo in bici

Dal 1946, quando ha cominciato a pedalare, Ron, nonno di 7 nipoti, ha percorso qualcosa come 1,6 milioni di chilometri, che vuol dire 40 volte la circonferenza della Terra. Longstaff ha iniziato a correre a vent’anni e ha smesso a 80 dopo aver vinto un campionato del mondo veterani – lasciandosi alle spalle anche tanti ex professionisti – e aver realizzato uno dei sogni della sua vita: una cronometro di 24 ore chiusa con 524 chilometri percorsi, nonostante un problema di salute che lo ha bloccato per quasi un’ora e mezzo e una rovinosa caduta a pochi chilometri dal traguardo.
Le colline cominciano a pesare
Humshaugh, dove vive, è una cittadina a nord dell’Inghilterra, in piena campagna, vicina al vallo di Adriano di romana memoria. “Tranquilla – sorride Ron – ma anche circondata da colline. Qualunque strada prendi dopo un po’ cominci a salire. E questo comincia un po’ a pesarmi”. Una vita in bicicletta e soltanto tre incidenti: caduto nei dintorni di casa, speronato in Thailandia dove vive il figlio e, ultimo e più grave, investito, con frattura del cranio, a 74 anni da un’auto guidata da una signora di 81 anni. Ma bici e salute per lui continuano a essere un binomio perfetto. L’ultimo traguardo da centrare è quello di raggiungere il francese Robert Marchand, a 109 anni ancora in sella. La bici è sempre stata di famiglia. La prima fu un regalo del papà, nel 1946, come viaggio di nozze, a 26 anni, girò con la moglie Marjorie tutta la Scozia. In tandem ovviamente.
Medico per il covid e campionessa di bici
Elise Chabbey si è laureata campionessa nazionale svizzera su strada e si è classificata ventiquattresima al Giro d’Italia femminile. Una notizia apparentemente normale, ma che premia un personaggio che merita sicuramente di essere approfondito. L’atleta della Équipe Paule-Ka, infatti, aveva già fatto parlare di sé durante la scorsa primavera quando, sfruttando la sua laurea in medicina, aveva deciso di lavorare all’ospedale di Ginevra per affrontare la pandemia.

Le qualità della classe ’93, però, non finiscono qui visto che il suo nome sarà già noto agli appassionati di canoa. L’atleta svizzera, infatti, è quattro volte campionessa nazionale di kayak, disciplina in cui ha rappresentato anche la propria nazione alle Olimpiadi di Londra nella specialità K1, concludendo la sua avventura con l’eliminazione in semifinale. La ventisettenne ha spiegatole sue sensazioni dopo essere diventata campionessa in due specialità così diverse: “Ho già quattro titoli nazionali nel kayak, confesso che sin qui non ci avevo pensato troppo, ma ora che ci rifletto devo ammettere che essere campionessa in due discipline così diversi è forte”.
Iran: arrestata ragazza in bici senza velo

Donne e bici, un rapporto ancora difficile. Soprattutto se vivi in Iran. Una ragazza di Najafabad, città dalla forte impronta tradizionalista nella provincia di Isfahan, è stata arrestata per “aver insultato l’hijab islamico”. In sostanza per essere stata ripresa in un video amatoriale poi diventato virale, mentre pedalava senza indossare il velo. Secondo Irna, l’agenzia di stampa controllata dal governo, le immagini della giovane “in sella alla sua bici senza velo” e perdipiù “nella piazza principale davanti a una grande moschea” hanno suscitato scandalo e riprovazione da parte dei residenti e dei religiosi di Najafabat. Il braccio destro alzato ripetutamente dalla giovane e coraggiosa ciclista in segno di trionfo starebbe a dimostrare che quella pedalata senza velo sia stata frutto non di una dimenticanza, ma di una vera e propria ribellione contro certe aree oscurantiste che ancora hanno voce nel paese.