Una delle grandi voci degli sportivi italiani è quella di Bruno Pizzul, un friulano DOC, che per quasi quarant’anni ha commentato le più importanti partite di calcio trasmesse dalla RAI. Una carriera lunghissima che stava per bloccarsi al primo incarico importante. Capitò che Pizzul, dopo aver vinto il concorso per telecronisti in RAI nel 1969, fu assegnato alla sede di Milano e come primo incarico doveva commentare lo spareggio di Coppa Italia sul campo neutro di Como.
Gli esordi di Pizzul

Il giovane Bruno, che era già puntuale e preciso come l’abbiamo conosciuto per una vita, stava per partire con largo anticipo per Como quando un collega un po’ più grande, ma col quale era già nata un’amicizia, gli disse che era inutile muoversi così presto, perché l’avrebbero accompagnato lui e si sarebbero fermati pure a mangiare vicino al lago. Bruno accettò con entusiasmo ma, andando per le lunghe il pranzo, arrivò allo stadio Sinigaglia quando la partita era già iniziata da un quarto d’ora. Buon per lui che l’incontro venisse trasmesso, come usava spesso all’epoca, in differita. Riuscì ad evitare che la sua carriera venisse stroncata sul nascere dai dirigenti della RAI.
Chi era l’amico di Pizzul
L’amico in questione era il leggendario Beppe Viola e l’episodio è raccontato in un gustosissimo libro della figlia Marina: “Mio padre è stato anche Beppe Viola.” Dopo questo inizio da film comico di quegli anni, Bruno Pizzul è entrato, giorno dopo giorno, nelle case degli italiani con classe, garbo e competenza. Mai una polemica o una frase fuori posto. Un sano dualismo con la prima voce della RAI Nando Martellini, lontano anni luce da quello radiofonico tra Ameri e Ciotti nello stesso periodo. Da Martellini ereditò nel 1986 la Nazionale che commentò fino al 2002. La sua ultima partita, prima della pensione, fu Italia-Slovenia a Trieste.
Pizzul e i mondiali

Pizzul ha commentato nove mondiali di calcio, cinque dei quali come prima voce dell’Italia. Non ha avuto l’onore e la fortuna, rispetto a Martellini e Civoli, di urlare campioni del mondo. Ha dovuto affrontare telecronache tragiche come quella della finale di Coppa dei Campioni tra Juventus e Liverpool allo stadio Heysel o altre offensive per il calcio italiano come il furto nel mondiale di Corea-Giappone del 2002.
Non solo telecronista
Bruno Pizzul, però, non è stato solo un telecronista. Era così competente di calcio perché l’aveva praticato a buoni livelli, arrivando a giocare nel Catania in serie B, prima di essere bloccato da un grave infortunio. Si esprimeva in un italiano scorrevole, ricco ma non volutamente forbito, provenendo da esperienze d’insegnamento di materie letterarie nelle scuole medie. Ecco, Pizzul aveva l’aspetto del professore preparato ma comprensivo con la scolaresca, uno a cui non si può che voler bene.
Non solo calcio
Oltre al calcio, ha commentato, soprattutto alle Olimpiadi, anche il pugilato e il ciclismo. Una volta in pensione, si è dilettato e si diletta ancora, con classe ed umorismo, in varie tv e radio private. Il suo modo di fare giornalismo è lontanissimo da quello urlato e zeppo di dati e statistiche dei giorni nostri. Se il calcio è cambiato, è cambiato, inevitabilmente, anche il modo di commentarlo. Ma per chi ha avuto il piacere di crescere con le sue telecronache, la voce di Pizzul rimane come quella di un vecchio zio a cui si vorrà sempre bene.