Paolo Rossi aveva scelto Vicenza come città per il suo addio alla vita. Lui toscano di nascita si sentiva vicentino e non solo perché era diventato grande nel Lanerossi Vicenza sul finire degli Ani ’70, non soltanto perché Vicenza non aveva fatto cittadino onorario. Ma perché si sentiva davvero vicentino, tanto da volerci essere nel momento del saluto. Perché questa era la città che lo aveva amato quando ancora non era “Pablito”.

Vicenza nella vita e nel cuore
Per tutti era “Pablito” l’eroe del Mondiale ’82, l’eroe di una nazione, e non è sfuggito che se ne sia andato a pochi giorni di distanza da quello che è considerato il più grande calciatore della storia, Diego Armando Maradona. Due miti del pallone che se ne vanno. Sembra ancora un caso, ma è proprio a Vicenza che poche settimane fa sono terminate le riprese del film “Mancino Naturale”, la storia ispirata proprio alla carriera del noto calciatore.

I funerali
I funerali di Paolo Rossi sono stati celebrati ieri 12 dicembre nel Duomo di Vicenza, come il calciatore aveva chiesto. Il giorno prima migliaia di tifosi giunti da ogni parte d’Italia avevano onorato il campione nel campo “Menti”. Sul tappeto verde che lo aveva visto giocare e segnare mille volte. Nella cattedrale della città l’uomo Rossi è stato pianto accanto al calciatore Rossi, davanti ai figli, alla moglie, ai compagni di squadra e della Nazionale mondiale, davanti ai tifosi. Sono stati gli azzurri di Spagna a portare a spalle la bara del campione.
Paolo inno alla vita per Vicenza
Il pubblico di tifosi, fuori nella Piazza del Duomo per rispetto delle leggi sanitarie, hanno ricordato con cartelli, maglie, striscioni e fotografie la storia dell’uomo famoso in tutto il mondo, del giovane centravanti che aveva riportato il Lanerossi Vicenza in serie A e condotto quasi allo scudetto, fermandosi alle spalle di una Juventus fortissima.

Chi era
Nativo di Siena, nel capoluogo veneto Paolo Rossi ha però lasciato il cuore. Colui che a differenza di altri giocatori altrettanto noti, non si è limitato a incantare una sola squadra, ma è riuscito a ispirare un’intera nazione. Nel capoluogo berico non mancano gli striscioni dai balconi a ricordare quanto questo calciatore abbia lasciato il segno non solo in campo, ma anche nel cuore dei suoi tifosi. “Paolo, Paolo, Paolo,” così gli affezionati hanno raccolto il feretro che alle 10.30 è arrivato nella piazza. Davanti la maglia azzurra bordata di tricolore, la numero 20 della nazionale italiana. “Anche se si trattava di un incontro amichevole è stata senza dubbio una della più forti emozioni che io abbia mai provato.” Così il grande Pablito commentava l’amichevole del ’77 contro il Belgio. “Vestire per la prima volta la maglia azzurra è stata una grandissima soddisfazione”.
Paolo e il Menti. La sua seconda vita

Prima dei funerali, è stato concesso un ultimo saluto come da sua richiesta ai tifosi, allo stadio Menti. L’emergenza sanitaria mondiale non ha fermato i vicentini e i supporter provenienti da ogni dove a mettersi ordinatamente in fila dotati di mascherina per dedicare l’ultimo saluto a una leggenda che se ne va. Non si tratta solo di un calciatore, ma di un personaggio che per molti è stato un grande simbolo. Un simbolo in grado di avvicinare non solo le persone al grande sport qual è il calcio, ma un simbolo di aggregazione e di determinazione nel perseguire i propri sogni.
Gli azzurri
A portare la bara è stato il figlio, Alessandro insieme ad Antonio Cabrini, ex compagno nella Juve e in Nazionale, a Bruno Conti, Giancarlo Antognoni e Claudio Gentile. Il feretro è stato accolto tra gli applausi e la commozione della moglie Federica, di figli Alessandro, Sofia Elena e Maria Vittoria.

Calcio, vita e passione
Se ne va un uomo insolitamente umile per il mondo del calcio, eroe quasi controvoglia. Vicino alla gente, proprio per questo amato da un pubblico vastissimo, capace di avvicinare al pallone il mondo femminile come non era accaduto a nessuno prima. Un giocatore che diventa già un’icona al varco 23 dello stadio Menti e dove ogni persona potrà ammirarlo al suo passaggio. Perché la memoria rende liberi. Un calciatore appartenente a una generazione calcistica caratterizzata dal silenzio e da una passione che non è solo legata al pallone, ma una passione che riguarda la vita intera.
L’oltraggio
Mentre una nazione rendeva omaggio all’addio alla vita di uno dei suoi più grandi campioni, durante il funerale dei ladri sono entrati in casa sua in Toscana. Gli hanno lasciato i trofei. Ma hanno portato via ogni gioiello. Paolo, non lo meritavi