Su una bancarella di libri usati si possono trovare delle chicche sorprendenti, come capolavori mai letti, saggi e romanzi perduti in un trasloco, cataloghi d’arte sbiaditi: cose della vita offerte confusamente al nostro sguardo che si posa su quell’offerta disordinata. È come quando si cammina lungo una spiaggia dove il mare deposita “relitti” che a volte sono soltanto rifiuti trascinati dai fiumi.
Per questo è una bella sorpresa l’acquisto di un volumetto intitolato Per la riabilitazione della donna datato 1917, che sembrava un anonimo pamphlet femminista, invece l’autrice si firma in calce, a pag. 86, Elisa Salerno. Per la storia, è stata giornalista e scrittrice ed è vissuta dal 1873 al 1957.

Il testo, in realtà, fortemente critico verso il pensiero di san Tommaso d’Aquino e di altre “opere ecclesiastiche” offensive della dignità femminile, che l’autrice definisce “cose tristi e obbrobriose”, è una lunga lettera al papa di allora, Benedetto xv, che non rispose.
Il documento è rivelatore di una personalità colta e battagliera che ha fatto della riabilitazione femminile lo scopo della sua vita, come si può vedere su Google.
Una breve silloge delle sue posizioni diciamo ideologiche (Il vero femminismo ha da essere cristiano…) ci dice come Elisa fosse in anticipo sui tempi. Contro “le cause dottrinali per le quali la donna è così screditata e danneggiata.” C’è poi il determinismo applicato soltanto alle femmine: “È dato per assodato che la donna debba patire detrimento sulla terra.”

“Nella donna il carattere di compagna è stato soppresso da quello della suddita del marito….”. L’autrice va a scartabellare nei sacri testi e cita il latino ecclesiastico, o filosofico non importa; quello che è evidente, scrive, è che la donna è sottomessa all’uomo “quia mulier status subjectionis habet.”
E c’è di più e di peggio: infatti la femminista vicentina trova scritto che “mulieres non sunt in sapientia perfectae”!
“Quando ho letto che l’uomo è capo della donna, per correggerla e castigarla, sono caduta dalle nuvole. Com’è stato possibile nella Chiesa una tale supposizione, mentre si può dire che in ogni famiglia cristiana una o più donne gemono per gli errori e i vizi dell’uomo?”
Storia di un uomo libero

Con questo titolo, il Polesine ricorderà solennemente il centenario del sacrificio di un suo grande figlio, il deputato socialista Giacomo Matteotti assassinato nell’estate del 1924 da sicari fascisti. A Rovigo, dal 5 aprile al 7 luglio il palazzo Roncale ospiterà una mostra narrante promossa dal Comitato provinciale per le celebrazioni del centenario.
Si tratta di una ri-costruzione a tutto tondo di un’esistenza esemplare non solo o principalmente spesa nell’impegno politico e nella lotta per l’affermazione di un fervido ideale civile, fino alla tragedia, ma si è pensato all’uomo Matteotti visto nel suo privato, nelle sue passioni, nell’intimo, direi nella sua dimensione domestica.

Storia di un uomo libero è una mostra-evento, “un racconto visivo e documentario” con immagini e carte anche inediti, alla cui realizzazione contribuisce la collaborazione di musei, archivi storici e varie istituzioni culturali anche esterne al Polesine.
Lo sforzo organizzativo e lo slancio civile dell’iniziativa ci restituiranno in pienezza un eroe del nostro tempo, un testimone che ha versato il proprio sangue per la libertà di tutti.
Noi polesani dovremmo essere orgogliosi di Lui.
Rovigo ha avviato il proprio omaggio all’onorevole Matteotti, ma poiché non è stato un protagonista di provincia, è giusto aspettarsi altrettanto da Roma, cioè le iniziative del governo e del Parlamento.
Campagna

(poesia)
I
Penso spesso in questi giorni
alla campagna, al paese
e mi perdo nella geografia
dei sogni e delle attese
che una primavera ci sia.
II
Ora nell’orto delle mie nipoti
il verde è più verde del solito
e la terra sta riproponendo
l’odore d’erba muschio e viole
come quando dall’argine
scendevo alla strada comunale
tagliando in bici tra i campi.
III
Dà i brividi l’aria del mattino
ma è solo un’eco del passato
come lo è la gioia della corsa
che alle spalle aveva il vento
della notte appena trascorsa.
Anonimo ‘24
Bellissima la poesia – sa di primavera!
Di Elisa Salerno non so niente. La storia delle femministe non mi ha mai toccato più di tanto. Sono nata in una città nel nord della Svizzera e avevo due fratelli maschi più piccoli. Mai, nemmeno per un momento, mi sono sentita svantaggiata nel rapporto con i miei fratelli; essendo la più grande, capitava di “far strada” nelle piccole libertà quotidiane. Ma sia la normalità di ogni giorno, sia la possibilità di scegliere cosa fare nel futuro, nella scelta degli studi o comunque della strada da prendere dopo il liceo – tutto era uguale per tutti noi tre. L’unica condizione che il papà ci raccomandava era di impegnarci – non erano ammessi bocciature e nemmeno di essere rimandato, dipendeva dal nostro reciproco impegno il successo della strada scelta. Siamo stati molto fortunati con i nostri genitori, generosi ma anche severi e giusti. Avevamo la loro fiducia – e loro la nostra! Ho avuto una giovinezza molto felice e fortunata!
Bellissima poesia!