Non si dovrebbe dire, ma il nonvaccinato o novax diventato infetto è un tuo nemico: con la sua carica virale, infatti, può contagiare più persone e dannarle a una lunga degenza in terapia intensiva (un piccolo inferno a chi è toccato) e perfino alla morte. “Dunque”, dice sbrigativa la zia Piera, “come vuoi chiamarlo: un deficiente irresponsabile, o un consapevole untore come nel libro?” (Parla dei Promessi sposi…). La forza, e la libertà, delle parole, dico io, non lascia scampo: quella minaccia vagante nella nostra società è nemica ai vaccinati, è violenza ai pacifici, è indifferenza aggressiva. Inutile gridare ai novax: “State attenti, il virus non seleziona, invade, colonizza, e anche voi siete statisticamente tra i suoi possibili e probabili territori di conquista”. Ma loro sono tutti superbi della propria ignoranza opposta al sapere scientifico, orgogliosi di questa loro specificità culturale negativa. A proposito, il grande poeta veneto Andrea Zanzotto, conterraneo di tanti leghisti, novax e nopass, ha scritto un giorno: “Tra l’altro, la scienza è sempre minacciata da schiavitù, rischia continuamente di trovarsi asservita ai piani della più tonta e pseudo-astuta e maniacale aggressività umana, che è pronta sempre a truccarsi anche da missionaria e salvatrice”. Letta in Aure e disincanti (Mondadori 1994).
Chi semina raccoglie

Torno alle parole, perché ne stiamo perdendo continuamente: il nostro vocabolario personale si è impoverito, e pazienza se fosse solo un esito senile: il peggio è quando si scopre che anche i giovani ne usano sempre meno, stregati dal telefonino e dalle altre protesi digitali. Non solo stiamo diventando meno ricchi di parole, ma è lo stesso argomentare che si sta arrugginendo: per esempio, si inciampa nel discorso, e allora si lasciano parlare il nostro fondo più istintivo e volgare (insulti) e il corpo (aggressività).
Il fatto è che certe qualità proprie dell’umano vanno coltivate anche contro l’andazzo dei social. Ricordo che in campagna si usava dire “Prima di raccogliere, bisogna coltivare”. E’ il sapere che non va denigrato o ignorato: il sapere è nutritivo, corroborante, strategico ecc. Conoscere, aiuta a difendersi dagli azzeccagarbugli di manzoniana memoria, oggi infiltrati nella società con altri nomi. E allora, dice qualcuno, dobbiamo coltivare le parole? Può essere un’idea, anzi una opportunità.
Un verbo “pericoloso”

Oggi parliamo di un verbo che si va diffondendo e che dovrebbe allarmarci: dimenticare. L’ho trovato in due contesti diversi. Il primo accenno è in un appassionato appello dell’arcivescovo di Napoli ai suoi concittadini perché sbarrino la strada ai malvagi, che nel suo caso sono i camorristi, che definisce “quelli che hanno dimenticato di essere umani…” Terribile: si scende sempre più a fondo nell’animalità dove l’Uomo non esiste più. Come può accadere?

Il secondo accenno viene da lontano, dal saggio Yoda, il quale ha detto: “Il futuro ci chiama tutti, sempre. Un richiamo forte e chiaro. Ma oggi notiamo che aumentano fra voi quelli che non ne ascoltano la voce possente. Umani” incalza il piccolo Jedi, “vi esorto: non dimenticate il futuro, non solo quello personale, che è già un grave peccato, ma quello proprio della specie Homo e del suo nido ancestrale, il mondo”.
Sisma sulle rive

(28 sett. 2021, dai giornali)
Sulle rive soleggiate dondolano
i grappoli d’oro firmati Unesco
sotto la “forza insinuante”
di un sisma raro e circoscritto.
Tra le colline ricamate del vino,
anzi vignetizzate all’estremo,
mormora un vecchio poeta,
e gridano trionfali i fatturati.
Tace Madre Natura, invece,
e il terremoto letto sui giornali
diventa “parola d’avvertimento
e gonfia le radici del disagio”.
La vignetudine incalza e allarma
i poeti eredi di Zanzotto: “Le viti
ricoprono ogni zolla e oscurano
la terra che fu mater per Andrea”.
“Paesaggire” diventa un’utopia?
(Anonimo)
La mia purtroppo constatazione, è che l’avidità da una parte, e la politica di diffondere in modo ossessivo che il “vicino” può derubarti, danneggiarti, ostacolarti, ( mi ricorda il film Papillon), hanno condizionato tutta il nostro equilibrio, siamo bersagliati da notizie che mettono sotto pressione il nostro umore.
Concludo,dicendo con amarezza, che in pieno “far west”