Aveva 71 anni appena compiuti Mauro Bellugi, ma sarebbe riduttivo ricordarlo solo come un giocatore cuore e grinta. Bellugi è stato un grandissimo difensore, degno di essere ricordato tra i più grandi interpreti del ruolo. Arrivò nella grande Inter quando c’erano i titoli di coda, ma fece in tempo, a soli 19 anni, a contribuire da protagonista allo scudetto del 1970-71. Quella squadra vinse il titolo con un recupero miracoloso, quando il presidente Fraizzoli esonerò Heriberto Herrera, il profeta del “movimiento”, e lanciò, quasi per disperazione, il tecnico delle giovanili Giovanni Invernizzi. Quest’ultimo, con i nerazzurri in ottava posizione, decise di stravolgere la squadra e lanciò titolare fisso il giovane Bellugi che conosceva benissimo perché lo aveva allenato nella Primavera.
Gli inizi di Bellugi
Prima terzino, abilissimo in marcatura e non male in fase di spinta. Poi stopper, Bellugi si segnalò come uno dei giovani più interessanti del panorama calcistico nazionale. Dopo quel clamoroso scudetto, Bellugi vivrà una notte di gloria nella partita di Coppa Campioni contro il Borussia Mönchengladbach. Quando un suo bellissimo gol risultò decisivo per battere 4 a 2 i tedeschi. Nell’estate del 1974, però, la società milanese lo vendette al Bologna per motivi che non furono mai ufficialmente chiariti.
Alla base della cessione ci fu probabilmente il carattere non facile di Bellugi, il quale, se aveva dei problemi, non si tirava certamente indietro e diceva le cose in faccia. In Emilia giocò grandi campionati. Al punto da vincere, in anni in cui i difensori non scarseggiavano certo in Italia, il ballottaggio con Morini e Mozzini per maglia da titolare in Nazionale.
Perno dell’Italia in Argentina 1978

Bellugi fu lo stopper della magnifica Italia che incantò pubblico e stampa ai mondiali del 1978 in Argentina. Quella, però, che viene ricordata come la sua partita più bella con la maglia azzurra è stata certamente la vittoria dell’Italia a Wembley contro l’Inghilterra nel 1973. Era un’amichevole. Ma all’epoca le partite tra le nobili del calcio non erano mai amichevoli. In quell’occasione l’Italia espugnò per la prima volta gli inventori del football a casa loro, grazie a un gol di Fabio Capello e alla prestazione super di altri azzurri tra cui appunto Bellugi, considerato da molti il migliore in campo. Da qui il soprannome “Leone di Wembley”.
Bellugi e una carriera finita presto
Dopo Bologna, Bellugi giocò bei campionati a Napoli e poi chiuse, ancora giovane, la carriera nella Pistoiese, a causa dei numerosi infortuni alle ginocchia.
Non aveva il carattere per fare l’allenatore, ma ce lo ricordiamo, fino a pochi mesi fa come un simpatico opinionista con la battuta sempre pronta e i commenti pungenti e mai banali. D’altronde quello era il suo carattere, grazie al quale si distingueva sempre dai suoi colleghi.
L’unico avversario che non riuscì a fermare

Bellugi, capellone dalla personalità gaudente, faceva parte di quel calcio beat in continuo contrasto con i sergenti di ferro di un tempo. Ieri ci ha purtroppo lasciati, dopo una lunga e strettissima marcatura all’attaccante più difficile da marcare, ovvero il Covid, al quale, come suo solito, ha saputo comunque rendere la vita dura. Anche quando per le conseguenze dell’epidemia ha dovuto subire l’amputazione delle gambe, ha reagito alla sua maniera, dicendo che si sarebbe ispirato all’esempio del suo grande amico Alex Zanardi. Voleva le protesi subito per ricominciare a muoversi. Ma il Covid non era più per lui un avversario che era possibile fermare.
un ricordo bellissimo di un guerriero in campo e persona semplice fuori
bella descrizione di un guerriero in campo e persona semplice fuori
grazie per aver ricordato un guerriero in campo e uomo semplice e simpatico …che appartiene purtroppo ad un calcio che non c’è più