Dopo aver appreso la notizia che l’Arsenale nord, proprietà demaniale, passerà al Comune di Venezia, ho riletto un vecchio libro della Marsilio di 50 anni fa: “L’arsenale di Venezia – storia e obiettivi di un piano”. Era stato scritto dall’urbanista e docente di Architettura, Romano Chirivi. Ogni tanto un ripasso fa bene alla memoria.
L’Arsenale nord oggi

Oggi l’amministrazione comunale, con i fondi PNRR, investirà oltre 170 milioni per restituire quella parte nuovissima dell’Arsenale, principalmente realizzata tra ‘800 e ‘900 con l’arrivo dei Savoia e l’abbandono degli austriaci. Verranno coinvolti i ministeri della Cultura e della Difesa. Non è un progetto da poco. Tra l’uso espositivo della Biennale, cantieristica, darsene per centinaia di imbarcazioni e recupero dei vecchi edifici abbandonati che servivano da scuole professionali e officine per i futuri arsenalotti, la città verrà allargata e recuperata nella parte più periferica e passatemi il termine “periferia”. Oggi tutta l’area dell’Arsenale nord, già utilizzata dal Consorzio Venezia Nuova per la realizzazione del Mose, è in pratica abbandonata. I cantieri per la futura manutenzione delle barriere mobili sono stati spostati a Porto Marghera.
Il programma di recupero di Chirivi

Dunque, il professor Romano Chirivi, partendo dai Piani particolareggiati del 1970 (ripeto 1970) prevedeva un programma di recupero dell’intera area, già monopolio della Marina Militare e precluso per segreti strategici, ai cittadini. Nella presentazione del volume, Gianni De Michelis, poi importante ministro, ma assessore all’Urbanistica nel 1969, poco più che ventenne, auspicava: “…una inversione di tendenza nella pianificazione dei centri storici, che, in alternativa al concetto statico della conservazione, proponeva una ‘conservazione dinamica’, tale che ‘innervando’ nella città storica, crei nuovi contenuti economici, servizi, attrezzature pubbliche, e permettesse la sussistenza e la riqualificazione del patrimonio arsenalizio stesso”. (luglio 1976).
Il recupero dell’Arsenale nord

Il recupero, che già prevede la spesa immediata di 25 milioni per la sponda del Rio della Tana, le mura di San Daniele e il recupero dell’isola delle Vergini, vedrà nell’imminente futuro l’utilizzo della Torre dell’Alberatura (con magnifica terrazza) e relative sale congressi, l’utilizzo dei due bacini di carenaggio novecenteschi per la manutenzione degli yacht, numerosi posti barca, il recupero per fini sociali dei due fabbricati, già laboratori e scuole professionali, vicini agli impianti sportivi e ai campi da calcio.
L’Arsenale nord è già ben collegato con i mezzi pubblici Actv: linea 4.2 Murano, Fondamente Nove, S.Pietro di Castello, San Zaccaria, Giudecca. Restano da sciogliere i dubbi sul recupero del Rio delle Galeazze, con mezzi Actv, in funzione fino dagli anni Ottanta, oggi precluso. È un tema scottante e contestato dai residenti di Castello, ma accorcerebbe di gran lunga i tempi di collegamento tra Murano, San Marco, Giudecca. Infine é da auspicare l’ingresso per residenti e turisti, del magnifico portale cinquecentesco dell’Arsenale, quello con i tre giganteschi leoni in marmo provenienti da Atene e “souvenir” (diciamo così) dell’ammiraglio Francesco Morosini, quello che bombardò il Partenone nel 1687…
L”Arsenale nord chiuso

Oggi il portale rinascimentale è inibito, top secret, chiuso, perché strategico militare. Non si può entrare per motivi di sicurezza della Marina Militare. Ma non è un “cincinin” esagerato? L’Arsenale, termine oggi comune in tutto il mondo, ha quasi mille anni di storia anche se in realtà la parola è di origine araba e significa “casa dei mestieri”. All’epoca a Costantinopoli erano, tecnologicamente parlando dal punto di vista navale, più avanti di noi. L’Arsenale è ancora diviso in “Vecchio”: ovvero XII secolo, “Nuovo” (si fa per dire…) del ‘300. “Novissimo” dal 1473. La Porta Nova è invece del 1810. Ultimo dato, così tanto per riflettere, nel secolo scorso ci lavoravano 16 mila arsenalotti, gli operai navali. Ma era una Venezia diversa.