“Mi sono un po’ commosso a fine partita. Non lo nego. Sei anni con quei colori rossoblu’ addosso non si dimenticano facilmente”. A parlare è un signore che a fine aprile ha compiuto 78 anni. Cinquantuno anni fa, il 23 maggio del 1974, sempre allo stadio Olimpico di Roma, quel signore all’epoca 27enne era in campo nella finale di Coppa Italia tra Bologna e Palermo. Ivan Gregori, di professione mediano e proveniente da Oderzo, Sinistra Piave, sollevò l’ultimo trofeo nazionale conquistato dalla città felsinea prima della vittoria firmata Ndoye. Per la cronaca la partita vinta dal Bologna nel 1974 fu molto più faticosa rispetto a quella portata a casa dagli uomini di Vincenzo Italiano pochi giorni fa col Milan. Ci volle un rigore al 90’ siglato da uno dei bomber dell’epoca, Beppe Savoldi, per pareggiare i conti contro un Palermo indomito. Quindi i tempi supplementari poi i calci di rigore.
Gregori, cosa ricorda di quella Coppa Italia?

“Quel giorno a Roma contro il Palermo non fu facile. Nella gestione della partita ci hanno messo in difficoltà. La squadra siciliana era forte e preparata, sapeva non farti giocare e ci mise in difficoltà. Nel calcio ci sta tutto”.
Gregori, ci volle un rigore di Savoldi per arrivare ai supplementari e poi ai rigori. Come era quel Bologna?

“Beppe mio coetaneo, forte tecnicamente, goleador grande stacco di testa. Buona persona, disponibile e affabile. Quel Bologna era una buona squadra collocabile nei primi cinque posti. L’allenatore il Petisso Pesaola viveva la partita non riusciva stare in panchina partecipava con la squadra. Guardava molto alla persona curava la condizione e ti lasciava esprimere l’estro e l’inventiva seppur a ritmi più blandi rispetto a oggi”.
Oltre a Savoldi?

“Giacomino Bulgarelli unico, Francone Janich uno che dava tempi e ritmo. Poi “Whisky” Liguori longilineo un bell’incontrista che sapeva giocare la palla, ci sentiamo ancora oggi. Eraldo Pecci bravo il classico geometra del centrocampo. Poi Pace e Roversi”.
Gregori, cosa è successo l’altra sera…sempre all’Olimpico?

“ Ho sempre sottolineato di stare attenti perché sulla carta il Milan è superiore. Ma nel calcio non sempre è così. Cuore ed emozione contano. Quel rimpallo nel corso del primo tempo che il portiere ha salvato non si sa ancora come, ha galvanizzato il Bologna. E poi mi piace l’allenatore Vincenzo Italiano, uomo sincero e diretto, uno che non si esalta e non si abbatte”.
E poi la festa. Che piazza è stata per lei Bologna ?

“Stupenda. Anche i giovani la amavano. Ha una delle più antiche Università e tra le più quotate al mondo. Ai miei tempi era una Città apertissima e vivibilissima”
In questo Bologna che ha appena trionfato c’è un Ivan Gregori ??

“Fabbian: lo vedo come un Liguori. Freuler è un mix tra il sottoscritto e Bulgarelli”.
Lei ha un feeling con i colori rossoblù: quasi un decennio tra Bologna, Cagliari e Genoa. Qual è il giocatore più forte che ha affrontato in carriera.

“Luis Suarez in assoluto il più forte. Mi disse “sei un giocatore che mi ha dato fastidio” durante un Inter-Vicenza. Poi il fuoriclasse spagnolo me lo sono ritrovato a Cagliari come allenatore”.
Gregori, invece il più forte con cui ha giocato?

“Gigi Riva, anche se era verso la fine della carriera. Un leader, un trascinatore. Persona meravigliosa. Dopo Riva metterei Beppe Savoldi, senza dimenticare Giacomino …Bulgarelli…stupendo”
L’allenatore con cui ha legato di più?

“Antonio Pin: mi ha fatto esordire a Vicenza, lo definisco un padre. Come persona e doti qualitative Edmondo Fabbri massacrato dalla critica dopo la sconfitta con la Corea del Nord ai mondiali del 1966 in Inghilterra. Uno travolgente era Gigi Radice, ricordo ancora quando ci convocò nello spogliatoio per annunciarci che sarebbe andato ad allenare una importante squadra del Nord Italia. Il Toro dove vinse lo scudetto”.
Le piace il calcio di oggi?

“Non mi dispiace. Molto tatticismo, ma poi basta che sulle fasce ci sia uno che salta l’uomo e va all’uno contro uno e può creare danni”.