La campagna vaccinale procede, ma lungi da essere priva di “ostacoli” che possono derivare da fattori esterni e, quindi, meno controllabili dal singolo o da chi ci governa, o da fattori soggettivi come l’opposizione o il dubbio riposto nell’efficacia e nell’essenzialità della vaccinazione stessa. Nel primo caso possiamo fare riferimento a eventuali ritardi dovuti a alla consegna delle dosi da parte delle case farmaceutiche, ma nel secondo caso le cose si fanno più complesse. Nello specifico, si fanno più difficili quando sono i professionisti del settore sanitario che si oppongono alla vaccinazione. Comunque i dati parlano chiaro. In Italia un vaccinato su tre.

Vaccinato uno su tre. Ma i problemi restano
Come è successo nell’Usl 3 dove la percentuale di operatori non vaccinati, ad aprile si aggirava intorno al 10-15%. In questo caso la situazione si complica per diverse ragioni: nel caso in cui sia proprio un operatore sanitario ad opporsi alla vaccinazione, potrebbe influenzare – per autorità e competenza – anche gli utenti che perpetrano ancora qualche dubbio. L’operatore sanitario è per ovvie ragioni in contatto con un gran numero di persone e potrebbe mettere a repentaglio la sua salute personale e quella altrui e, ancora, potrebbero esserci delle conseguenze di tipo sanzionatorio o di altro genere.

Edgardo Contato
Edgardo Contato, direttore della Uls, commentava: “Ora dovremo capire le motivazioni alla base di questi rifiuti. Ci sono alcuni operatori che, in passato positivi, non potevano essere vaccinati nei tre mesi successivi alla negativizzazione. Per altri, il no è stato motivato dalle controindicazioni alla somministrazione”. La percentuale riferita a quest’ultimi dovrebbe comunque essere molto bassa, ma è possibile in questi casi che si possa procedere con un ricollocamento dell’operatore; ma questo avviene non in ottica sanzionatoria, bensì esclusivamente a tutela del lavoratore stesso e dell’utenza.

Un vaccinato su tre. Ma come la mettiamo con i “no vax”?
Il discorso è diverso per coloro che si dichiarano apertamente “no vax” e che quindi si oppongono alla vaccinazione in assenza di una motivazione valida. Il caso non è isolato, ma l’obbligo vaccinale, vale la pena ricordarlo, è previsto dal decreto legge. Al di là del singolo caso, questo genere di questioni potrebbero conclamarsi indirettamente in danni all’utenza: l’unità ospedaliera in generale dovrebbe avere priorità e urgenze di altro genere in un momento come questo.
Nel frattempo, come procede la campagna vaccinale?
In Italia sono state superate i 25 milioni di dosi somministrate (le prime dosi totali somministrate ammontano a 17.641.205 ossi quasi il 30% della popolazione) e la regione Veneto decisamente non se la cava male. È di poche ore fa il riconoscimento del primato da parte del generale Francesco Paolo Figliuolo per molti aspetti legati alla campagna.

Vaccinato? Al Veneto il primato
Il Veneto è la prima Regione in Italia per le vaccinazioni degli over 80 (equivalente al 98% rispetto alla media nazionale dell’88%) e degli over 70 (83% contro una media di circa il 75%); ottimi sono i risultati anche per la vaccinazione delle categorie più fragili. Ogni giorno sono 1.300 gli operatori distribuiti in 60 centri vaccinali. “Arriveremo all’immunità di gregge nei tempi previsti” ha commentato Figliuolo.
Il caso Veneto

In Veneto sono 2.393.360 le dosi consegnate delle quali il 90,7% è stato già somministrato con un totale di persone completamente vaccinate pari a 619.835.
Rimane la Lombardia con 1.208.180 di persone la regione più vaccinata, anche se il governatore Fontana fa sapere che per aprire la prenotazione dei vaccini alla fascia over 40 si dovrà attendere il 20 di maggio (mentre alcune regioni contano di raggiungere questo obiettivo entro la metà del mese). Dopo la Lombardia, sono il Lazio e l’Emilia-Romagna con rispettivamente 77.3158 e 663.014 persone vaccinate sul territorio regionale.
Veneto ok per il vaccinato. Ma non è una gara

È bene ribadire che non si tratta di una competizione e che il numero di persone vaccinate dipende da innumerevoli fattori come l’efficacia della distribuzione, l’intervallo di tempo tra prima e seconda dose, dalla percentuale di dosi proporzionato al numero degli abitanti, dalla distribuzione della popolazione e così via. La campagna vaccinale deve anche servire non solo ad andare verso a una graduale riapertura, bensì può rappresentare un’occasione di diffusione di buone pratiche e di miglioramento del Sistema Sanitario Nazionale.