Dal 2015 in poi, l’artista veneziana Paola Volpato ha intrapreso un progetto che unisce pittura, memoria e attivismo: ritrarre, a uno a uno, i volti delle donne uccise in Italia per femminicidio. Attraverso centinaia di ritratti, l’opera mette visivamente in scena ciò che troppo spesso rimane un numero nei registri: un volto, un nome, una storia. Sono passati dieci anni e più da quando Paola Volpato ha iniziato ad archiviare questi volti, sono più di 800, una raccolta meticolosa e struggente, un ritaglio di giornale, un trafiletto, ma senza una immagine, “donne invisibili”, persone che conducevano una loro vita e poi sono sparite, nel nulla nell’oblio, portate via dalla rabbia, dal rancore, dal livore, dalla violenza, dalla morte.
Donne che hanno lasciato famiglie, madri, padri, sorelle, fratelli, amici, e soprattutto figli, perché il matricidio come dice Paola è un capitolo a parte ancora più delicato; con questo percorso, Paola suscita riflessione sulla violenza di genere, invita il pubblico a guardare – letteralmente – queste donne e ne restituisce la dignità che la tragedia aveva cancellato.
Origine del progetto

L’idea di Paola Volpato si sviluppa partendo da una presa di coscienza: ogni anno in Italia numerose donne perdono la vita per mano di un uomo — partner, ex, o conoscenti — e gran parte delle storie rimangono frammentarie nella cronaca. Volpato decide così di «ridare un volto alle donne vittime della violenza di genere», come lei stessa afferma, “per scongiurare che diventino numeri” e recuperare la loro individualità.
Il lavoro pittorico

Nel progetto, ogni ritratto — realizzato a china o su carta/cotone — rappresenta una donna uccisa, con nome, volto e circostanza. Ad esempio: nella mostra “Femminicidio 2015-2022” erano già circa 640 ritratti esposti in cronologia.
L’installazione è spesso allestita in modalità immersiva: una spirale o “galleria” dove lo spettatore è circondato dagli sguardi delle vittime, in un percorso che implica memoria e partecipazione emotiva.
In alcuni casi, quando non sono reperibili immagini delle vittime, l’artista inserisce “spazi vuoti” neri o nomi senza volto, conferendo anche a queste donne una presenza simbolica.
Finalità e impatto sociale

Questo lavoro non è solo estetico: è fortemente connesso a un’urgenza civile. Come spiega Volpato, “lo faccio per dare dignità” a queste donne, “che non sono più” e che altrimenti rischiano di essere dimenticate ed è suo bisogno, disegnarle sempre meglio, sempre più riconoscibili.
Le mostre sono state allestite in sedi istituzionali di grande rilievo, sino alla Camera dei Deputati , scuole, biblioteche, piazze: a testimonianza del fatto che l’arte può entrare nel dibattito pubblico su violenza e genere.
Inoltre, offrendo volti e storie, il progetto richiama l’attenzione sull’entità del fenomeno, in Italia e oltre: numeri che spesso passano come dati astratti diventano storie concrete.
Criticità e riflessioni



L’opera di Volpato invita anche a riflettere: cosa significa ricordare, come evitare la spettacolarizzazione della morte, come mantenere rispetto e dignità nelle rappresentazioni.
Inoltre, emerge la questione della visibilità: molte vittime non hanno immagini pubbliche, il che incide sulla memoria collettiva. Il “non-ritratto” diventa anch’esso materia di riflessione.
Infine, la periodicità del progetto — che ogni anno aggiorna e amplia il panorama — fa sì che diventi anche un indicatore: non solo artistico, ma civico, della persistenza della violenza di genere.
Paola Volpato, quale è stato il momento bel 2014 che l’ha spinta a iniziare questo suo progetto?

Tutto iniziò con emozionante flash mob organizzato in Piazza ferretto, dove si deponeva una candela attorno alla fontana di Alberto Viani del chiamando il nome della vittima di femminicidio, e a turno si deponevano queste candele, fu allora illuminata dalla stessa luce, che iniziai a pensare a questo progetto, nato perché quel flash mob aveva dato molto, ma mancava di una parte visiva. Così iniziai a ricercare i volti, i ritagli di giornale, le ricerche nel web, persone che sapevano del mio progetto, mi invaiano la foto di una loro cara scomparsa.
Paola Volpato, quale fu la reazione dei famigliari delle vittime?

Devo dire che all’inizio ero partita con una certa titubanza, la paura di entrare troppo nell’intimo, la paura di innescare reazioni strane, non sapevo, ed invece fu per me e per le famiglie di queste povere donne, un modo per conoscerci, per parlare di loro e loro stessi avevano bisogno di raccontare una parte della storia della loro cara che gli era stata strappata via; ci furono ringraziamenti, abbracci e anche tanta commozione.
Paola Volpato, come lo definiresti questo tuo archivio?



Lo definirei un vero e proprio memoriale, come quasi una monumentale raccolta per ricordare le vittime; come esistono memoriali per la commemorazione di vittime per altre motivazioni, anche questo dovrebbe essere considerato tale, poiché sono spazi in cui è indispensabile studiare e comprendere gli eventi al fine di trasmetterne la memoria di quanto accaduto soprattutto alle future generazioni.
Hai progetti per il futuro?



Continuare. Continuare… questa mia azione, non posso fermarmi, io dipingo fino a notte fonda, quest’anno sono 70 i volti che ho realizzato, sono quindi fino ad ottobre 70 vittime, fino a dicembre spero si fermi il numero. Spero tanto che però che le Istituzioni, come anche le grandi Società, le Fondazioni, che molto fanno per contrastare il fenomeno, possano supportarmi al fine di creare una progettualità congiunta che includa anche visoni artistiche; i volti che io disegno sono quelli di possibili donne che ad uno sportello un domani potrebbero essere sulla pagina della cronaca nera; io raccolgo una testimonianza unica al mondo e la mia speranza è che la lungimiranza di menti acute possano essere attente al mio sentire, che anche sentimento ed impegno sociale.
Paola Volpato alla Maratona di Voci 2025

Il 25 novembre prossimo, le Associazioni Mestre mia, Panathlon Mestre e Soroptimist, saranno impegnate nella “Maratona di Voci 2025”, giunta quest’anno alla sua 6° edizione, come per gli anni precedenti l’apertura della lunga ed impegnativa kermesse sarà proprio dedicata ad un video che raccoglie i ritratti delle donne vittime di femminicidio di questo 2025 di Paola Volpato. Finora sono 70 volti, speriamo si fermino qui.
L’arte di Paola Volpato è una testimonianza che sfida l’indifferenza e interroga il presente. In un Paese in cui il fenomeno del femminicidio rimane tragicamente attuale, il suo lavoro propone non solo memoria, ma partecipazione. Ogni ritratto, ogni nome restituito, diventa una chiamata: guardare, ricordare, agire.
E in questo senso, l’artista non solo racconta la tragedia, ma la combatte con l’arma della visibilità.


















































































grazie FEDERICA!
Paola Volpato è una grande persona e donna, non c’è che ammirazione per lei