Parlando di progettazione, in genere si pensa solo a quella degli edifici ma, in realtà, altrettanto importante è la progettazione degli spazi non edificati, quelli che rimangono liberi e che devono essere adeguatamente “immaginati” per essere funzionali e fruibili al meglio. Una vera e propria era della rivoluzione verde. La progettazione del paesaggio inizia con la realizzazione di giardini e parchi soprattutto nelle grandi ville nobiliari; possiamo dire che, dal 1800 in poi, parchi e giardini assumono un ruolo centrale nella progettazione urbana, essendo all’inizio quasi esclusivamente realizzazioni private per diventare, poi, parte dell’urbanizzazione pubblica, grazie alla realizzazione dei primi parchi pubblici.
Lo spazio occupato da questi grandi elementi urbani fa sì che l’uomo acquisisca una consapevolezza sempre maggiore della necessità di salvaguardare correlandola sempre più strettamente alla progettazione architettonica. Questa definizione di parti sempre più importanti del paesaggio urbano, estensione delle grandi architetture di ville e palazzi nobiliari, entra nel nostro vocabolario tra il quindicesimo e il sedicesimo secolo. Il termine ha origine dal francese paysage che a sua volta deriva dal latino pagus e dall’olandese landschap, a identificare porzioni di spazio coltivate e curate, percepibili da un unico punto di vista, così come in quell’epoca vengono rappresentate soprattutto nella pittura olandese.
Il cosiddetto impatto urbanistico nell’era della rivoluzione verde

Oggi possiamo affermare che più della metà della popolazione mondiale vive in aree urbane, e il ruolo del paesaggio diventa sempre più fondamentale nella definizione degli spazi aperti.
I recenti interessi economici nei confronti della rigenerazione urbana delle città esistenti, ma anche in quelle che vengono realizzate con nuovi insediamenti in aree desertiche o sovrappopolate, hanno messo sotto i riflettori gli spazi aperti, intesi come l’ultimo vero e proprio lussodella civiltà di oggi, se non proprio considerandoli delle necessità assolute. In questo senso, abbiamo la conferma anche dal mercato immobiliare; a partire dalla pandemia, le richieste di nuove abitazioni sono sempre più caratterizzate dalla necessità espressa dagli acquirenti di avere cortili, giardini o grandi terrazze come ornamento della propria abitazione.
Ed è partendo da considerazioni di questo tipo che si vedono sempre più progetti di integrazione della natura all’interno degli edifici (e non solo all’esterno!), inserendo vegetazione e alberi dentro gli stessi, modernizzando così il concetto dei giardini delle grandi ville del passato che, oggi, tendono a svilupparsi in verticale.
Le città spugna

L’integrazione del verde nella progettazione architettonicapassa attraverso la creazione di spazi e opere nelle quali la vegetazione predomina, con lo scopo, anche ma non solo, di alleggerire l’impatto delle costruzioni.
Il concetto di “città spugna” (in inglese: sponge city) nasce all’inizio di questo secolopiù o meno contemporaneamente in vari luoghi del mondo, ma hale sue radici in Cina, grazie all’architetto paesaggistaKongjianYu, fondatore dello studio di architettura del paesaggio Turenscape, da anni occupato nella progettazione di questo particolare tipo di insediamento urbano.
Come sfruttare l’era della rivoluzione verde

Utilizzando materiali speciali, creando sempre maggiori spazi verdi e grazie anche alla progettazione di strutture architettoniche specifiche, è possibile convogliare la pioggia caduta sel terreno e indirizzarla verso falde acquifere o bacini di raccolta artificiali, i cd. “rain garden”.Questi giardini sono appositamente progettati con una struttura a bacino depresso rispetto alle superfici circostanti e, durante i temporali, questa configurazione consente di sfruttare l’avvallamento per raccogliere l’acqua piovana. Grazie ai diversi strati presenti nel terreno, l’acqua viene poi drenata gradualmente e filtrata dai vari componenti inquinanti. Le piante utilizzate nei rain garden sono spesso specie autoctone, selezionate per adattarsi alle condizioni locali e favorire la biodiversità della flora e della fauna. Questa scelta non solo contribuisce alla gestione sostenibile delle acque piovane, ma anche alla conservazione degli ecosistemi naturali presenti nelle aree urbane.
Un approccio spiccatamente di tipo ecologico come questopermette di non sprecare l’acqua piovana ma di recuperarla e destinarla al miglioramentodella salute degli alberi nelle aree urbane, facilitando la crescita delle radici anche sotto le superfici pavimentate. Inoltre, grazie alla conservazione e al riutilizzo programmato dell’acqua recuperata, si possono mantenere rigogliosi i numerosi giardini previsti da questo modello urbano, garantendo così un ambiente più sano e vivibile per i residenti.
L’era della rivoluzione verde aiuta anche le metropoli

Tali soluzioni stanno in parte venendo integrate anche in climi aridi e desertici per combattere fenomeni quali le inondazioni improvvise (in inglese: flash floods), cioè un fulmineo aumento dell’acqua lungo un ruscello o un torrenteche si verifica entro sei ore da un evento piovoso significativo e che, di solito,è causato da temporali intensi che producono forti piogge in un breve intervallo di tempo (vedi quello avvenuto il 31 Maggio scorso a Premariacco, in Friuli).
Esempi di questo fenomeno si possono trovare nelle trasformazioni territoriali delle metropoli europee come Milano. In cui sono stati realizzati progetti di rigenerazione urbana mediante l’applicazione di strategie, azioni e interventi basati sulla natura. Che forniscono servizi ambientali e vantaggi socioeconomici capaci di aumentare la resilienza della città. Definite dalla Commissione Europea con la sigla NBS (Nature Based Solutions, in italiano: Soluzioni Basate sulla Natura), queste soluzioni supportano il sito oggetto di rigenerazione urbana. Ma anche tutto il territorio che sta nella sua prossimità.
Nuove professionalità

La progettazione del paesaggio secondo queste nuove regole permette di gestire gli eventi meteorici. I cambiamenti climatici e le necessità delle aree verdi, riducendo al minimo l’uso di infrastrutture e sottoservizi. Questo approccio alla trasformazione del territorio urbano richiede elevati livelli di tecnica e di esperienza progettuale. Coinvolgendo diverse discipline che lavorano in sinergia, con i relativi professionisti, vecchi e nuovi.
Tra questi,ci sonol’ingegnere idraulico, che studia la gestione sostenibile delle acque e garantisce l’invarianza idraulica del sito di progetto. L’agronomo, che si occupa dell’inserimento di specie vegetali adatte al contesto. L’ingegnere ambientale, che ha il compito di indirizzare la formazione di corridoi ecologici attraverso l’analisi del suolo. E, ultimo ma non per ultimo, l’architetto del paesaggio, al quale è affidato il compito di immaginare i luoghi e renderli reali. Questo professionista è, di fatto, l’elemento di collegamento tra gli spazi e le architetture. Cioè colui che ha il compito di collegare tra loro ivari professionisti coinvolti, in modo tale da rendere possibile la corretta realizzazione del progetto.