Venezia è la capitale dell’ingratitudine. L’anno scorso sono stati ricordati i sette secoli dalla scomparsa di Marco Polo (1324) e quest’anno ci sono i tre secoli dalla nascita di Giacomo Casanova (1725). Sono i due veneziani più famosi al mondo. Dal Canada al Giappone, basta pronunciare il nome e tutti sanno chi sono. Marco Polo (assieme al gesuita Matteo Ricci) sono gli unici due italiani ritratti tra i grandi della Cina nel palazzo della Purezza Celeste a Pechino. Casanova, con i suoi 44 libri, viene menzionato semplicemente come libertino.
Marco Polo e Giacomo Casanova hanno in comune due cose: entrambi hanno pubblicato in francese, la lingua europea per eccellenza, dal Trecento al Settecento, ed entrambi non hanno nessun monumento che li ricordi nella loro città natale.
Marco Polo, ci mise quasi quattro secoli, per essere avvalorato come grande scrittore oltre che mercante. Il suo Milione, ovvero “Le devisamentdou monde” venne bistrattato dalla cultura europea che lo definiva poco attendibile e di fantasia. “Milione” infatti era un titolo denigratorio. Fu solo nell’800, grazie alle ricerche tedesche, che i luoghi descritti e le comparazioni con i personaggi dell’epoca, furono giudicate credibili e il Milione divenne uno dei best seller mondiali.
Che belle ingratitudine!

Stessa sorte per le memorie di Casanova. Furono pubblicate postume nel 1825 (era morto nel 1798) da un editore tedesco, Friedrich Brockhaus. Nel 1834 venne messo al bando nell’indice dei libri proibiti. Depurato e censurato fece comunque fortuna editoriale. Solo nel 1960 riapparve con il titolo originale, “Histoire de ma vie”.

Casanova ha una piccola targa in marmo in calle Malipiero, posta dall’Azienda di soggiorno di Venezia, tanti anni fa. “In questa calle …nacque Giacomo Casanova il 2 aprile 1725”. E infatti è la calle sbagliata. Casanova nacque in calle delle Muneghe, poco distante.
Marco Polo ovunque ma non nella sua città

Marco Polo ha diverse statue ricordo: in Cina a Hangzhou e a Gansu, a Ulan Baatar in Mongolia, a Bangkok in Thailandia, in Inghilterra a Cliveden, perfino a Curzola, dove i croati lo ritengono loro concittadino. Anche a Genova c’è un bel mosaico che lo ritrae nientemeno che a palazzo ducale.
C’è anche chi ha provato a sopperire a tanta ingratitudine

Tornando ai tre secoli della nascita di Casanova, lo scrittore Alessandro Marzo Magno, che fa parte di un folto gruppo internazionale di “casanovisti”, vorrebbe proporre delle targhe in marmo e un itinerario nei luoghi da lui abitati: vicino alla chiesa di San Samuele, dove come abate tenne delle prediche diciamo “impudiche”, ma molto seguite dalle nobildonne; a palazzo Bragadin a Santa Marina, dove visse diversi anni alle spalle del nobile Matteo. Infine a Palazzo Zaguri in campo San Maurizio, dove Casanova, amico del giovane Antonio Zaguri, visse gli ultimi anni veneziani.
Anche per via dei legami massonici ed esoterici. Non molti sanno che nel 1797, quando cadde la Serenissima, Casanova ormai cittadino asburgico, chiese una carrozza con 4 cavalli al nobile Waldstein che lo ospitava nel suo castello di Duchcov (Dux in tedesco) per morire da cittadino libero nella “sua” Venezia. Ma le condizioni di salute non glielo permisero e infatti morì pochi mesi dopo. A tale proposito, oggi nel castello esiste il museo Casanova con la poltrona (falsa) dove morì, la tomba anch’essa falsa. È meta di un turismo culturale sempre vivo, mentre migliaia di manoscritti casanoviani sono custoditi al Museo nazionale di Praga.
Ingratitudine verso tanti altri

Ma all’elenco dei famosi nella “città ingrata” possiamo inserire altri personaggi: Giuseppe Volpi, il creatore di Porto Marghera, ha una statua tutta sua, ma in Montenegro, ad Antibari, dove la città portuale ricorda il suo vecchio benefattore. A Venezia nessun monumento, anche se al Lido fu il creatore della prima mostra cinematografica al mondo (poi copiata dai francesi a Cannes e dai tedeschi a Berlino, dagli svizzeri a Locarno…).
Altri nomi dimenticati? Peggy Guggenheim, Giuseppe Cipriani, Cesco Baseggio, Emilio Vedova e l’archeologo Tito Canal. Al cimitero di San Michele, a otto anni dalla morte, resiste ancora una tomba con croce in legno provvisoria.