Ma è vero che in Italia gli edifici residenziali sono troppo vecchi? Per verificare questo dato, un po’ allarmante, prende corpo l’idea di un Fascicolo Digitale del Fabbricato, utile soprattutto per fare il punto sugli interventi di efficientamento energetico che si sono realizzati. Questo anche in vista della direttiva Ue per le case green. Oltre il 74% degli immobili italiani ha più̀ di quarant’anni. Nelle grandi città la percentuale sale all’85%. I fabbricati residenziali realizzati prima degli anni ’60 sono circa 4 milioni, il 40% di tutto il costruito. Tenuto conto di questa situazione, la Fondazione Inarcassa sostiene, probabilmente a giusta ragione, che è necessario fare un censimento, serio e accurato, degli edifici italiani ma, soprattutto, che si dovrebbe rendere obbligatorio il Fascicolo del Fabbricato, cioè una specie di «carta di identità» delle nostre case.
Ristrutturazioni più veloci per far posto alle case green
In materia di “Case Green”, l’Unione Europea “bacchetta” Roma: «Italiani troppo lenti sulle ristrutturazioni». Premesso che non si può non essere d’accordo sul fatto che il patrimonio edilizio, soprattutto quello residenziale, è troppo vecchio, andiamo a vedere un po’ di numeri.
In Italia sono stati censiti 12,5 milioni di edifici residenziali (dati Cresme) e di questi 2 su 10 sono in pessime condizioni «Un patrimonio immobiliare vulnerabile, con troppi edifici – l’Italia è sopra la media Ue per superficie costruita, 6,6% contro il 4,2% del resto d’Europa – troppo vecchi, spesso troppo grandi, e su cui si è intervenuti negli anni in maniera inappropriata», sottolinea il presidente della Fondazione Inarcassa, Andrea De Maio. «Un insieme di fattori che rende il nostro patrimonio immobiliare estremamente esposto ai rischi ambientali, dagli eventi sismici a quelli idrogeologici».
Rischio climatico e sismico
Ma qual è il danno che crea un patrimonio edilizio vecchio e poco efficiente dal punto di vista del risparmio energetico sul clima (e sulle tasche degli Italiani)?
Nel 2023 in Italia si sono verificati 378 eventi estremi e per il 2024 si prevede un aumento del 22% secondo le stime di Legambiente. Inoltre, benché l’Italia, se paragonata al resto del Mondo, ha un rischio sismico moderato, a essere elevato è comunque il rapporto fra l’energia sprigionata dall’evento sismico e i danni generati. «E questo – spiega Di Maio – proprio a causa dello stato in cui si trovano gli immobili e del fatto che siano stati costruiti in totale spregio delle norme antisismiche, quando e se queste erano presenti».
Infatti, il 56% degli edifici delle zone a rischio da 1 a 3, sono stati realizzati in muratura portante (pietra o laterizio), del tutto inadeguate a resistere alle sollecitazioni di carattere sismico; in più, solo il 5% delle case risultano essere assicurate contro maltempo e terremoti. E tutto questo ancora non basta a far sì che gli italiani assicurino le loro case: solo il 5,3% del totale, secondo i dati Ania (Associazione nazionale fra le imprese assicuratrici), sono assicurate.
Case green: quanto costerà alle famiglie adeguarsi alla direttiva Ue?
Come detto poc’anzi, per tutelare il nostro patrimonio e renderlo più sicuro ed efficiente, è necessario avere le idee chiare su quale sia la situazione. Ancora De Maio. «In questo senso, l’introduzione del Fascicolo del Fabbricato, partendo dagli edifici di nuova costruzione e da quelli interessati da ristrutturazioni rilevanti, da estendere progressivamente a quelli più datati, migliorerebbe non solo la conoscenza dello stato di salute dei nostri immobili, rendendo disponibili informazioni come la vulnerabilità sismica, la classe energetica e il piano di manutenzione, ma accelererebbe quel processo di informatizzazione del Catasto e rappresenterebbe allo stesso tempo uno strumento capace di certificare il livello di sicurezza degli edifici e aiutare la programmazione degli interventi necessari».
La direttiva Ue sulle case green: a che punto siamo?
Non dobbiamo dimenticare la “spada di Damocle” che minaccia la testa degli Italiani proprietari di immobili datati: entro il 2026 l’Italia deve recepire la direttiva europea sulle “case green”, del 28 maggio scorso. Il governo dovrà presentare un piano di riduzione dei consumi nel quale spiegherà come raggiungere gli obiettivi fissati dall’UE. La direttiva prevede che gli Stati membri riducano il consumo di energia degli edifici del 16% entro il 2030 e del 20-22% entro il 2035. Il 55% di questa riduzione dovrà essere ottenuta tramite la ristrutturazione del 43% degli immobili con le prestazioni peggiori.
Ma ci sono anche buone notizie. Gli edifici certificati nelle classi energetiche peggiori scendono sotto il 50% del totale, dicono i dati del 2023 nel Rapporto annuale sulla Certificazione Energetica degli Edifici di Enea, con una percentuale di edifici nelle classi energetiche meno efficienti (F e G) che scende, appunto, sotto il 50% per la prima volta dall’inizio delle rilevazioni.
È quanto emerge dal V Rapporto annuale sulla Certificazione Energetica degli Edifici, realizzato da ENEA e Comitato Termotecnico Italiano Energia e Ambiente (CTI) sulla base degli Attestati di Prestazione Energetica (APE) registrati nel Sistema Informativo degli Attestati di Prestazione Energetica (SIAPE) e presentato giovedì a Roma.
Il rapporto ENEA
Dopo le opportune verifiche dell’ENEA, nel 2023 registrati sul SIAPE 1,1 milioni di APE, di cui la quota più consistente emessa in Lombardia (21,7%), con a seguire Piemonte (9,2%), Veneto (8,7%), Emilia-Romagna (8,5%) e Lazio (8,3%).
A conferma del miglioramento delle prestazioni energetiche, nel residenziale il Rapporto evidenzia un incremento di circa il 6% delle classi energetiche più efficienti (A4-B) rispetto al 2022. Un’ulteriore tendenza positiva è la crescita della percentuale di APE emessi conseguenti a riqualificazioni energetiche e ristrutturazioni importanti, che rappresentano rispettivamente il 7,9% e il 6,4% (+2,3% e +2,4% nel confronto con il 2022).
“Il Rapporto ENEA – CTI evidenzia come la certificazione energetica non rappresenti soltanto un strumento tecnico per valutare le prestazioni degli immobili e più in generale del patrimonio edilizio italiano, ma anche uno strumento per migliorarne l’efficienza, favorendo l’adozione di soluzioni tecnologiche innovative che riducano i consumi”, dichiara il presidente di ENEA, Gilberto Dialuce, che aggiunge: “In un contesto di grandi sfide come quelle della transizione energetica e della decarbonizzazione, l’APE offre la possibilità di diffondere una cultura energetica più matura, di incentivare comportamenti virtuosi e investimenti mirati al miglioramento di efficienza e sostenibilità”.