Pasqua non è soltanto organizzazione di vacanze o scampagnate fuori porta. Pasqua ci ricorda una festa importante improntata al mistero del ciclo Vita-Morte-Vita. In una società permeata da un devastante delirio di onnipotenza, dove trionfano guerre e violenza, gli esseri umani sono ridotti a merce e il denaro è la misura di tutto, il dialogo con Isabella Albano – già dirigente scolastica a Venezia e ora studiosa della morte – ci ricorda quanto la morte possa essere un dono straziante, drammatico, ma pur sempre un meraviglioso dono in grado di aprirci ad un senso profondo della vita permeato da valori eterni come l’amore.
Da dirigente scolastica del liceo artistico a studiosa della morte, qual è stata la spinta a iniziare questo percorso?
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“Fin da bambina ho manifestato un particolare interesse per la morte che considero profondamente connessa al senso della vita. Ho incontrato la morte quand’ero piccola: vidi spirare davanti a me mia nonna, la persona più importante della mia vita, allora avevo 11 anni. Ho trascorso quasi tutta la gravidanza in un reparto di rianimazione perché il padre del bambino che avevo in grembo era in coma. Morì 45 giorni dopo la nascita di mio figlio.
Non ho mai immaginato la morte come la lugubre falciatrice rappresentata in tanti dipinti, ma la visualizzo come una ragazza dall’etereo viso, con lunghi capelli neri e vestita d’azzurro, il colore del cielo, quando il giorno sta nascendo. Spesso quand’ero adolescente, la mente mi spingeva a pensare alla morte in modo fascinoso, come un mistero che mi sarebbe piaciuto svelare. Quando ho deciso di abbandonare i miei impegni istituzionali per dedicarmi finalmente a quelli che considero interessi profondi, ho realizzato che era arrivato il momento di occuparmi della morte anche dal punto di vista concettuale e spirituale, ma soprattutto esperienziale”.
Come si è concretizzato questo interesse anche dal punto di vista culturale e spirituale?
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“L’approdo che avevo tanto desiderato è stato il Master “Tutto è Vita”, organizzato dalla Scuola di Alta Formazione in Accompagnamento Spirituale nella Malattia e nel Morire, il cui direttore è Padre Guidalberto Bormolini, importante tanatatologo. Quando lessi nel lontano 1998 il libro di Marie De Hennezel: “La morte amica. Lezioni di vita da chi sta per morire”, con la prefazione di François Mitterand, pensai che tali pagine mi avevano veramente aperto al mondo del Mistero e che di ciò mi sarei un giorno occupata. Ed ecco che a distanza di tanti anni quel mio desiderio è diventato realtà…”
Cos’è la tanatologia?
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“Rispondere alla domanda cos’è la tanatologia implica andare aldilà dell’etimo della parola, che naturalmente ci indica che siamo di fronte allo studio della morte. Sembrerebbe un ossimoro, ma più si studia la morte e più si dà valore alla vita. Ines Testoni, una delle massime esperte italiane di tanatologia, tra le tante tante pubblicazioni relative a questa disciplina, ha scritto: “L’ultima nascita-Psicologia del morire e Death Education”, ci ricorda che solo una precoce sensibilizzazione alla finitezza della vita può sottrarci alla disperazione della caducità e aiutarci a conferire un senso pieno al tempo che vivremo”.
Perché la morte è un tabù nella società contemporanea?
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“La società contemporanea ha rimosso completamente l’idea della finitezza della vita. Le singole esistenze si srotolano in una dimensione che si può dire evochi un tempo eterno. Più veniamo richiamati ad episodi di morte, più viviamo come se fossimo immortali. Riempiamo le nostre case di un’infinità di oggetti, di abiti, di suppellettili che fatalmente abbandoneremo alla nostra morte. Sant’Alfonso Liguori scrisse nel 1758: “ Apparecchio alla morte”, un testo grazie al quale veniamo indotti a pensare alla caducità dell’esistenza umana e alla necessità di prepararci a questo evento, rifuggendo dal male e dedicandoci alle opere immateriali, più che a vivere sotto il segno di una presunta e falsa immortalità. Assaporare il tempo che abbiamo a disposizione, rendendolo unico e prezioso è la grande lezione della scienza che possiamo chiamare tanatologia”.
In una società ammalata di delirio di onnipotenza, qual è il valore del senso del limite?
“Il valore del senso del limite si ricollega a quanto dicevamo prima sul tempo e sulla sua preziosità. È necessario sperimentarlo in una prospettiva evolutiva e non in una dimensione di frustrante esperienza, foriera di infausti e illusori orizzonti. Come dice Padre Guidalberto Bormolini in un suo recente testo intitolato “La vera ricchezza”: “Se non impariamo ad arricchire il nostro spirito durante la vita, ci presenteremo estremamente poveri davanti alla morte”.
Viviamo di più la nostra morte o la morte di chi amiamo?
“Pensare alla morte di chi amiamo necessariamente implica una riflessione sulla nostra. E più siamo in grado di affrontare il dolore della possibile perdita, non occultando le emozioni ad essa collegate, più ci avviciniamo a quella che è la nostra finitezza . La persona nasce sotto il segno della caducità, solo una vita ricca d’amore può far accettare la morte come manifestazione del Mistero dell’essere umano e non come un imprevisto incidente”.
Come ci si prepara al distacco da chi amiamo?
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“È un percorso difficile, ma necessario, l’accettazione della finitezza nostra e di chi amiamo. Mi piace pensare a questo proposito ad una frase lasciata al suo medico da una bambina in procinto di morire a causa di una malattia terminale: “Il mio ricordo susciterà nostalgia in chi amo. Ma cos’è la nostalgia, se non l’amore che rimane?” Il Master che sto frequentando aiuta ad affrontare tutto ciò in una dimensione di coinvolgente percorso spirituale, una dimensione che dobbiamo esplorare per connetterci al grande Mistero”.
Come si declina il lutto? E come accettare la propria morte è libertà o prigionia?
“Non esistono regole in questa prospettiva. Dobbiamo andare oltre a pregiudizi e stereotipi. La dimensione della Meditazione, come ricerca di connessione con l’Assoluto, può guidarci in questo itinerario, il nostro desiderio di porci di fronte al Mistero può essere la bussola per farci ritrovare la nostra stella polare. Quanto ad accettare, la risposta è molto soggettiva. Per me fin da piccola è stata un’autoeducazione a dare un valore assoluto ad un tempo posto al servizio di ideali, valori , pratiche di impegno sociale, ed in questo ultimo tempo ad un ritrovato dialogo con il Divino”.
Come la morte arricchisce la nostra vita?
“La morte arricchisce la nostra vita rendendola degna di essere vissuta, come a dire che il carbone e il diamante hanno la stessa composizione ma assumono stati diversi. La luce di una ritrovata umanità può rendere diamante il carbone e far brillare la pietra preziosa di un senso finalmente ritrovato. I doni della morte sono la dignità della vita, il rispetto della vita, nostra ed altrui… I valori per cui la vita vale la pena di essere vissuta, ma anche gli stessi valori per cui vale la pena morire”.
Guerra, morte e distruzione. Quali significati per resistere e sperare?
“La guerra è l’antitesi di qualsiasi senso dell’umano. Ma se sappiamo che la vita è anche lotta, non per la sopraffazione, ma perché prevalgano giustizia e libertà, possiamo sperare che la lotta diventi una danza cosmica, come dice padre Bormolini, utilizzando un’immagine densa di significato”.
E se si potesse nascere e morire più volte in un ciclo perpetuo?
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“Credere nella reincarnazione rimanda ad una religiosità che personalmente rispetto molto. Le frontiere della nuova scienza parlano di energie che permangono e che non possono essere inghiottite dal nulla in una sorta di buco nero. Riguardo a questa dimensione non ho strumenti di conoscenza necessari per addentrarmi in una competente dissertazione. Posso solo intuire che tale prospettiva è quella che più si avvicina al mio sentire”.
Resurrezione: quale destino per chi è credente?
“Penso che per un credente la Resurrezione di Cristo rappresenti un potente mezzo per contrastare la deriva del nichilismo. Rischiamo di farci sommergere dal buio di un materialismo che non ammette speranza, anche noi a volte ci sentiamo reificati. A questo riguardo mi sentirei di lasciare la parola a chi più di me ha strumenti e conoscenze che purtroppo non mi appartengono”.
Come santificare la vita laicamente?
“Se leggiamo attentamente il Vangelo possiamo dire che la nostra Costituzione ne incarna i fondamenti laici: si tratta infatti di valori e modelli di società che pongono al centro l’essere umano in una prospettiva di giustizia sociale e libertà, ma devono essere concepiti nel rispetto di ogni individuo, aldilà di stereotipi e pregiudizi che precludano irrimediabilmente la via ad un dialogo fra diverse posizioni. La ricerca per trovare risposte in un percorso spirituale ci connette senz’altro con le nostre radici, ma ci consente di innalzare le braccia come rami carichi di gemme verso un rinnovato cielo”.
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Isabella Albano, dirigente scolastica per più di 30 anni, ha collaborato con il Movimento di Cooperazione Educativa, con il Centro Donna e con Centro Pace del Comune di Venezia.
È stata presidente della Consulta della Scuola e dell’Istruzione del Comune di Venezia.
Oltre all’attività di scrittrice si dedica alla pittura.
Ha pubblicato cinque raccolte di poesie, è presente in varie antologie poetiche ed ha in fase di pubblicazione un romanzo. Fa parte della Casa della poesia dell’Ateneo Veneto.
Grazie, Isabella. Interessante, condivisibile e ispirante. Parlandoci di sorella morte, illumi la vita. È sicuramente un appuntamento da considerare con maggiore e benevole curiosità: “alla Socrate”, anche perché intravedo nell’Oltre una luce piuttosto … seducente.
Ci tengo a precisare che Guidalberto mi risulta essere figlio spirituale di Padre John Cappelletto, il gesuita fondatore dei Ricostruttori e che ne segua insegnamenti e programmi, sia pure integrati con la sua feconda spiritualità.