Era il lontano 2018, ma sono solo cinque anni!, quando il Governo Gentiloni e l’allora Ministro dell’ambiente Gianluca Galletti presentarono la prima bozza di Piano PNACC e Cambiamento del clima, pubblicandola sul sito del Ministero. Da allora si sono succeduti tre governi – il Conte 1, il Conte 2 e il Governo Draghi – e 2 ministri – Sergio Costa e Roberto Cingolani – ma nessuno ha mai adottato il documento in questione.
Solo a fine 2022 è arrivato un primo segnale di svolta con la pubblicazione sul sito del MASE (Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica), guidato dal Ministro Gilberto Pichetto Fratin, della bozza aggiornata del Piano, seguita dalla fase di consultazione e dall’approvazione finale arrivata pochi giorni fa. Quindi, dopo anni di attesa e di disinteresse trasversale agli schieramenti politici, l’Italia finalmente ha approvato il Piano Nazionale di Adattamento ai Cambiamenti Climatici con il Decreto del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica n. 434 del 21 dicembre 2023.
Il documento sul Cambiamento del Clima
Si tratta di un corposo documento (oltre 100 pagine) che fornisce il quadro di indirizzo nazionale per l’implementazione delle azioni che hanno l’obiettivo di ridurre al minimo i rischi derivanti dal cambiamento climatico, ma che dice anche come avvantaggiarsi dalle opportunità che le nuove condizioni climatiche potranno presentare.
Questa è senza dubbio una bella notizia, anche se, però, il piano ha tutti i difetti tipicamente “italioti” del nostro approccio alle questioni in generale: solidissimo nella parte scientifica (perché questo paese è pieno di eccellenze) ma non applicabile quando servono copertura politica e direzione operativa.
Come è diviso il PNACC
Il PNACC è suddiviso in cinque parti:
– il quadro giuridico di riferimento;
– il quadro climatico nazionale;
– gli impatti del cambiamento climatico in Italia;
– le misure e le azioni da mettere in atto;
– chi dirigerà tutto questo.
I problemi che il documento analizza dettagliatamente sono: l’aumento delle temperature, l’aumento della frequenza e dell’intensità delle precipitazioni atmosferiche contrapposte ai periodi di siccità, l’innalzamento del livello del mare, e le quattro azioni identificate per la sua attuazione hanno scadenze a 3, 6 e 12 mesi, cominciando da “chi dirigerà tutto questo” per finire alla ripartizione delle competenze. E conoscendo i meccanismi burocratici del nostro Paese, il problema sta tutto qui!
Le misure del PNACC nel Cambiamento del Clima
Le misure individuate dal PNACC intervengono in diversi settori, tra i quali:
– la difesa del suolo e della costa;
– l’energia;
– l’agricoltura;
– le foreste;
– la salute;
– la sicurezza;
– il turismo.
Dell’elenco degli interventi per i vari settori individuati dal gruppo di esperti che ha collaborato all’elaborazione iniziale del PNACC del 2018 (361 misure di carattere nazionale e/o regionale in grado di incidere su uno o più dei settori che ho appena elencato), esiste una ulteriore classificazione in “soft”, “green” o “grey” nel caso in cui, rispettivamente:
– non richiedono interventi strutturali e materiali diretti;
– siano interventi materiali identificati come soluzioni basate sulla natura;
– siano azioni dirette su impianti, materiali e tecnologie, infrastrutture o reti.
Il problema del PNACC
Il problema del PNACC, che rimane comunque un documento importante, è di non essere un vero e proprio piano, ma piuttosto una raccolta di “desiderata”, senza che siano previste azioni su come reperire le adeguate risorse economiche per la sua attuazione; ciò significa che i finanziamenti per queste azioni non sono ancora stati identificati. Citato da pag. 91 e segg.: “la programmazione economica nazionale si associa a quella europea, contribuendo al co-finanziamento dei programmi con risorse proprie, ma limitandosi a selezionare le priorità di spesa già definite in sede europea. Per questo motivo, la maggior parte delle fonti di finanziamento sono riconducibili a fondi europei o, quanto meno, adottano il loro medesimo schema di finanziamento”
Per essere efficace, quindi, il PNACC dovrà essere accompagnato da un forte impegno politico e da investimenti concreti. E questo impegno è necessario, perché lo scenario futuro che si prospetta da qui ai prossimi decenni è a dir poco catastrofico.
Il problema del Cambiamento del Clima
Riassumendo, il PNACC non è altro che il piano d’azione nazionale per affrontare i rischi climatici, che raccoglie le azioni necessarie per adattare il nostro Paese alle sfide che ci impone di affrontare la crisi climatica in atto.
Il risultato della mancata assegnazione delle adeguate risorse economiche è che si rischia che il PNACC rimanga solo sulla carta, che non avrà mai un impatto concreto sul nostro futuro.
Premesso che si tratta di una bella notizia che il PNACC sia finalmente diventato realtà, ora dobbiamo fare in modo che funzioni.
Le prime 84 pagine stigmatizzano la situazione di vulnerabilità al clima del nostro territorio e dipingono un quadro fondamentale che sottolinea (qualora ce ne fosse bisogno!) l’urgenza d’intervenire per risolvere il problema.
Le successive 20 pagine sono dedicate alla definizione delle azioni previste per fare sì che le istituzioni, a ogni livello, abbiano una “piattaforma comune” per valutare e monitorare le azioni da mettere in atto, con obiettivi e scadenze chiare.
Il problema dei soldi
È opinione comune raccolta tra tutti gli esperti che sono stati intervistati a questo proposito che la questione centrale sia il reperimento dei fondi, partendo dalla considerazione che lo stesso Osservatorio, il forum, la formazione delle competenze, la promozione del Piano, che dovrebbero essere sostenuti dal Governo, non hanno risorse economiche allocate nella Manovra di Bilancio.
Al netto di tutto quanto sopra scritto, anche se il PNACC dovesse “partire a razzo” e sortire effetti benefici in tempi brevi, sarà ugualmente importante approvare un PNIEC, Piano Nazionale Integrato Energia e Clima, con obiettivi più ambiziosi di produzione di energia rinnovabile e di riduzione di gas climalteranti al 2030; una legge sullo stop al consumo di suolo che ancora manca all’appello dopo oltre 11 anni dall’inizio del primo iter legislativo, semplificando anche la demolizione e la ricostruzione degli edifici esistenti e che entro un brevissimo lasso di tempo da ora si emani il decreto che attiva l’ONACC (Osservatorio Nazionale per l’Adattamento ai Cambiamenti Climatici), strumento che avrà la funzione di coordinamento tra i livelli di governo del territorio e dei vari settori e che sarà affiancato da un forum permanente per la promozione dell’informazione, della formazione e della capacità decisionale dei cittadini e dei portatori di interesse.