Sara Simeoni, il mito dello sport italiano, ha 70 anni. Le abbiamo telefonato per gli auguri, invitandola a una ospitata in tv, tramite skype:“Grazie, ma sarò anche fuori Verona”.
Chiediamo di Alessandra de Stefano, la direttrice di Raisport indotta alle dimissioni. E’ a lei che Sara deve il riverbero di popolarità televisiva, inatteso.
“Sono dispiaciuta, peraltro vedevo Alessandra solo durante quelle due trasmissioni, il circolo degli anelli (olimpici) e dei mondiali”.
A proposito, qui un nostro video amatoriale, con il meglio di Sara due anni fa, durante Tokyo 2020, ma di fatto 21, su Rai2.
Riprendiamo il racconto da alcune delle interviste che abbiamo fatto con la campionessa olimpica di salto in alto. Nel 2009 la intervistammo dopo avere visto un bel tema, su L’Arena. Il figlio aveva vinto una gara.
Sara, suo figlio è in grado di avvicinare i suoi successi?
“Roberto è stato bravo, ha vinto questa gara, ora si scatenano i media. E’ stata una tappa importante, sono contenta per lui, che abbia avuto questa soddisfazione. Con mio marito Erminio gli abbiamo detto che nel tempo aveva la possibilità di essere competitivo, la cosa doveva maturargli dentro, la strada però è lunga”.
Lei a 18 anni fu in gara ai campionati Europei di Helsinki, arrivò nona, con il record italiano: 1,75
“Non è il caso di fare voli pindarici, sul conto di Roberto. Magari si stanca di saltare e non ottiene più risultati. Ci auguriamo vada avanti”.
A 19 lei disputò la prima Olimpiade, Monaco ’72
“Mio figlio sta facendo un po’ come me 40 anni fa. Allora non si facevano grandi allenamenti, nè esperienza sulla tecnica. Lo sport al femminile era dopolavoristico, i risultati venivano fuori così, per doti naturali. Gareggiavamo su piste in terra battuta, di rubkor, i sacconi preparati bene c’erano solo alle grandi manifestazioni”.
Come stile avete qualcosa in comune?
“Quando l’asticella è ancora bassa, sbaglia come facevo io. Certi miei errori erano nel dna, c’è ancora molto da fare”.
Buon compleanno Sara
Sara Simeoni compie 70 anni, è la sportiva mito dell’Italia, con la sua figura longilinea e il sorriso timido, esultava con le lunghissime braccia al cielo. Piangeva dopo ogni trionfo, anche quando fu portabandiera a Los Angeles ’84, prima di lei era stata alfiera azzurra solo la ginnasta Miranda Ciccognani, nel 1952. Il suo 2,01 nel salto in alto fu record del mondo, come primato nazionale ha resistito sino al 2007.
Sara, non avesse sfondato nell’atletica?
«Da bambina volevo fare la ballerina, negli anni ’60 c’era solo danza classica, mi scartarono perchè ero troppo alta. Lasciai a 13 anni, l’insegnante di educazione fisica propose di iscrivermi alla Aldo Fedeli, a Verona, presto passai alla Scala Azzurra, con i nostri genitori inizialmente sponsor. Walter Dragagnolo fu il mio primo tecnico». Diventò uno e 77, con il 41 di piede.
Sara e il marito
Dal 1972 era allenata da Erminio Azzaro, sposato nell’88 e oggi 75enne. «Erminio sfiorò la qualificazione alle Olimpiadi di Monaco. Aveva iniziato a seguirmi da un mese e vivemmo assieme l’attentato di “settembre nero”. Al risveglio volevamo andare a una partita di basket, scendemmo per raggiungere il pullman degli atleti, c’erano militari e camionette in assetto da guerra. Capimmo dalla tv che erano stati uccisi undici atleti israeliani».
Autografò il record nell’agosto ’78, a 25 anni, al campo scuola di Brescia, nella sfida tra Italia e Polonia
«C’erano poche migliaia di spettatori, i giornalisti erano tutti a Venezia a seguire il confronto fra le nazionali maschili».
Alle Olimpiadi fu argento a Montreal 1976 e a Los Angeles ’84, oro a Mosca ’80 nonostante il panico nei salti di prova
«All’entrata nello stadio olimpico, per la finale. Per mezz’ora ero terrorizzata, non capivo più niente, respirai profondamente, attaccandomi a tutto. Mi ripresi e dimostrai di essere la migliore».
Lasciò nell’86, per dedicarsi ai giovani
«Lavorai a un bel progetto contro l’abbandono dello sport, ricorrente nel passaggio dalla scuola media alle superiori: a quell’età, se l’ambiente non gratifica il ragazzo, magari cambia disciplina. Coinvolgevo scuole, società, allenatori e famiglie».
Era il club Italia, partiva a livello regionale e i migliori 100 approdavano all’azzurro
«Il podista Stefano Baldini e il martellista Nicola Vizzoni furono gli ultimi campioni a beneficiare del progetto. L’esperienza si è chiusa nel 2004, insegnò qualcosa ad altre federazioni, non alla Fidal…».
Perché l’hanno emarginata?
«Cercavo di dare, sono sempre stata disponibile, ma anche nello sport c’è una casta e io non vi rientravo».
Allora puntò sulle scuole
«Facevo promozione, dalla Sicilia all’Alto Adige, progettando attività anche con i bambini delle elementari, promuovevo nelle piazze l’importanza dell’attività motoria, dopo un po’ sono stata abbandonata».
Ignazio La Russa l’aveva proposta alla presidenza della Repubblica, nello scorso decennio?
«Lo ringrazio per avermi pensato, ma non sono portata, per la politica. Mi volevano coinvolgere fin da quando gareggiavo, dal centro, Arnaldo Forlani, poi da sinistra e pure da destra, Berlusconi. Resto una di campo, più che da poltrona».
La chiosa è di oggi
Sara, ripetiamo, sarà sempre l’icona dello sport italiano al femminile, moderno, diciamo dopo Ondina Valla, all’anagrafe Trebisonda. Ha sempre quell’aria un po’ stralunata, come quando in tv si mette a ridere da sola. Oppure quando faceva battute su “lo stacco di coscia di Cristiano Ronaldo”.
Sara commentatrice
Su Rai2 aveva pettinature e vestiti unici, ogni tanto diceva qualcosa di saggio su olimpiadi e sport, sul calcio faticava di più, ogni tanto, ripetiamo, non tratteneva le risate. E’ la faccia pulita dell’Italia, una signora di nordest vera, seria, sempre in formissima, l’emblema della concentrazione assoluta, della sobrietà, prima di quei due mesi in tv.
La libellula
Una sportiva pura, anche nella vita, nè divorzio nè vamp, nè pinup nè trucco pesante. In pedana era una libellula, aveva quei riccioli saltellanti, durante i balzi, e l’abitudine di fare stretching con la testa a terra e le gambe in su, dietro.