Nonostante siano in aumentano sia la richiesta sia le compravendite di case “green”, non mancano le criticità. L’investimento immobiliare è ancora tra le forme più sicure di risparmio, tanto che nel 2022 le compravendite di immobili residenziali hanno sfiorando le 775.000 transazioni (+3,5% sul 2021). Dato rivelato dall’Osservatorio del Mercato Immobiliare dell’Agenzia delle Entrate ma che, comunque, non riduce la preoccupazione per la scarsità di offerta per la vendita e per la locazione, soprattutto nelle città universitarie e a forte vocazione turistica: Padova docet!
Previsioni positive per il mercato immobiliare

Fortunatamente, le previsioni relative al mercato immobiliare sono ottimistiche anche per il 2023, nonostante l’aumento dei tassi e l’inflazione e rimangono positive principalmente grazie anche al ritorno delle banche a concedere mutui; non solo: l’ingente liquidità che costituisce il risparmio delle famiglie italiane stimola l’investimento immobiliare, sia per l’acquisto della prima casa sia per il reddito da locazione. Altra buona notizia è che circa il 70% degli immobili nuovi appartiene alle classi energetiche più performanti: la A e la B; infatti, le risposte date da un campione di 600 agenti immobiliari intervistati, consentono di affermare come stia crescendo la consapevolezza dell’importanza dell’efficienza energetica sull’andamento del mercato immobiliare.
Immobiliare e green

Sembra proprio che, per gli italiani, diventi sempre più importante acquistare una casa più efficiente dal punto di vista dei consumi energetici e più sicura dal punto di vista dell’anti sismicità, confermando il lento ma inarrestabile processo di consapevolezza verso i temi del risparmio energetico e della sicurezza. Comunque, non mancano gli ostacoli in questo percorso: l’eliminazione dello sconto in fattura e la recente Direttiva Europea “Case Green”, che certamente genereranno effetti negativi per via della svalutazione di gran parte degli immobili.
Svalutazione degli immobili e mercato dei mutui

La Direttiva Europea di recente emanazione comporta l’ovvia svalutazione degli immobili esistenti e, di conseguenza, la diminuzione del valore delle garanzie sui mutui. In Italia, per raggiungere l’obiettivo della classe energetica “F” nel residenziale, c’è la necessità di ristrutturare circa il 60% del patrimonio immobiliare: diciamo, mal contati, 8 milioni di edifici!
L’impatto di questa misura produrrà, indiscutibilmente, una riduzione del valore di mercato degli edifici. Gli obiettivi della transizione green e la conseguente necessità di riqualificare il patrimonio edilizio sono condivisibili ma ritengo che i tempi previsti siano del tutto irraggiungibili, anche in considerazione del livello di efficienza energetica degli immobili in Italia, più basso rispetto ad altri Paesi europei.
Immobiliare e ristrutturazione

Ristrutturare obbligatoriamente produrrà impatti molto pesanti soprattutto sui proprietari con minori possibilità economiche, i quali avranno oggettive difficoltà a pagare le ristrutturazioni e ad accedere al credito bancario. Questo perché anche le banche si troveranno in difficoltà a erogare finanziamenti ipotecari a soggetti con un basso merito creditizio; per questo, dovrà necessariamente intervenire lo Stato, in tempi rapidi e con grande impiego di finanza pubblica.
La reale preoccupazione che la misura produca una riduzione del valore di mercato degli immobili avrà un impatto rilevante sulla ricchezza delle famiglie italiane che, per oltre il 60%, è rappresentata da immobili residenziali. Di più: c’è da considerare l’impatto sulle banche, che si troveranno a fare i conti con la svalutazione delle garanzie reali (leggi: ipoteche sugli immobili) necessarie per la concessione dei mutui. In più, la minore ricchezza comporterà anche una minore possibilità di accesso al credito per imprese e famiglie, con conseguente rallentamento della crescita dell’economia.
Obbligo solo con l’aiuto dello Stato

Molti italiani, non potendo assolvere all’obbligo di ristrutturare casa, avranno un’unica alternativa: VENDERE!!! Questo perché c’è un’altra nota dolente, come se non bastasse quanto già detto: la Direttiva Europea prevede che non sia più possibile accedere a incentivi statali dopo il 31 dicembre 2024 per l’installazione di caldaie a combustibili fossili.
Il testo di legge, che deve ora essere approvato dal Consiglio e contro il quale si è schierato anche il Governo italiano a fronte dell’oggettiva difficoltà per il nostro Paese di adeguarsi in così breve tempo e nel mezzo di una crisi dei prezzi che di certo non consente né di investire né di prevedere un piano di incentivi statali (sempre che non vi siano nuovi e specifici aiuti da parte dell’Unione Europea), prevede che l’adeguamento degli immobili ai valori di sostenibilità energetica segua il seguente calendario:
- case private: adeguamento alla classe energetica “E” entro il 2030, “D” entro il 2033, zero emissioni entro 2050;
- immobili non residenziali e pubblici: classe “E” entro il 2027 e “D” entro il 2030;
- nuovi edifici pubblici a emissioni zero dal 2026 e nuovi edifici privati dal 2028;
- esclusioni, su decisione dei singoli Stati, per edifici storici, luoghi di culto, edilizia sociale pubblica, seconde case utilizzate per meno di quattro mesi l’anno, immobili autonomi con superficie inferiore a 50 m2.
Immobiliare. Se gli italiani non conoscono nemmeno la loro casa

Certo che, se pensiamo che secondo una recente indagine, più della metà degli italiani non conosce nemmeno la classe energetica della propria abitazione e che oltre un milione di persone non ha la minima percezione del significato della locuzione “efficientamento energetico”, possiamo ben comprendere e accettare il fatto che solo un intervistato su cinque ha dichiarato di essere disposto ad adeguarsi alla Direttiva Europea, mentre sono ben 15 milioni coloro che dichiarano che si adegueranno solo se saranno aiutati dallo Stato. Ma il dato più “simpatico” di questa indagine e che la dice lunga su come l’italiano medio la pensi in merito ai suoi rapporti (in generale) con l’autorità e le imposizioni, è che almeno 2 milioni di italiani hanno dichiarato di essere pronti a non mettere in pratica l’obbligo, almeno fino a quando non verranno scoperti.
Ultimo dato da tenere ben presente è che un milione di proprietari di casa non esclude una soluzione estrema pur di evitare l’ingente spesa che comporterebbe l’adeguamento: vendere casa e vivere in affitto. Questa , che potrebbe sembrare una scelta personale che inciderà solo sulla vita di chi deciderà di adottarla; in realtà, invece, produrrà un ulteriore diminuzione dei valori di mercato degli immobili, perché sposterà a favore dell’offerta l’ago della bilancia del mercato, immobiliare, con conseguente diminuzione dei valori di compravendita.