Un architetto tedesco, il paesaggista Andreas Kaper parlando con i giornalisti milanesi ha confessato un suo pensiero, intimo e radicale: ha ipotizzato la futura “liberazione” delle strade urbane dalla coltre d’asfalto che soffoca (lui parla di “copertura ermetica”) il terreno sottostante cioè il suolo naturale. Sembra di cogliere quasi una nostalgia per le strade bianche di una volta. In realtà, si tratta di un’idea estrema, fortissima quanto irrealizzabile, utopica.
Si sa, la terra, qui intesa come suolo, soffre sotto questa “pelle” artificiale e non respira, anche se certi ciuffetti d’erba fanno la resistenza, e – tanto per dire – l’eliminazione della polvere che si respirava e del fango dopo la pioggia ha avuto come conseguenza l’affermarsi di un progresso irrinunciabile.
Anche chi non ha le competenze scientifiche e le idee rivoluzionarie del prof. Kaper capisce che si tratta di futuribili, di pensieri coraggiosi quanto disarmati relativi a situazioni complesse come i rapporti fra cemento e terra, tra artificiale e naturale ecc. Ma, sia detto sottovoce, sono le situazioni choccanti che accendono i pensieri, i progetti e la creatività……
Comunque, nell’intervista emerge un particolare degno di nota: l’architetto afferma che per “portare natura nelle città” si può contare “su una serie infinita di piccoli particolari, con il verde come collante”. Niente di miracoloso, dunque; anche perché, aggiungo io, in ogni progetto globale ed estremo ci dev’essere il sostegno di comportamenti umani adeguati: e qui ognuno di noi dovrebbe sentirsi chiamato in causa. Magari pensando alle strade bianche di lontane infanzie? L’Utopia non rifiuta i sogni.
Se Mestre ha un cuore
Nato nel 2018 innestandosi sulle radici del concorso degli anni Sessanta dell’altro secolo, il Premio Mestre di pittura continua a crescere: come la classica onda concentrica provocata da un sasso nello stagno, così questa manifestazione aumenta il suo raggio d’azione, nel senso che coinvolge anche molti autori stranieri, con soddisfazione degli organizzatori: il Circolo veneto e la Fondazione musei di Venezia con tanti illustri fiancheggiatori e mecenati. Così la città veneziana di terraferma si rafforza culturalmente.
La mostra delle opere selezionate al Centro culturale Candiani, si concluderà il 16 ottobre. Intanto sono stati celebrati due omaggi: Giorgio Di Venere (premio alla carriera) e a Ernani Costantini (riconoscimento alla memoria).
E nell’Anonimo scattano i ricordi legati in particolare alla pittura di Di Venere e a Mestre. Tanti anni fa, davvero tanti, abbiamo raccontato insieme questa città con parole e immagini raccolte in una cartella d’arte intitolata Se Mestre ha un cuore. Il titolo era poetico ma anche realistico: l’artista aveva dipinto “scene” della realtà urbana, un soggetto non facile (rischio cartolina…)
Ci piaceva l’idea di vedere come la pittura riusciva a interpretare la realtà problematica della città industriale, ed è stato bello il risultato del nostro lavoro, non solo sotto il profilo estetico, ma per il messaggio che conteneva in filigrana: per noi, Mestre non era solo un dormitorio di periferia, era un corpo vivo, con un cuore che batte, era una città mobile, e l’Arte la spingeva con le sue suggestioni.
Pensosità
(citazione curiosa)
Essere pensosi è considerata una perdita di tempo abbastanza oziosa. Il pensare e il pensare sul pensare può forse conferire competenza tecnica; la pensosità non viene reclamata come possesso proprio da nessuna professione o disciplina. L’idea che abbiamo del pensare è che realizzi il collegamento più breve fra due punti, fra un problema e la sua risoluzione […]. Nella pensosità è contenuta un’esperienza di libertà, e tanto più una libertà del divagare. L’ampiezza dello spettro in cui si reagisce al divagare si estende dai culmini dello humour alla pura disperazione di coloro che in una cosa vorrebbero arrivare alla conclusione. Pensosità vuol dire: non tutto resta così semplice e naturale com’era.
Hans Blumemberg
Da In forma di parole, Elitropia 1981
“E’ il vento…”
(poesia di guerra)
Non sa più nulla, è alto sulle ali
Il primo caduto bocconi sulla spiaggia normanna.
Per questo qualcuno stanotte
mi toccava la spalla mormorando
di pregar per l’Europa
mentre la Nuova Armada
si presentava alla costa di Francia.
Ho risposto nel sonno: – È il vento,
il vento che fa musiche bizzarre.
Ma se tu fossi davvero
il primo caduto bocconi sulla spiaggia normanna,
prega tu se lo puoi, io sono morto
alla guerra e alla pace.
Questa è la musica ora:
delle tende che sbattono sui pali.
Non è musica d’angeli, è la mia
sola musica e mi basta. –
Vittorio Sereni
Campo ospedale 127, giugno 1944