Ma che piccola storia ignobile mi tocca raccontare, così solita e banale come tante? Amo Francesco Guccini, emiliano come me, come di Ivano Fossati sapevo quasi tutto il repertorio a memoria, dal liceo scientifico in poi, dall’85 al ’90 al decennio scorso, via. Qui vi conterò di Mariellina, scriveva Andrea Maietti, studioso di Gianni Brera, amico di tutti i breriani, capeggiati da Gigi Bignotti, da una vita a Il Gazzettino. Ansia e depressione, da sempre, mi caratterizzano, gli sbalzi d’umore, e parecchio incide anche, dal 2013, chi non mi paga gli affitti. Ossia gli inquilini morosi.
Gli inquilini morosi
Freelance è bello, ma ai massimi livelli, io lo sono dal ’90, ho quasi inventato questo lavoro in Italia, nel senso che non attendo indicazioni ma propongo, anche troppo. Non è il giornalista, almeno del mio livello, ad avere potere contrattuale. Ma, dico, almeno a casa mia comando io, no? E invece… In una decina d’anni ho perso 75-80mila euro di mancate pigioni, termine appreso dall’avvocato Stefano Marchesini, già opinionista di sport e costume a Retemilia e a Telereggio, Reggio Emilia.
Ok la beneficenza ma gli inqulini morosi no!
E’ un percorso incredibile, che prima ha visto vittima anche mia moglie, Silvia, pubblicista, che dal 2018 ha preferito lasciare a me l’intera proprietà. E così sono libero anche di intraprendere azioni legali che Silvia mi sconsigliava. Una mattina, sulla Rai, un sacerdote chiedeva di essere generosi, di affittare anche a chi non è assunto, le partite iva come me, una mamma o aspirante tale non trovava casa. Benedetto sacerdote, voglio passare per cattivo, mio papà Vasco ha sempre fatto beneficienza, incuriosendo persino il mio ex psicoterapeuta, tuttavia un proprietario di un immobile non è un benefattore.
Gli inquilini buoni
Qui non vi conterò di Mariellina, cioè dei fitti a buon fine, degli altri. Dunque, Zanfi, pavimenti, chiude, si avvia a fallimento o giù di lì, nel 2011, direi, andammo a cena con anche la moglie, oggi forse ultrasettantenne ma definitissima, faceva rocciate, lei trascinava lui. Comunque, Zanfi dava 875 euro al mese, per 5 anni è stato puntuale, era ancora in vita mia mamma. Siamo a Pieve Modolena, frazione di Reggio Emilia, di fianco al torrente, sulla via Emilia, verso Parma. Verso Parma c’è Cella, verso Mantova Roncocesi, il paese della famiglia di Zucchero Fornaciari, che lì ha ancora un fratello. Ebbene, in via Berneri, Camillo, l’ex anarchico, cresco io, dal ’77 al ’94, prima di andarmene in affitto per 3 anni e sposare, a san Silvestro del ’94 Silvia, appunto.
Essere buoni inquilini
Avevo 6 anni quando iniziarono i lavori, è la casa nel terreno della famiglia Zagnoli, il terreno non è edificabile e, parentesi, un geometra sprovveduto ha fatto scadere i termini della presentazione delle osservazioni al nuovo Piano regolatore. Bene, capannone, Zanfi lascia dentro la roba ma esce dal contratto, mia moglie è buona e glielo concediamo. Non è stato facile convincerlo a svuotarlo: “E’ roba che a me non serve”. L’ha fatto un vicino, in questa strada, un pugliese: “Te lo faccio gratis comunque, in memoria della tua mamma”. Avere beni sembra una colpa, sono di famiglia, frutto dei sacrifici di agricoltori e allevatori, di lavoratori a cottimo, a domicilio, papà Vasco, scomparso nel 2002, nonno Ernesto, Tino, nel ’96, alla vigilia di una partita del Piacenza di Lino Mutti, a memoria, allo stadio Garilli, e di mamma Emilde, Imelde, in casa, scomparsa di Alzheimer l’ultimo dell’anno del 2016, chiudendo il cerchio, rispetto al nostro matrimonio.
Inquilini che prendono in giro
Certo, Zanfi a noi ha chiesto di uscire con un anno d’anticipo dal contratto. Poi un giorno vedo la pubblicità della sua nuova azienda, in prima pagina sul giornale di Reggio, lo chiamo e lui si risente. Da quel momento non mi ha più risposto. Poi arrivò un reggiano, Andrea M. un turlupinatore di professione, che un giorno mi disse: “A te, un giorno, darò quanto devo, a tua moglie no”. Mia moglie aveva fatto il contratto. Dunque un giorno la signora del piano di sotto di cui parlerò mi disse che era passato quest’uomo, distinto, a chiedere notizie del capannone, aspettava un lavoro nuovo: “Voglio farmi trovare preparato”. Ho sbagliato io, solo io, mi sono fidato. Non aveva un soldo, questo personaggio, almeno da investire, fu difficile anche solo farsi pagare 400 euro per 3 mesi, poi saremmo passati a 800. E, a contratto, c’era che se fosse arrivata un’offerta a mio avviso irrinunciabile, sarei uscito dal contratto.
E dopo arrivano altri furbi
M. non paga e quando si presenta un inquilino affidabile lui anziché andarsene cambia la serratura del capannone, un gigante. Lì avviso l’avvocato Marchesini, avviamo lo sfratto, procediamo, il giorno prima dell’uscita dell’ufficiale giudiziario, comunque dopo avere tenuto bloccato l’immobile direi per un anno, a memoria, senza pagare nulla, ridà le chiavi. Poi arriva un calabrese, di Cutro, è fra le decine di migliaia di cutresi, appunto, fra Reggio e Modena. Oggi è indagato per mafia, ho letto il nome per caso su Gazzetta di Reggio. Questo soggetto ha pagato il capannone forse 800 euro al mese per forse 6 mesi, comunque per 16 mesi non pagò, alla fine mi ha regalato un climatizzatore. Se ne andò, arrivò un altro calabrese, scaltro, uno suscettibile: 800 euro al mese, sempre pagati, da tre anni e mezzo, adesso c’è anche una rivalutazione monetaria, per l’inflazione.
La spiegazione
Solo che, come mi disse un parente mio, ingegnere edile, i calabresi tendono a espandersi e allora questo personaggio realizza presto una sorta di discarica a cielo aperto, davanti e accanto al capannone. Quaggiù ho realizzato una minispa, vi evito il racconto tormentoso, di fatto è solo un bel bagno e un bell’ambiente, ma non ero disoccupato. Questo scaltro mi aveva promesso di finire lui la minispa, di realizzare una sorta di piscina dietro, mai mantenuta la parola.
Da giornalista a inseguitore di inquilini morosi
Io non ho una grande reputazione come giornalista, anzi, con lo smartphone sono peggiorato, giro con tre e ovunque sono evitato: “Stai registrando? Si sente la mia voce? Spegni…”. Il diritto di cronaca non esiste più, se non si rappresenta una grande testata. Appartamenti, allora, sono uno sopra l’altro. Sotto c’erano, sempre qui, nonno, Tino, appunto, e nonna Elena, Maria, Bartoli, sino al 2002, morì 40 giorni prima di papà Vasco, era inferma per il diabete. La stessa fine che rischio di fare io, mangiator scortese, in particolare di gelati. Dunque, alla scomparsa di nonna e papà, decido con mamma, bizzarra come me, che invece nasco introverso come papà Vasco e anche con la classe di Silvia, in me finita ben presto, quando ho capito che mai sarei stato assunto, da nessuna testata.
Gli inquilini da sfrattare
2003, dunque, arriva Antonio R. con la compagna, Antonella, egli di Cutro, lei reggiana, era stata fidanzata da ragazza a un calciatore dell’Udinese. Bene per 10 anni, poi il calabro mi chiama nel parcheggio e mi dice che è in difficoltà a pagare, anche solo le bollette, figurarsi a mantenere la parola data a mamma e, indirettamente, a me. Dovevo portarli subito in tribunale, per chiedere lo sfratto ho aspettato sino al settembre 2020. Nel frattempo, dal 2014, l’appartamento al piano terra, con quei due e il figlio, oggi 19enne, è diventato un rifugio per gatti (10, dieci) e cani (2). I dati sono stati accertati dal sopralluogo dell’ufficiale giudiziario.
Inquilini morosi e depressione
Lo sfratto è finito, a inizio mese, quei signori hanno pagato appena 100 euro, l’espurgo, costato in realtà 120, in 8 anni. Dovevo, almeno nel 2016, minimo nel 2018, iniziare la procedura di sfratto. Mi hanno lasciato l’appartamento in condizione indegne, con un gran tanfo da schianto, come cantavano gli Skiantos, gruppo bolognese cult, anni ’80. Nel frattempo, al primo piano ho avuto, dal 2016, un ex calciatore professionista, ma fra i dilettanti, che per 16 anni ebbe come amante la vicina di casa, eppure si sorprendeva della guerra che gli hanno fatto la ex, appunto, e la figlia. Ho sbagliato a non controllare in che condizioni mi ha lasciato l’appartamento, la moglie aveva perso la mamma e in ogni stanza c’era un altarino per ricordarla. Il resto ve lo abbono. C’è un egiziano che lavora in una pizzeria, non vuole pagare, ci vedremo in tribunale. Siamo in un paese libero. Non faccio sconti neanche a me stesso. Da anni parlo di ansia e depressione, su vannizagnoli.it.