Si sa, i comportamenti sociali in questo tempo di pandemia sono indotti per decreto, così come si sa che sono sicuramente indigesti a molti se non a tutti. Lo stesso è per la mascherina, prima imposta e oggi liberalizzata. In positivo possiamo dire che si va a recuperare la libertà di mostrarci a volto nudo abbandonando il mascheramento. In negativo, abbiamo visto manifesti elettorali di personaggi politici (maschi) visibilmente truccati: si dirà che si è voluto ringiovanirli con il foto shop, ma io trovo che è un ritorno subdolo al mascheramento, nel senso che il ritocco a quei volti pubblici si sovrappone al vero volto, quello “disegnato” onestamente dal Tempo.
Siamo alla finzione, che in questi casi è una pratica bugiarda, pura propaganda politica che usa l’alterazione di una fisionomia allo scopo non troppo nascosto di ingannare – sfacciatamente è il caso di dire – lo sguardo del popolo e carpirne il voto. In altre parole, si ritocca l’immagine di un leader così come, in un giorno lontano, a Rovigo, un fotografo – volendo fare un’immagine “più bella” – aveva ritoccato la mia fototessera. Un’inezia, eppure mi provocò disagio, mi sentivo un po’ trasformato. Per fortuna, non sbandieravo un sorriso berlusconiano a tutti denti.
Dialoghetto nel vento
Voci rubate dal vento parlano di Virus Delta, che è il ceppo variante del coronavirus. C’è un lui che dice: “Alla larga! Se lo tengano i mister della Brexit e ci lascino in pace!” Poi c’è una lei che puntualizza: “Guarda che non si può chiudere un virus in gabbia. E’ come portare acqua col colabrodo.” In effetti, la distanza-da-noi si è dimostrata una barriera facilmente superabile, addirittura impensabile ai nostri giorni. Anche Vuhan era lontana, anzi lontanissima, eppure… Questa idea di separazione degli spazi “miei” e spazi “altri”, diffusa e sostenuta da una parte della nostra popolazione, sembra figlia di una cultura ristretta e autoreferenziale (“lo dico io, e basta”). L’atteggiamento che ne deriva è questo: si escludono/rifiutano i lontani da noi, e non si vede che così facendo escludiamo noi stessi dalla realtà che ci contiene insieme o, per dirla in modo più dolce, “ci gemella”. Il fatto è che non manca mai lo struzzo che infila la testa nella sabbia… Mentre sarebbe così bello assumere la magica lontanìa di Biagio Marin come misura poetica del vivere….
Voce di lei: “Vuoi un consiglio? Apri la finestra della mente e vedrai il mondo. Te lo dico in metafora: hai perso l’orizzonte, il respiro della realtà. Comincia a capire dove stai”. Parole che il vento disperde.
Le fauste geometrie
(poesia)
Com’è bella l’iperbole: con l’asse
il fuoco il vertice l’asintote;
l’iperbole che tende alla gran curva
del silenzio interminato non esausto mai:
viaggio di simmetrie sulla laguna
dove nel rapimento inquieto Goethe
ascolta il pacifico lamento,
dall’una all’altra riva contrapposto,
dei gondolieri che accolgono la notte
nelle spazianti ottave dell’Ariosto.
E, spento l’umano canto nel caligo,
tesa la mano al tempo inanemente,
tace per noi nelle supreme lontananze
la ieratica iperbole.
Com’è bello star zitti, finalmente.
Tiziano Rizzo
Da Origine edizioni di poesia 1999
Complimenti!!!